Articoli taggati con Matrimonio fra persone dello stesso sesso

Il difficile connubio tra tradizione ed innovazione nella tutela dei diritti delle persone LGBT in Asia. Le esperienze di Taiwan, Giappone ed Indonesia a confronto


di  Giacomo Giorgini Pignatiello*

Pubblichiamo la anticipazione dal prossimo numero del semestrale GenIUS, Rivista di studi giuridici sull’orientamento sessuale e l’identità di genere www.geniusreview.eu

Con l’erompere del XXI secolo la retorica degli asian values sembra scolorire a fronte delle molteplici vie con le quali i diversi sistemi giuridici orientali hanno inteso affrontare il tema della realizzazione dei diritti umani ed in particolare, nel caso che qui occupa, dei diritti delle persone LGBT. Il presente contributo tenta dunque di ricostruire, in prospettiva comparata, il quadro normativo, giurisprudenziale e dottrinale di diversi ordinamenti giuridici (Taiwan, Giappone e Indonesia), espressione delle differenti tendenze nello sviluppo del rapporto tra potere pubblico e diritti delle persone LGBT nel contesto del mondo asiatico.

At the beginning of the 21st century,the Asian values rhetoric is almost at a dead end. Several eastern legal systems experienced different ways and levels in the implementation of fundamental rights, and particularly LGBT rights. The present contribution aims at drawing the legal framework, case law, and doctrinal debate of several countries (namely Taiwan, Japan, and Indonesia), which reveal different ongoing tendencies in Asia as for the development of the relationship between public power and LGBT rights.”

* Dottorando di ricerca in diritto pubblico comparato, Università di Siena

(contributo sottoposto a referaggio a doppio cieco pubblicato online first, destinato a GenIUS)

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Un equilibrio forse instabile. Diritti delle minoranze, costituzionalismo democratico e democrazia diretta

di Susanna Pozzolo*

Pubblichiamo la anticipazione dal prossimo numero del semestrale GenIUS, Rivista di studi giuridici sull’orientamento sessuale e l’identità di genere www.geniusreview.eu

L’articolo sviluppa una riflessione sull’uso degli strumenti di democrazia diretta all’interno della democrazia costituzionale. Attraverso l’analisi concettuale e modellistica, l’obiettivo è quello di verificare se possono essere evidenziati strumenti euristici per una più efficace tutela dei diritti fondamentali.

The article focuses on the use of direct democracy instruments within the constitutional democracy. The aim is to verify whether or not heuristic tools aimed at a more effective protection of fundamental rights can be highlighted through the conceptual and modelling analysis.

* Professoressa associata di Filosofia del diritto, Università di Brescia

 

(contributo sottoposto a referaggio a doppio cieco pubblicato online first, destinato a GenIUS 2020-1)

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A dieci anni dalla sentenza costituzionale n. 138/2010

di Alexander Schuster

 

Ero in studio in università il 15 aprile 2010 quando ricevetti la notizia che la Corte costituzionale aveva deciso la questione del matrimonio fra persone dello stesso genere. Nell’estate precedente la Corte di appello di Trento aveva espresso i propri dubbi quanto alla compatibilità con la Costituzione del divieto a contrarre matrimonio. A denunciare la violazione dei loro diritti erano due coppie trentine, l’una composta da due donne, l’altra da due uomini. Non era la prima causa di questo tipo: alcuni mesi prima il Tribunale di Venezia aveva espresso analoghi dubbi. Nemmeno era questione sconosciuta ai giudici italiani in assoluto: il Tribunale di Roma già nel 1980 decise un ricorso proprio contro il rifiuto alle pubblicazioni chieste da una coppia di uomini.

La strategia di affrontare di petto il divieto non scritto di contrarre matrimonio rivolgendo una richiesta all’ufficiale di stato civile e intentando quindi un’azione giudiziaria non era nuova nel panorama mondiale. Il modello fu la cosiddetta “Aktion Standesamt”, ovvero la “Azione stato civile” che nel 1992 in Germania coinvolse ben duecentocinquanta coppie omosessuali. Anche in quel caso si giunse fino alla Corte costituzionale tedesca. Lo stimolo per l’Aktion Standesamt fu l’adozione da parte della Danimarca nel 1989 della prima legge al mondo che consentiva alle coppie di accedere ad una forma di unione registrata.

In Italia dovettero trascorrere molti anni prima di avviare un’iniziativa simile. Elementi scatenanti furono da una parte l’inerzia italiana rispetto agli sviluppi importanti sul fronte del matrimonio di altri Stati occidentali: si pensi alla riforma del matrimonio dei Paesi bassi nel 2001. Dall’altra occorre dare conto delle tanto penose quanto infruttuose discussioni in Parlamento per cercare di abbozzare qualcosa che potesse almeno pavidamente riproporre in salsa italica il PACS francese.

In questo contesto nascono e si alleano sul modello tedesco due associazioni, quella radicale Certi diritti e quella denominata Avvocatura per i diritti LGBT (ora LGBTI). Da lì nacque l’iniziativa di “Affermazione civile”, denominazione coniata dal radicale Sergio Rovasio. Fresco di una tesi di dottorato proprio su questi temi, aderii subito alla proposta di difendere un’idea di giustizia che ancora oggi rimane immutata. Il 23 marzo 2010 si tenne la pubblica udienza in Corte costituzionale. Eravamo presenti anche Francesco Bilotta ed io, quali avvocati delle tre coppie del cui amore e dei cui diritti si dibatteva. A parlare furono opportunamente solo gli avvocati professori universitari che sin da subito sposarono questa battaglia di civiltà: Vittorio Angiolini, Vincenzo Zeno-Zencovich e Marilisa D’Amico. Si trattò di un importante lavoro di squadra, forse così unico che non ebbi più modo di riscontrarne di simili negli anni successivi.

