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I primi commenti alle sentenze della Consulta del 9 marzo sulle due mamme e i due papà

 Il convegno organizzato da Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno sulle sentenze della Corte costituzionale n. 32 e 33 del 9 marzo 2021. La prima occasione di riflessione sul contenuto e le implicazioni delle due decisioni, con relazioni di Stefania Stefanelli, Alexander Schuster e Marco Gattuso. Un pomeriggio intenso e interessante, con oltre 1200 (!) persone collegate.

QUI LA REGISTRAZIONE INTEGRALE DEL CONVEGNO

Atto di nascita formato all’estero e bigenitorialità omosessuale: da Perugia un passo avanti verso il riconoscimento della filiazione intenzionale

di Stefania Stefanelli*

 

La decisione del Tribunale di Perugia si inserisce nel considerevole novero di quelle, di legittimità e di merito, che hanno disposto la trascrizione degli atti di nascita formati all’estero per bambini nati dal progetto procreativo di coppie formate da persone dello stesso sesso, a norma degli artt. 18 d.p.r. n. 396/2000 e 65 l. n. 218/1995, ritenendo che i relativi effetti non siano contrari all’ordine pubblico internazionale.

Sono «provvedimenti», ai sensi del citato art. 65, le sentenze e gli atti amministrativi che autoritativamente incidono sulle situazioni giuridiche riconnesse a capacità, diritti della personalità e rapporti di famiglia, ed in particolare quelli costitutivi o dichiarativi di stati familiari, capacità e diritti della personalità: tra questi, l’atto di nascita ha efficacia preclusiva di grado intermedio per l’accertamento della filiazione, mentre efficacia preclusiva massima spetta ai titoli giudiziali che accolgono le azioni di cui agli artt. 234, 239, 240, 269 c.c. o pronunciano l’adozione nelle forme della l. n. 184/1983.

La decisione aderisce al consolidato orientamento secondo il quale la filiazione giuridica non coincide necessariamente con la discendenza genetica, posto che ai sensi dell’art. 30, comma 4 Cost., le norme di rango primario fissano i limiti alla ricerca della paternità (e della maternità, non più certa per natura, in dipendenza della medicina riproduttiva), con disposizioni tipiche e di stretta interpretazione, ispirate alla salvaguardia dei diritti fondamentali (cfr. C. cost. n. 70/1965), alla luce del principio fondamentale di garanzia del pieno sviluppo della personalità umana. Tali erano quelle che impedivano il riconoscimento e la dichiarazione della nascita adulterina e di quella incestuosa, a garanzia dell’unità della famiglia matrimoniale. Mutato l’assetto assiologico (come ricorda Cass. n. 14878/2017), il riferimento è oggi: a) all’art. 9 l. n. 40/2004, che impedisce la rimozione dello stato di figlio della coppia che ha espresso il consenso alla p.m.a. ed esclude qualsiasi rapporto giuridico tra donatore/donatrice e nato; b) l’art. 27, comma 3, l. n. 184/1983, per il quale «con l’adozione cessano i rapporti dell’adottato con la famiglia di origine, salvi i divieti matrimoniali»; c) agli artt. 244 e 263 c.c. che, introducendo termini decadenziali alle azioni ablative, manifestano il favor opposto a quello veritatis, che sostiene la conservazione di uno status non veridico, ma corrispondente alla consolidata affettività, presumendo che questo sia l’interesse del figlio, a meno che non sia costui a decidere altrimenti, promuovendo l’azione in qualsiasi tempo.

