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Cosa c’è nella legge sulle unioni civili: una prima guida
25 febbraio, 2016 | Filled under italia, OPINIONI, orientamento sessuale, Unioni civili |
di Marco Gattuso*
Ecco il “Maxiemendamento”.
Con il voto di fiducia di oggi si chiude di fatto questo lungo e travagliato iter della legge Cirinnà. Salvo imprevisti (che la politica italiana non ci ha fatto mancare..) l’approvazione anche dell’altra Camera dovrebbe essere, di fatto, scontata.
È stato un percorso complicato e pieno di ostacoli. Questo portale non è la sede giusta per commentare i controversi passaggi politici delle ultime settimane. É, invece, la sede idonea per analizzare il testo della legge, per constatare come il testo contenga alcune cose davvero inaccettabili, altre meno rilevanti, altre addirittura risibili.
1. In primo luogo.
É inaccettabile che nel 2016, undici anni dopo la legge Zapatero e dopo quel che è successo in tutto il mondo occidentale, in parlamenti a noi vicini come quelli di Londra e Parigi, dopo la sentenza della Corte suprema americana, dopo il referendum irlandese, e tante altre vicende che abbiamo avuto modo di seguire e commentare in questo sito, una classe politica che non possiamo non definire provinciale e, almeno in parte, bigotta, non abbia posto fine alla discriminazione matrimoniale nei confronti della minoranza omosessuale.
È davvero inaccettabile, soprattutto, che la mancanza di volontà e capacità politica sia stata nascosta dietro l’alibi di insussistenti vincoli costituzionali. La Costituzione italiana, la Costituzione antifascista, non ha nulla di meno di quella spagnola, di quella francese o di qualsiasi altro Paese occidentale ed avrebbe consentito (e, ad avviso di scrive, avrebbe anzi imposto) di assicurare piena uguaglianza.
É ancora depositata in Senato una legge semplice, di poche righe, intitolata “Norme contro la discriminazione matrimoniale”. É una legge di poche parole. Perché quando le cose sono giuste e razionali, spesso sono anche semplici.
É stata prodotta, invece, una legge lunga, cavillosa, prolissa, complicata, che assicura alle coppie gay e lesbiche tutti i diritti del matrimonio ma di fatto prosegue nella strada del cd “separate but equal“.
Questa legge non appaga le istanze di uguaglianza. Non ci porta nel novero dei Paesi più civili.
Se qualcosa di buono è comunque accaduto, sta nel rianimarsi del movimento per i diritti civili, nella crescita della consapevolezza -nel Paese, nell’opinione pubblica, nel mondo accademico, nei tribunali, nella classe forense, e, soprattutto, nelle stesse persone omosessuali- della necessità di proseguire in fretta il viaggio verso la piena uguaglianza.
Credo che di questo ci avvedremo presto nella vita d’ogni giorno, nelle piazze ed anche nelle sentenze dei nostri giudici.
2. In secondo luogo.
È del tutto inaccettabile che in un Paese democratico e che si richiama ai valori occidentali non sia stato possibile mettere nero su bianco il principio del diritto dei bambini al riconoscimento giuridico della relazione con i propri genitori.
Non è stato possibile confermare una cosa così banale come la necessità di tutelare il superiore interesse dei bambini, di tutti i bambini, anche quelli con due mamme e due papà.
Il nostro portale si é battuto per questo, e la risposta al nostro appello, strabiliante per la qualità delle adesioni, prima ancora che per la quantità, ci ha confermato quanto tale esigenza sia ormai un dato del tutto acquisto nella parte più colta ed informata del Paese.
Si trattava, come abbiamo detto, di una “garanzia minima”. Sarebbe stato molto (more…)
Luci ed ombre di un recente provvedimento del Tribunale di Palermo
14 maggio, 2015 | Filled under OPINIONI |
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La decisione del Tribunale di Palermo del 15 aprile u.s. ha destato l’interesse dei media ed ha suscitato opposte reazioni, non solo tra i giuristi. La decisione è nota: a seguito della separazione di una coppia di donne, il Tribunale ha disciplinato gli incontri tra la madre sociale o comadre ed i figli. Si tratta di un vero e proprio diritto di visita. L’Autore analizza la decisione, con rilievi critici sotto il profilo della legittimazione attiva della comadre e del Pubblico Ministero, rilevando le criticità della difficile emersione giuridica di un legame non solo affettivo alla luce del superiore interesse del minore.
di Geremia Casaburi*
La decisione
Il decreto del Tribunale di Palermo del 15 aprile 2015 qui pubblicato, ha destato l’interesse dei media e, come sempre più spesso accade in materie sensibili (viene da dire eticamente) come quelle affrontate, ha suscitato opposte reazioni, non solo tra i giuristi.
La decisione è ormai nota: a seguito della rottura di una coppia omosessuale (due donne), il Tribunale ha disciplinato gli incontri tra una delle partner – qualificata madre sociale (ma è in uso anche il neologismo comadre) – ed i figli (biologici) dell’altra. Si tratta di un vero e proprio diritto di visita, e del resto è stata fatta espressa applicazione degli artt. 337 bis e ter del codice civile, nel testo introdotto dal d.lgs 154\2013 (si tratta comunque delle disposizioni sull’affido condiviso, già contenute negli artt. 155 ss cod. civ., ed a loro volta introdotti dalla l. 54\2006; tali disposizioni, inserite nell’ambito della disciplina della separazione, erano però applicabili anche al divorzio e alla famiglia di fatto in crisi, rectius ai figli nati da genitori non coniugati, come espressamente disponeva l’art. 4 l. 54\2006 cit.).
I giudici siciliani hanno però offerto di tali disposizioni una lettura “costituzionalmente orientata”, ritenendo in particolare configurabile un diritto del minore –non dell’adulto- ad intrattenere e conservare rapporti significativi non solo con gli ascendenti (per i quali opera ormai l’art. 317 bis cod. civ.) ed i parenti, ma anche con terzi – al di là di ogni legame biologico – con i quali appunto abbiano di fatto consolidato siffatti rapporti significativi.
Il riferimento è, in primo luogo, al partner –coniuge o compagno\a- del genitore con cui vivono.
Nel caso di specie si è ritenuto che sussistesse la prova dell’esistenza di tali rapporti: infatti i due bambini (di cui non è precisata l’età) vivevano con la coppia dalla nascita, e riconoscevano ad entrambe le donne il ruolo di mamma; al riguardo vi è stata anche una c.t.u., le cui conclusioni sono state riprese in ordinanza.
Sotto il profilo probatorio, del resto, vi era il dato significativo che – qualche anno prima – le due donne, in primis evidentemente la madre biologica – avevano (pur inutilmente) adito il tribunale per i minorenni di Palermo (more…)