Sappiamo che la sentenza n. 138/2010 non garantì il diritto al matrimonio così come chiedevamo. Era un esito atteso, sì che quando mi venne comunicata, l’attenzione si rivolse non all’esito, ma alle motivazioni. La pronuncia non riconosceva la coppia omosessuale come famiglia, ma nemmeno negava che lo fosse. L’impiego di questo termine sarà apparso troppo audace ai quindici giudici di allora. Tuttavia, era significativo che «in relazione ad ipotesi particolari», fosse riconosciuta «la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale». A quest’ultima era così concesso godere, ad esempio, della medesima tutela che era stata accordato alla – questa sì – «famiglia di fatto» eterosessuale. Ciò si evinceva dal richiamo ai precedenti della Corte pronunciati a tutela del convivente (more…)

In dubio, pro matrimonio. A proposito di due decisioni fra matrimonio, unione civile e rettificazione di sesso.

di Denise Amram*

A quasi cinque anni dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma che prevedeva l’obbligo di sciogliere il vincolo coniugale in caso di rettificazione anagrafica del sesso di uno dei due coniugi (Corte Cost. n. 170/2014, da cui artt. 2 e 4 l. 164/1982)[1], due decisioni di merito, pubblicate a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, sollecitano una rinnovata riflessione circa i rapporti intercorrenti tra identità di genere, matrimonio e unione civile.

I casi e le questioni.

Il caso deciso da Tribunale di Brescia, terza sezione civile, decreto del 17 ottobre 2019 n. 11990 concerne un matrimonio tra due persone dello stesso sesso contratto all’estero e trascritto quale unione civile in Italia, cui segue dichiarazione di rettificazione anagrafica del sesso di uno dei due partner e il contestuale sopravvenire del motivo di scioglimento dell’unione ai sensi dell’art. 1, comma 26, l.n. 76/2016[2].

L’ufficiale di stato civile rifiuta la richiesta della coppia che, costretta allo scioglimento del vincolo, chiede la conversione dell’unione civile in matrimonio sulla base del dato letterale dell’art. 70 octies del d.lgs. n. 396/2000 che dispone l’iscrizione nel registro delle unioni civili del vincolo tra persone unite in matrimonio in caso di passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione anagrafica del sesso di uno dei due coniugi, ma non il viceversa. Il Tribunale di Brescia ordina l’iscrizione del vincolo nel registro del matrimonio sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata della norma alla luce del principio di uguaglianza.

Sulla stessa scia, si inserisce la sentenza  del Tribunale di Grosseto del 3 ottobre 2019, n. 740 che, nell’ambito di un giudizio volto ad autorizzare con sentenza non definitiva uno dei coniugi a sottoporsi a trattamento medico-chirurgico per l’adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili, affronta la questione relativa al mantenimento del vincolo matrimoniale laddove entrambi i coniugi, con tempi diversificati, stiano procedendo alla rettificazione anagrafica del sesso. Il Tribunale di Grosseto dispone che, nell’attesa di (more…)

La Corte di Vienna boccia definitivamente le unioni civili: sì al diritto al matrimonio per tutte e tutti

Con sentenza emessa ieri, 4 dicembre 2017 e resa nota oggi, la Corte costituzionale austriaca ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della scelta del legislatore austriaco di prevedere l’istituto della Unione civile fra persone dello stesso sesso, in quanto prevedere un istituto distinto dal matrimonio viola il principio di uguaglianza (per il comunicato stampa della corte vedi qui).

Secondo la Corte di Vienna  la distinzione fra matrimonio (riservato a coppie di sesso diverso) e unione civile (riservato a coppie dello stesso sesso) è dunque discriminatoria e contraria al principio di uguaglianza.

La distinzione basata sull’orientamento sessuale assume peraltro rilievo anche in circostanze in cui l’orientamento sessuale non ha alcuna rilevanza e può esporre la coppia al pericolo, storicamente fondato, di subire discriminazioni.

Il trattamento delle relazioni fra persone di sesso diverso e delle relazioni fra persone dello stesso sesso con la previsione di due istituti distinti per condizioni sostanzialmente equivalenti, anche sotto il profilo della filiazione e dell’adozione, è in contrasto con il principio fondamentale di uguaglianza e con il divieto di discriminare la persona in ragione di condizioni personali quali l’orientamento sessuale.

Quando la Corte Suprema degli Stati Uniti, nel 2015, dichiarò illegittimo il divieto di sposarsi, la definimmo in questo sito “la decisione più importante”. Anche la sentenza dei giudici viennesi rappresenta oggi un passaggio di grande rilevanza, perché per la prima volta l’illegittimità costituzionale del divieto di matrimonio viene sancito da una Corte costituzionale in un ordinamento di civil law, con la specifica indicazione di un diritto fondamentale al matrimonio per tutti e tutte.

Sinora tale tipo di decisioni era stata adottata soltanto da corti supreme in paesi di common law (Stati Uniti, Sud Africa ecc..), mentre le corti costituzionali continentali (Portogallo, Francia, Spagna..) avevano sempre rigettato le eccezioni  di incostituzionalità, limitandosi quindi ad affermare successivamente la legittimità della scelta del legislatore di aprire il matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso. Da qui la dottrina aveva tratto la conclusione che l’indirizzo delle pur autorevoli corti supreme di common law non fosse esportabile nel Continente.

Da Vienna giunge oggi la smentita, a conferma forse che non avevamo avuto torto a rilevare, lo scorso luglio 2017, che la svolta legislativa tedesca che ha aperto il matrimonio, grazie alla grande influenza della dottrina giuridica tedesca, avrebbe impresso un’ulteriore accelerazione nel percorso e nei tempi verso il matrimonio egualitario in tutti i paesi che condividono pari attenzione ai diritti fondamentali (https://www.articolo29.it/2017/la-svolta-tedesca-imprime-unaccelerazione-anche-in-italia-alcune-ipotesi-sul-percorso-e-i-tempi-verso-il-matrimonio-egualitario/).

È inoltre quanto mai significativo che la legge italiana, che seguiva il cd. “modello tedesco” della Unione Civile, seguito nel 2016, quando fu approvata la Legge Cirinnà,  dalla Germania, dall’Austria e dalla Svizzera, sia oggi, dopo la legge tedesca di luglio e la sentenza della Corte costituzionale austriaca di ieri, esempio del tutto isolato, condiviso soltanto con la Svizzera e pochi altri paesi (peraltro non tutti inquadrabili nella nozione di paesi a civiltà giuridica affine alla nostra).