Lo ha recentemente confermato la Consulta, interrogata sulla legittimità dell’art. 263 c.c., affermando il rilievo costituzionale – autonomo e potenzialmente confliggente (more…)

Riconoscimento dell’atto di nascita da due madri, in difetto di legame genetico con colei che non ha partorito. Nota a Cass. civ., sez. I, 15 giugno 2017, n. 14878.

di Stefania Stefanelli*

 

La Cassazione torna a pronunciarsi sulla rettificazione o sostituzione dell’atto di nascita formato all’estero con indicazione di due madri, originariamente trascritto nei registri dello stato civile italiano come figlio della sola partoriente (Cass., sentenza n. 14878 del 26 ottobre 2016, depositata il 15 giugno 2017) . La fattispecie oggetto del giudizio si distingue da quella cui la stessa prima sezione dedicò la decisione n. 19599/2017 in quanto difetta qualsiasi legame biologico tra il bambino e la seconda madre, legata alla partoriente da matrimonio celebrato all’estero.

Al pari del richiamato precedente e di Cass. 12962/2017, in tema di adozione in casi particolari del figlio del/la partner, il Collegio ribadisce che non si tratta di questione da sottoporre alle sezioni unite per il solo fatto di riferirsi a diritti fondamentali o a questioni nuove, spettando la funzione nomofilattica anche alle sezioni semplici.

Ritenuto ammissibile il ricorso avverso l’ordinanza emessa in sede di reclamo, in materia di volontaria giurisdizione, in quanto provvedimento privo di specifico rimedio, avente carattere decisorio e definitivo, incidenza su diritti soggettivi attinenti allo status ed all’identità delle persone, la Corte principia l’esame del merito affrontando “seppur incidentalmente”, la questione della contrarietà o meno all’ordine pubblico del matrimonio o della convivenza tra persone dello stesso sesso, e la risolve ricordando il proprio orientamento che, superata la nozione di inesistenza, ha concluso per l’inefficacia del matrimonio same sex celebrato all’estero (Cass. 4184/2012).

Unione civile e adozione coparentale

Si apre di seguito il primo dei passaggi della motivazione degni di particolare rilievo, essendo questa la prima occasione in cui la Corte si pronuncia ex professo circa la compatibilità della l. 76/2016, istitutiva dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, con la disciplina della filiazione: i precedenti citati avevano, invece, evitato di statuire in merito al comma 20 della legge, perché non applicabile ratione temporis.

Ritiene il Collegio che, in ragione dell’esclusione della disciplina delle adozioni dalla clausola di equivalenza di cui al primo periodo del citato comma 20, “non si potranno (more…)

Ancora in tema di interpretazione dell’art. 44 della legge sulle adozioni: nota a Trib. minorenni di Milano, 17 ottobre 2016, n. 261

di Stefania Stefanelli*

Con sentenza del Tribunale per i minorenni di Milano del 17 ottobre 2016 n. 261, che si allontana non solo dall’orientamento della giurisprudenza di legittimità – segnatamente Cass. civ., sez. I, n. 12962/2016 – ma anche da quella dello stesso tribunale minorile[1], il collegio meneghino ha ritenuto che non sia «possibile accedere ad una interpretazione della lettera d) [dell’art. 44 l. adozione] estendendo la possibilità dell’adozione relativa ai casi di impossibilità di affidamento preadottivo ad ogni caso di impossibilità ‘anche giuridica’ di ricorrere alla adozione legittimante e quindi alla sola valutazione dell’interesse del minore». Da tale interpretazione deriva il rigetto delle domande di adozione “incrociata” avanzata da ciascuna donna nei confronti del figlio biologico dell’altra, nell’ambito di un’unione civile e di un progetto di genitorialità condivisa, realizzato all’estero con l’inseminazione artificiale delle madri col seme del medesimo donatore.

Sebbene la relazione del Servizio Adozioni attestasse «un positivo legame tra le due ricorrenti», e che le bambine apparissero «serene nella relazione con entrambe, curiose e riflessive sulla situazione famigliare, notando differenze rispetto ad altri nuclei, complessivamente serene, anche dalle informazioni assunte, nel contesto familiare e sociale», i giudici hanno ritenuto che l’adozione in questione «si può pronunciare anche in casi in cui non sussistano le condizioni di abbandono previste dall’art. 8 (come ad es. nella lett. b) ovvero in altri casi peculiari, in cui il legislatore ha ritenuto che, pur sussistendo la situazione di abbandono […] per la peculiarità della situazione non sia opportuno procedere all’adozione legittimante al fine di favorire il permanere del minore in un contesto famigliare che sia però sostitutivo della famiglia di origine proprio per garantirgli i due ‘genitori’ che altrimenti non avrebbe»[2].