D’altra parte, la decisione austriaca, come quella tedesca, dimostra ancora una volta che l’introduzione nell’ordinamento di un istituto quale l’Unione civile, per quanto obiettivamente discriminatorio, non chiude affatto il discorso dell’uguaglianza, ma accelera anzi il cammino verso il suo pieno riconoscimento. Dunque errava chi (da destra e da sinistra) sperava o temeva che con la legge Cirrinà il discorso sull’uguaglianza e la cessazione delle discriminazione matrimoniale fosse chiuso: non è stato mai così aperto.

Il Bundesverfassungsgerichthof, sollecitato dal ricorso dell’avv. Helmut Gaupner (già difensore nel caso Maruko avanti alla Corte di giustizia e che ringraziamo anche per le informazioni che ci ha voluto fornire nelle scorse settimane), ha quindi stabilito che la sentenza avrà piena efficacia il 31 dicembre 2018, data alla quale la legge sull’unione civile (approvata nel 2009 e entrata in vigore nel 2010) e il matrimonio dovranno essere aperti tanto alle coppie di diverso che dello stesso sesso. Dunque, tutte le coppie avranno il diritto di scegliere se sposarsi o unirsi civilmente.

Per la ricostruzione in fatto della vicenda austriaca e per una prima valutazione delle motivazioni (in attesa di ulteriori approfondimenti) si rimanda alla nota e alla traduzione dell’ordinanza a cura di Roberto de Felice già pubblicata in questo sito in data 21 novembre 2017 (-https://www.articolo29.it/2017/i-dubbi-della-corte-costituzionale-austriaca-sulla-legittimita-giuridico-diverso-dal-matrimonio-riservato-alle-coppie-dello-stesso-sesso/).

Il caso della “torta nuziale” arriva alla Corte Suprema. Il punto sul same-sex marriage negli Stati Uniti a due anni dalla sentenza Obergefell

di Angioletta Sperti*

 

Sono trascorsi esattamente due anni dalla storica sentenza Obergefell v Hodges[1] in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha riconosciuto alle coppie dello stesso sesso la possibilità di contrarre matrimonio in tutto il territorio nazionale. Come si ricorderà, muovendo dalla natura fondamentale del diritto al matrimonio, a prescindere da qualsiasi caratteristica personale degli sposi, la Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale la disposizione del Defense of Marriage Act 1996 (DOMA) che ancora consentiva ad alcuni Stati di negare alle coppie dello stesso sesso l’accesso al matrimonio o il riconoscimento dei matrimoni celebrati in altri Stati dell’Unione.

Obergefell – pur rappresentando una storica vittoria dei movimenti LGBT di tutto il mondo – non rappresenta certamente la fine della lotta contro le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale negli Stati Uniti. Lo stesso James Obergefell, in un’audizione al Congresso[2] dopo la sentenza, ha sollecitato il legislatore americano a vigilare poiché – ha dichiarato – “è di importanza cruciale che il diritto costituzionale al matrimonio non venga oggi sminuito”. Il suo appello al Congresso riporta alla memoria la lunga vicenda della lotta contro la segregazione che la Corte Suprema dichiarò incostituzionale in un’altra, storica sentenza del 1954 Brown v Board of Education. A dieci anni dalla pronuncia la segregazione sopravvisse in molti Stati del “profondo Sud” (Arkansas, Alabama, Mississippi) grazie anche alla stessa Corte Suprema che rimise l’attuazione dei principi formulati nel caso Brown alla discrezionalità degli Stati, “with all delibate speed”. Solo l’intervento del Congresso – con il Civil Rights Act del 1964 – pose fine alle resistenze di alcuni Stati, fornendo al governo federale concreti strumenti giuridici (e leve finanziarie) per contrastare la segregazione razziale.

Questo breve commento intende fornire un quadro del seguito giurisprudenziale (e legislativo) della sentenza Obergefell con la sintetica premessa che negli Stati Uniti le resistenze al matrimonio egualitario operano oggi essenzialmente su tre fronti: quello del contrasto all’introduzione – a livello statale – di divieti di discriminazione verso le persone LGBTI; quello della tutela della libertà religiosa, ed infine, su quello dell’obiezione di coscienza.

a) Il contrasto all’introduzione di divieti di discriminazione sull’orientamento sessuale: Una prima forma di “resistenza” ad Obergefell è stata (more…)

La sentenza colombiana che riconosce il diritto al matrimonio

2015-02-12 23.23.25di Roberto De Felice*

Pubblichiamo la traduzione a cura di Roberto De Felice dell’importante sentenza della Corte costituzionale colombiana del 28 aprile 2016, depositata il 30 giugno 2016 (qui la sentenza con la massima in italiano a cura di De Felice) che riconosce il diritto al matrimonio per le coppie same sex. Poiché si tratta di una decisione assai corposa (sono circa 250 pagine) ed assai dotta, di estremo interesse per l’approfondimento degli argomenti, per agevolarne la lettura l’Autore ne ha tradotto i punti essenziali, premettendo e talora intercalando il sunto di altre parti (gli ampi stralci della decisione oggetto di traduzione sono facilmente identificabili in quanto trascritti in corsivo).

 

 

1.La occasio litis: la azione di tutela dei diritti fondamentali

Con la storica decisione del 28 aprile 2016 numero 214 depositata il 30 giugno successivo, la Corte Costituzionale della Colombia, interpretando e superando una propria precedente decisione, la numero 577 del 2011, ha stabilito che, ai sensi della Costituzione (Carta Polìtica) di quella Nazione le coppie dello stesso sesso hanno diritto a celebrare i propri matrimoni, che per il locale ordinamento sono dei contratti, tanto per atto di notaio, quanto avanti i giudici della Repubblica, e gli ufficiali dello stato civile, a loro volta, sono obbligati a provvedere a tale incombente su richiesta degli interessati.