Così argomentando, la decisione in commento finisce per allontanarsi – col discutere di una sostituzione del nucleo familiare adottivo a quello di origine – anche dall’orientamento giurisprudenziale più risalente e dall’opinione dottrinale che pur richiama, a sostegno dell’esclusione dall’ambito dell’impossibilità di affidamento preadottivo, di cui all’art. 44 lett. d) l. n. 184/1983, di quella che sia giuridica (integrata nella specie dall’essere il bambino idoneamente accudito da un genitore, e quindi non si possa far luogo alla dichiarazione di adottabilità per difetto di stato di abbandono), e non invece di fatto[3].

L’argomento incentrato sulla sostituzione del nucleo familiare adottivo a quello di origine non convince, perché contrario all’esplicito dettato dell’art. 300 c.c., espressamente richiamato dall’art. 55 l. adozione, a mente del quale l’adottato conserva lo status familiae originario, e non acquista legami di parentela né speranze successorie (art. 304 c.c.) nei confronti dei parenti dell’adottante. È anzi proprio la conservazione dei rapporti con la famiglia di origine, e con essi del relativo cognome, a connotare in termini di “specialità” la formula adottiva in questione,  e costituisce l’alternativa all’adozione che si diceva legittimante, prima dell’abrogazione della filiazione legittima, ed oggi si può definire parentale, perché consente il pieno inserimento dell’adottato nel gruppo parentale adottivo, mentre quella in oggetto è genitoriale, perché lo status si costituisce nei soli confronti dell’adottante[4]. In altri termini, l’ordinamento vigente distingue due forme di adozione, entrambe finalizzate alla garanzia del best interest del minore: quella disciplinata dal titolo I presuppone che il bambino versi in stato di abbandono morale e materiale da parte dei suoi genitori e dei parenti più prossimi, oppure che lo status filiationis non si sia costituito[5], di conseguenza sia stato dichiarato adottabile e abbia avuto esito positivo l’affidamento preadottivo a coppia avente i requisiti di idoneità prescritti dall’art. 22 ss., e costituisce al bambino lo status di figlio matrimoniale degli adottanti, cui conseguono ex art. 74 c.c. il rapporto di parentela con le loro famiglie ed i diritti alla loro successione intestata; quella disciplinata dal titolo IV, invece, consegue a presupposti meno rigorosi, perché può difettare la dichiarazione di adottabilità e sono ammesse ad adottare anche le persone singole e le coppie non coniugate, ma produce anche effetti più limitati, escludendo l’inserimento dell’adottato nel gruppo familiare esteso. Lo ha insegnato la Corte Costituzionale, statuendo che «è evidente allora che, nelle ipotesi considerate, il legislatore ha voluto favorire il consolidamento dei rapporti tra il minore ed i parenti o le persone che già si prendono cura di lui, prevedendo la possibilità di un’adozione, sia pure con effetti più limitati rispetto a quella “legittimante”, ma con presupposti necessariamente meno rigorosi di quest’ultima. Ciò è pienamente conforme al principio ispiratore di tutta la disciplina in esame: l’effettiva realizzazione degli interessi del minore»[6].

Che il rapporto tra i due paradigmi adottivi sia di alternatività – e non di residualità come argomenta il tribunale meneghino – è dimostrato dall’art. 11 comma 1 l. adozione, con riferimento all’orfano di entrambi i genitori che versi in stato di abbandono, in quanto gli difetta altresì la cura dei parenti entro il quarto grado che abbiano con lui rapporti significativi [7]. Di questo minore potrebbe dichiararsi l’adottabilità con procedura semplificata, poiché non è (more…)