La sentenza rivede sei decisioni su azioni di tutela rese da giudici della nazione. L’azione di tutela, prevista dall’articolo 86 della Costituzione della Colombia, consente a ogni interessato di richiedere al giudice ordinario la tutela dei propri diritti fondamentali lesi da un atto della pubblica autorità. La Procura Generale della Nazione è considerata tra i soggetti legittimati a proporre l’azione di tutela. La procedura è estremamente spedita: il Tribunale, all’esito di una sommaria istruttoria, si pronuncia con sentenza, soggetta al rimedio dell’appello. Il giudice di primo o secondo grado che concluda il procedimento, negando o accordando la tutela dei diritti fondamentali richiesta dai ricorrenti, trasmette, al termine del processo, gli atti alla Corte Costituzionale, la quale può discrezionalmente pronunciarsi in merito all’azione stessa. In questo caso la Corte ha rivisto sei decisioni prese da vari giudici della Colombia in ordine alla pretesa di sei coppie omosessuali di celebrare o far registrare il proprio matrimonio da parte di uno dei pubblici ufficiali competenti. La Corte ha reso in Adunanza Plenaria[1] una sentencia di unificaciòn, con funzioni nomofilattiche stante la natura e l’importanza della questione e le relative incertezze interpretative.

Sezione 1. Il precedente della condanna del Parlamento a legiferare sulle coppie omosessuali: C. Cost 577/11. Le sei azioni di tutela riviste in questa decisione

 (a)      Celebrazione del matrimonio. Competenze dei giudici e del notaio, e dell’ufficiale di Stato Civile

 Si ricorda che la sentenza 577 del 2011 della Corte Costituzionale aveva rilevato una profonda disparità di trattamento tra le coppie eterosessuali e le coppie omosessuali, alle quali ultime era precluso il matrimonio e aveva, con singolare dispositivo, condannato il potere legislativo a legiferare entro il 20 giugno del 2013. In difetto di ogni decisione in materia, come in effetti si è verificato, la Corte, nella medesima sentenza 577, precisava che dal giorno della scadenza di tale termine tali coppie potessero celebrare il proprio vincolo davanti ai pubblici ufficiali sopra menzionati. Il matrimonio è un contratto (art 113 cc) che richiede lo scambio dei consensi avanti a tali pubblici ufficiali (art 115 cc); in particolare è competente il Giudice[2] (art 126 cc) cui si propone richiesta che indichi tale proposito e le generalità proprie e dei genitori, che è soggetta a pubblicazione mediante editto (artt. 126 e 130 cc) per quindici giorni; il Giudice decide immediatamente sulle opposizioni alle nozze e in caso che nulla osti le celebra (art 135 cc). L’atto è quindi iscritto da un notaio nel registro dello stato civile, o, fuori da una sede notarile, da un funzionario dell’Ufficio Nazionale del Registro di Stato Civile.

(b)     Il diniego di un notaio a procedere alla celebrazione.

Nel primo caso le parti si erano opposte al diniego (more…)

Corte d’Appello di Milano: no alla trascrizione, ma lettura aperta dell’art. 29

2015-02-09 00.14.52Con decisione del 15 marzo, depositata il 9 novembre 2015, la Corte d’Appello di Milano, sezione delle persone, dei minori e della famiglia, ha confermato la decisione del Tribunale di Milano del luglio 2014 che aveva respinto il ricorso ex art. 95 DPR 396/2000 presentata da due uomini, già sposati nel 2012 in Brasile e successivamente coniugati nel 2013 con matrimonio civile in Portogallo, avverso il rifiuto di trascrizione dell’atto di matrimonio opposto dall’Ufficiale di Stato Civile del Comune di Milano.
La decisione della Corte d’Appello, seppure negativa, si contraddistingue per alcuni elementi innovativi.
Viene ammesso, innanzitutto, l’intervento ex art. 105, comma 2, c.p.c. (su cui il Tribunale non si era espressamente pronunciato) dell’associazione Avvocatura per i Diritti LGBTI-Rete Lenford, rilevando che trattasi di soggetto terzo rappresentativo per statuto degli interessi dei cittadini LGBTI, il quale vanta un interesse che lo legittima ad intervenire in giudizio.
Con riguardo al merito, la Corte osserva che la diversità di sesso (more…)

Libertà di coscienza, libertà di impresa e divieto di discriminazione nel recente “caso della torta nuziale”

47409158.cachedHa suscitato un certo dibattto, in America, la sentenza di condanna di un pasticciere che aveva rifiutato di cucinare la torta nuziale per una coppia lesbica. La Corte dell’Oregon esamina a fondo il confine tra la libertà di manifestazione del pensiero, la libertà di esprimere il proprio credo religioso ed il divieto di discriminazione, escludendo che il mancato confezionamento di un dolce nuziale concreti una libera espressione del proprio pensiero ed osservando che la questione «attiene, piuttosto, al rifiuto dei proprietari della pasticceria di servire un cliente per il suo orientamento sessuale», il che configura, oggettivamente, una discriminazione vietata dalla Legge. L’Autrice ne trae qualche indicazione anche per l’asfittico dibattito italiano: viene da chiedersi, difatti, se il giustificare singoli atti (o provvedimenti normativi) in nome dell’esercizio della libertà di opinione e di religione non rappresenti oggi piuttosto un escamotage per offrire loro copertura costituzionale senza entrare nel merito dei loro contenuti e delle loro implicazioni.

di Angioletta Sperti*

Una corte dell’Oregon (USA) ha recentemente condannato al pagamento di $ 135.000 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale i proprietari di una pasticceria che si erano rifiutati di confezionare una torta nuziale ad una coppia lesbica. La sentenza –Bureau of Labor and Industries of the State of Oregon, decisione del 2 luglio 2015 [1]- ha suscitato l’attenzione dell’opinione pubblica americana e merita alcune considerazioni poiché solleva interessanti questioni in merito al conflitto tra la libertà di manifestazione del pensiero, la libertà religiosa e la libertà di iniziativa economica privata ed il principio di eguaglianza.

I fatti ed i motivi della decisione.

Nel gennaio del 2013 due donne, Laurel Bowman and Rachel Cryer, decidono di unirsi in matrimonio e quest’ultima si reca presso una pasticceria – la Sweet Cakes by Melissa – per richiedere il confezionamento di una torta nuziale. Il proprietario le chiede i nomi degli sposi da scrivere sulla torta e quando apprende che si tratta di due spose, afferma di non poter accettare la richiesta perché il matrimonio tra persone dello stesso sesso è contrario ai propri precetti religiosi.

Profondamente rammaricate per l’accaduto e preoccupate per il dispiacere che la vicenda ha suscitato anche ai propri bambini, le due donne (more…)

La decisione più importante: ecco la traduzione italiana della sentenza americana

2015-02-09 00.24.07È connaturato all’ingiustizia che noi non possiamo sempre notarla nei nostri tempi”

La limitazione del matrimonio alle coppie eterosessuali può essere sembrata naturale e giusta per lungo tempo, ma la sua incompatibilità logica con il significato centrale del diritto fondamentale di sposarsi è ora manifesta”

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Pubblichiamo la traduzione italiana del testo integrale della decisione della Corte suprema degli Stati uniti, OBERGEFELL V HODGES,  del 26 giugno 2015, Opinione della maggioranza (giudice A. Kennedy) a cura dell’avv. Roberto De Felice avvocato dello Stato, che sentitamente ringraziamo per l’incredibile e celere lavoro.

La lettura anche in italiano di questo testo, che rappresenta un punto di svolta per la storia dei diritti lgbti e più in genere dei diritti civili, influenzerà certamente il dibattito giuridico in tutto il mondo.

La sentenza, come spesso accade per le decisioni di common law, è una lettura semplice ed avvincente, anche per chi non ha competenze giuridiche, che ripercorre le storie di queste coppie, ne narra le vicissitudini (sino al decesso di alcuni coniugi), ne descrive le esigenze e spiega con profondità le ragioni, storiche, culturali, politiche e giuridiche, che coducono oggi la Corte suprema degli Stati uniti ad un punto di svolta.

I principi di diritto, di eguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge, di protezione degli individui, dignità personale, diritto a costruire una famiglia, diritto al matrimonio, sono gli stessi in tutti i Paesi a civiltà giuridica affine alla nostra, e dunque validi e destinati ad essere vagliati anche per l’indagine giuridica nel nostro Paese.

Grazie ancora, dunque, all’avvocato dello stato Roberto De Felice.

(M.G.)

Corte suprema degli Stati uniti, OBERGEFELL V HODGES, decisione del 26 giugno 2015 – Opinione della maggioranza (giudice A. Kennedy) – traduzione it. di Reberto De Felice per ARTICOLO29 www.articolo29.it

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La Corte Suprema riconosce il diritto costituzionale al matrimonio delle persone gay e lesbiche

equalCon una sentenza storica, attesa da decenni da tutta la comunità gay e lesbica americana e non solo, la Corte Suprema degli Stati Uniti mette la parola fine ad una delle vicende più combattute e sofferte nella storia dei diritti civili, riconoscendo il diritto costituzionale delle persone gay e lesbiche di sposarsi. Tra i motivi più significativi per il riconoscimento del diritto al matrimonio, la Corte ricorda “che esso tutela i bambini e le famiglie e per questo trae significato dal diritto di procreare, di crescere ed educare i figli”. “In base alle leggi statali, alcune delle tutele per i bambini derivanti dal matrimonio sono di natura materiale. Ma dando riconoscimento e stabilità sul piano giuridico alle unioni tra i loro genitori, il matrimonio permette anche ai bambini di comprendere l’integrità e l’intimità della propria famiglia e la sua armonia con le altre famiglie della loro comunità e della loro vita quotidiana. Il matrimonio permette, inoltre, quella stabilità e permanenza che è importante per la tutela degli interessi del bambino”. Dopo aver, dunque, richiamato la realtà delle molte coppie omosessuali con figli, la maggioranza conclude che “escludere le coppie dello stesso sesso dal matrimonio contraddice una premessa centrale dello stesso diritto al matrimonio. Senza il riconoscimento, la stabilità, e la prevedibilità che il matrimonio offre, i loro bambini soffrono lo stigma derivante dal ritenere le loro famiglie come qualcosa di minore importanza. … Le leggi sul matrimonio che vengono in considerazione ai fini di questa pronuncia dunque danneggiano ed umiliano i bambini delle coppie dello stesso sesso”. Anche per questo i giudici americani ritengono indispensabile il loro intervento anche contro la volontà del Legislatore, perché “Gli individui non possono attendere l’azione del legislatore perché sia loro riconosciuto un diritto fondamentale”. “L’idea della Costituzione è quella di sottrarre certi temi alle vicissitudini della lotta politica e di porli oltre la portata delle maggioranze e dei funzionari pubblici”.

di Angioletta Sperti*

Con un’attesissima sentenza, Obergefell v. Hodges[1], la Corte Suprema degli Stati Uniti ha messo la parola fine a  più venti anni di lotta da parte delle coppie dello stesso sesso per il riconoscimento del proprio diritto al matrimonio in tutti gli Stati Uniti.

L’opinione della Corte, sostenuta da una maggioranza di 5 giudici su 4 e di cui è estensore il giudice Kennedy, conclude che gli Stati non hanno, in base al XIV Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti (in cui trovano espressione i principi dell’equal protection under the laws  e del due process of law),  né il diritto di negare licenze di matrimonio alle coppie dello stesso sesso, né quello di vietare, in base alla § 2  del Defense of Marriage Act[2](DOMA), il riconoscimento dei matrimoni “legalmente autorizzati e contratti” in altri stati dell’Unione.

La sentenza apre dunque al riconoscimento del diritto al matrimonio same-sex in tutti gli Stati dell’Unione. Prima della decisione, infatti, il diritto delle coppie omosessuali di unirsi in  matrimonio era riconosciuto in 36 dei 50 Stati.

L’antefatto giurisprudenziale.

Prima di ripercorrere le principali affermazioni della sentenza e tentarne un commento a caldo, occorre svolgere una breve premessa e ricordare che la sentenza rappresenta l’epilogo di una lunga e complessa vicenda giurisprudenziale iniziatasi nel 1993 quando, per la prima volta al mondo, la Corte Suprema dello stato delle Hawaii – in Baehr v. Lewin[3]riconobbe che la limitazione del matrimonio alle sole coppie eterosessuali rappresenta un’illegittima discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, in violazione della Costituzione statale.

La pronuncia – del tutto isolata nel panorama giurisprudenziale e ancora distante dalla sensibilità del paese – suscitò un’accesa reazione sia a livello federale che nei singoli Stati: si temeva, infatti, che una volta ammessi i matrimoni same-sex in uno degli Stati, potesse derivarne la necessità di un riconoscimento sia a livello federale che da parte delle amministrazioni di tutti gli altri Stati. Per questo motivo, nel 1996, l’amministrazione Clinton sostenne in Congresso una proposta di legge, con l’intento di “definire e difendere il tradizionale istituto del matrimonio eterosessuale”[4]. La legge, dal titolo Defence of Marriage Act,  si proponeva di “definire e difendere il tradizionale istituto del matrimonio eterosessuale”[5] attraverso due centrali disposizioni: la § 2 –ora dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema –  che consentiva, come già ricordato, agli Stati di non riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati in altri Stati e, la sect. 3, che disponeva che a livello federale la parola “matrimonio” dovesse essere riferita alla sola coppia di sesso diverso ed il termine “coniuge” al marito o alla moglie di sesso opposto[6].

Quest’ultima disposizione fu dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema nel 2013, nel ben noto caso United States v. Windsor[7], di cui fu peraltro estensore lo stesso giudice Kennedy.Tuttavia, la pronuncia ritenne estranea all’oggetto del giudizio la definizione del potere degli Stati di ammettere e riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso e lasciò dunque impregiudicata la questione di legittimità costituzionale della § 2 del DOMA e, conseguentemente, quella relativa ai numerosi emendamenti costituzionali ed alle leggi ordinarie che, sin dalla fine degli anni Novanta, molti Stati  si erano affrettati ad adottare per vietare i matrimoni same-sex ed impedire il riconoscimento di quelli celebrati in altri Stati dell’Unione. (more…)

Le scelte del TAR Friuli fra poteri dei prefetti e trascrizioni dei sindaci

2015-02-18 15.58.47di Luca Morassutto*

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione Prima, con sentenza del 21 maggio 2015 si è pronunciato sul ricorso presentato da una cittadina italiana residente in Belgio e iscritta all’anagrafe del comune di Udine con il quale veniva chiesta la declaratoria di nullità ovvero in subordine l’annullamento del decreto del Prefetto della Provincia di Udine dd. 27 ottobre 2014, prot. n. 64234/2014 con il quale veniva disposto l’annullamento della trascrizione del matrimonio della ricorrente nei registri dello stato civile del Comune di Udine. Il Sindaco della città friulana infatti aveva proceduto alla trascrizione del matrimonio contratto all’estero ma su tale atto calava la mannaia della circolare Alfano che disponeva la cancellazione di imperio della avvenuta trascrizione. La vicenda in realtà è nota. I Sindaci di un sempre maggior numero di città italiane, accogliendo le istanze di protezione dei diritti soggettivi formulate da coppie omosessuali sposate all’estero, provvedevano a trascrivere l’atto di matrimonio regolarmente contratto. Interveniva quindi il Ministero dell’Interno che, con circolare prot. n. 10863 dd. 7 ottobre 2014, disponeva che i prefetti invitassero i sindaci ad annullare tali trascrizioni e, qualora detto invito non fosse stato accolto, ordinava agli stessi prefetti di intervenire in autotutela.

La ricorrente chiedeva altresì che venisse dichiarata la nullità o l’annullamento dell’atto di delega del Prefetto di Udine, il processo verbale del vice Prefetto aggiunto che aveva provveduto alla cancellazione) nonché la circolar e prot. n. 10863 dd. 7 ottobre 2014 del Ministero dell’Interno. In particolare nel ricorso si evidenzia va come il decreto prefettizio fosse affetto da nullità per difetto assoluto di attribuzione, incompetenza assoluta, ex articolo 21 septies della legge 241 del 1990 ed ex articolo 31 del decreto legislativo 104 del 2010 nonché violazione dell’articolo 453 del codice civile e dell’articolo 95 del d.p.r. 396 del 2000, violazione del d.p.r. 396 del 2000, articoli 12, 11, 5, 69 e 100, violazione del decreto ministeriale 5 aprile 2002.

Un primo passaggio che ci sentiamo in dovere di segnalare è come la ricorrente premettesse chiaramente che il ricorso al Tar non fosse la sede per discutere il tema della correttezza della trascrizione effettuata dal sindaco di Udine dovendo essere oggetto del giudizio innanzi al Tribunale adito unicamente la legittimità dell’atto prefettizio. Si faceva poi notare come l’ordine del prefetto di annotare il decreto impugnato fosse viziato in via derivata dalla nullità del decreto stesso. L’annotazione quale atto tipico e tassativo è da qualificare come atto pubblico formale e non si può ordinare in alcun modo. L’ordinamento, infatti, non contempla la possibilità di annotare un decreto dell’autorità amministrativa, ma solo un provvedimento dell’autorità giurisdizionale.

Resisteva l’Avvocatura dello Stato la quale evidenziava come il Sindaco di (more…)

Matrimonio, unione civile tra persone dello stesso sesso e Costituzione tedesca

zgbdc5-6c3pqaomeb45zgk9no6-originalMentre in Italia si accende la discussione sul progetto di legge sulle unioni civili ispirato al modello tedesco, pubblichiamo un interessantissimo contributo su matrimonio, unioni civili e Costituzione in Germania.
Anne Sanders, professore associato a Bonn e già assistente presso la Corte costituzionale tedesca, ricostruisce in dettaglio l’evoluzione delle nozioni di famiglia e di matrimonio, discutendo i presupposti ed i limiti delle unioni civili introdotte in Germania nel 2001 (Lebenspartnerschaft), con ampi riferimenti alla storia sociale, alla dottrina giuridica ed all’evoluzione giurisprudenziale, dalla Repubblica di Weimar ai giorni nostri, sino alle recenti proposte di apertura del matrimonio alle coppie dello stesso sesso.
Dallo studio emerge, fra l’altro, come tanti dei temi oggi discussi in Italia siano stati già affrontati (e positivamente) risolti dalla dottrina tedesca e dalla giurisprudenza della Bundesverfassungsgericht ai tempi dell’emanazione della legge sulle unioni civili (Lebenspartnerschaft, 2001) e come oggi il dibattito sia tutt’altro che chiuso con riguardo alla questione della discriminazione matrimoniale.
La, impeccabile, traduzione dall’inglese è di Giacomo Viggiani,
assegnista di ricerca in diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Bergamo, che ringraziamo vivamente e cui va tutto il merito di questo tentativo di fornire al lettore italiano una informazione più approfondita su cosa accade oltre i nostri confini.
Un sentito ringraziamento va, ovviamente, soprattutto all’illustre Autrice ed alla prestigiosa German Law Review che hanno autorizzato la pubblicazione.

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 di Anne Sanders

A.    Introduzione

Il matrimonio oggi non riguarda soltanto interessi privati; è anche un importante strumento giuridico e politico. La questione di quale sia oggi il significato del matrimonio e se debba essere aperto alle unioni di persone dello stesso sesso è oggetto di dibattito in tutto il mondo. In molti stati, per esempio in Germania e negli Stati Uniti, tali questioni non sono solo dibattute nell’agone politico, ma anche all’interno del diritto costituzionale. In questo articolo ricostruirò lo sviluppo del modo in cui il matrimonio è stato interpretato in relazione alla Costituzione tedesca e discuterò criticamente l’approccio della legge tedesca al matrimonio tra persone dello stesso sesso.

La Corte Federale Costituzionale tedesca (Bundesverfassungsgericht, da ora in poi BVG) ha celebrato il suo sessantesimo anniversario nel settembre 2011. Dal 1951, la Corte non ha solo avuto una considerevole influenza sul diritto amministrativo e penale, ma anche sul diritto di famiglia. Potrebbe essere sorprendente per un lettore non tedesco comprendere che non tutte le costituzioni includono previsioni riguardo al matrimonio ed alla famiglia nella forma di diritti umani garantiti a tutti. La Legge Fondamentale, comunque, garantisce questi diritti nell’Articolo 6.

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L’autorità giudiziaria, e non il Prefetto, può annullare la trascrizione nel registro dello stato civile. Nota a sentenza TAR Lazio n. 3907/15

Matrimonio-Chigiotti-Bucci2Con decisione del 12 febbraio 2015, depositata il 9 marzo, il TAR del Lazio ha affermato che l’annullamento delle trascrizioni dei matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero spetta esclusivamente all’Autorità giudiziaria. Ha pertanto risolto un conflitto di attribuzione di poteri tra organi dello Stato chiarendo che, sulla base delle ipotesi tassativamente previste nell’ordinamento dello stato civile, l’Amministrazione centrale non detiene il potere di intervenire direttamente sui registri dello stato civile disponendone la modifica mediante decreto prefettizio. Pur accogliendo il ricorso nella parte relativa all’illegittimità del provvedimento statale, il Tribunale amministrativo si è comunque pronunciato a favore dell’intrascrivibilità degli atti di matrimonio tra coppie omosessuali, derivante “dalla loro inidoneità a produrre qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano”, in difetto del requisito sostanziale della diversità di sesso dei nubendi. Tale conclusione, raggiunta a seguito dell’analisi del quadro normativo e giurisprudenziale nazionale e sovranazionale, non risolve l’incertezza giuridica in tema di unioni omosessuali e conferma la necessità di un intervento urgente da parte del legislatore, atto a colmare l’attuale vuoto normativo in materia.

 Lazio regional administrative court (TAR) held with sentence 12th February 2015, filed on 9th March, that only judicial authority can revoke registration of same-sex marriages contracted abroad. In this way, the court resolved a conflict of competences between different State organs and clarified, by analyzing the pertaining norms of Ordinamento dello Stato civile, that central administrative authority has no competence to directly order, via a ministerial circular, the modification of population registry. Judges affirmed that Ministry of the Interior’s actions were invalid, thus accepting claimants’ arguments; yet, they stated that same-sex marriage certificates cannot be registered in national population registries, as they are ineffective within Italian legal system due to the absence of an essential precondition to marry, i.e. opposite-sex partners. The judgment reached such conclusion after reviewing the national and supranational legal framework, thus leaving room for uncertainty  as concerns the legal status of same-sex unions. Once more, such judicial development confirms the urgency for Italian legislator to regulate homosexual relationships, in order to fill in an evident  legislative void.  

 di Giuseppe Zago*

 Con sentenza n. 3907/15 del 12 febbraio 2015, depositata il 9 marzo, il TAR del Lazio ha stabilito che spetta all’Autorità giudiziaria disporre l’eventuale annullamento delle trascrizioni nel registro dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero. Così statuendo, i giudici hanno risolto un conflitto tra organi dello Stato balzato agli onori delle cronache negli ultimi mesi in diverse città italiane.

Il caso in oggetto sorge a seguito del ricorso proposto dinanzi al tribunale amministrativo da una coppia omosessuale sposatasi in Spagna (more…)

Cassazione francese: il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso è contrario all’ordine pubblico

800px-La_Cour_de_Cassation_et_la_ConciergerieCon decisione del 28 gennaio 2015 n. 19 la Corte di cassazione francese ha stabilito che il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso è contrario all’ordine pubblico internazionale. Nell’ipotesi oggetto della decisione, un cittadino francese ed un cittadino  marocchino, entrambi residenti in Francia avevano chiesto autorizzazione al matrimonio nonostante la legge del Marocco – richiamata dalla Convenzione franco-marocchina del 10 agosto 1981 che rinvia alla legge nazionale dei nubendi – vieti il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

La Cour de cassation nega tuttavia che nel caso di specie la Convenzione internazionale possa prevalere sul diritto interno, che come noto dal maggio 2013 consente il matrimonio same-sex,  in quanto il principio di libertà matrimoniale configura adesso principio di ordine pubblico internazionale.

È l’ulteriore riprova del carattere mobile dei principi di ordine pubblico internazionale (diretti, come noto, ad evitare che entrino nell’ordinamento giuridico soluzioni normative estere incompatibili con i principi generali dell’ordinamento funzionali alla protezione dei diritti fondamentali). L’ordine pubblico internazionale – identificato «con i principi fondamentali che caratterizzano l’ordinamento in un determinato momento storico (more…)

Alcune considerazioni sulla decisione della Corte Suprema di pronunciarsi nuovamente sul matrimonio tra persone dello stesso sesso

us-constitution di Angioletta Sperti*

 La Corte Suprema degli Stati  Uniti – come già segnalato da Articolo29[1] – ha accettato di pronunciarsi in via definitiva sul diritto delle coppie omosessuali di contrarre matrimonio in tutto il territorio degli Stati Uniti e di ottenere il riconoscimento nel proprio Stato di residenza del matrimonio contratto in un altro Stato dell’Unione. La sentenza, attesa per la fine del mese di giugno 2015 – quale che sia il suo esito – sarà sicuramente la più rilevante pronuncia sul riconoscimento dei diritti civili degli ultimi decenni ed è dato presumere che essa eserciterà una notevole influenza anche al di fuori dei confini degli Stati Uniti.

Il writ of certiorari[2]  della Corte Suprema è stato accolto positivamente dai numerosi movimenti per i diritti delle coppie omosessuali che sperano nella conclusione della loro lunga battaglia per il riconoscimento del diritto al matrimonio per le coppie dello stesso sesso in tutto il territorio degli Stati Uniti[3]. La stessa amministrazione Obama ha peraltro manifestato apprezzamento per la decisione della Corte Suprema ed ha dichiarato l’intenzione di depositare come amicus curiae una memoria a sostegno della tesi dell’incostituzionalità dei same-sex marriage bans e per il pieno riconoscimento del diritto delle coppie omosessuali di sposarsi[4].

La questione oggetto del giudizio

La Corte ha, in particolare, concesso il certiorari su quattro ricorsi proposti da coppie dello stesso sesso residenti in Kentucky, Michigan, Ohio e Tennessee (more…)

La “presunzione di maternità” presto in vigore in Belgio

Hodler-mother-and-childCon la legge che entra in vigore il primo gennaio, il Belgio riconoscerà il principio di presunzione di maternità nell’ambito delle coppie di donne sposate. Non sarà più necessario, quindi, ricorrere all’adozione del figlio del partner. Ratio della legge é una più incisiva protezione del minore, visto che il riconoscimento verrà ordinato dal giudice anche contro la volontà della co-madre, ove sia provato che aveva acconsentito alla procreazione assistita.

di Anna Maria Lecis Cocco Ortu*

Il 1° gennaio 2015 entrerà in vigore in Belgio la Loi portant établissement de la filiation de la coparente, promulgata il 5 maggio. La legge, introducendo nell’ordinamento giuridico la nozione di “coparente” (che potremmo tradurre letteralmente come co-genitrice, o meglio seconda madre, dal momento che la legge prende in considerazione esclusivamente il cogenitore di sesso femminile), estende tutte le norme sul riconoscimento del legame di filiazione e sulla presunzione di paternità alla coniuge della madre che dia alla luce un figlio in costanza di matrimonio. Inoltre, la legge prevede anche la possibilità di riconoscimento da parte della compagna non sposata della madre, alle stesse condizioni previste fino ad ora per il riconoscimento della paternità all’interno di coppie di fatto eterosessuali che abbiano condiviso un progetto genitoriale.

È importante sottolineare che la legislazione tiene a distinguere lo statuto di “madre” (principale, originaria), riservato alla madre biologica, da quello del secondo genitore di sesso femminile, evitando (more…)

AUTORECENSIONI/ Omosessualità, eguaglianza, diritti. Desiderio e riconoscimento

getImage.phpContinua su ARTICOLO29 la presentazione delle iniziative editoriali in materia di orientamento sessuale ed identità di genere. Fra i numerosissimi volumi usciti in Italia negli ultimi tempi, il libro curato da Angelo Schillaci si distingue certamente grazie ai molti temi affrontati ed alla profondità dell’analisi giuridica.

di Angelo Schillaci*

Il volume nasce da una esperienza di collaborazione maturata per più di un anno all’interno di un gruppo di giovani giuristi (docenti, ricercatori e avvocati), e propone una disamina delle principali questioni legate alla protezione delle persone omosessuali e della loro vita familiare, riorganizzando – per tematiche trasversali – il materiale proveniente dall’esperienza giuridica interna, internazionale e comparata, affrontando la questione omosessuale nell’ottica dell’intreccio tra dignità, libertà, e riconoscimento.
Il volume è diviso in tre sezioni. La prima affronta le principali questioni legate alla protezione delle persone omosessuali, con riferimento, in particolare, alla protezione costituzionale dell’identità sessuale (Cap. I. A. Ratti), al riconoscimento dello status di rifugiato in ragione dell’orientamento sessuale (Cap. II, A. Ciervo), alla repressione penale dell’omofobia (Cap. III, A. Cerrone) e alla protezione dei dati personali relativi all’orientamento sessuale (Cap. IV, J. L. Jiménez Ruiz). (more…)

Mariage pour tous e obiezione di coscienza in Francia

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Con la legge n. 2013-404, fortemente voluta dal Governo francese e in particolare dalla Garde des sceaux Christiane Taubira, viene introdotto il matrimonio per le coppie dello stesso sesso nell’ordinamento giuridico francese. Senza rimodellarne contenuto e disciplina giuridica, il matrimonio previsto per le coppie eterosessuali è stato esteso tout court anche alle coppie omosessuali, ivi compreso il diritto di adottare in capo ai coniugi. Ma cosa accade se i soggetti incaricati di celebrare le nozze au nom de l’État si trovano nell’impossibilità morale di farlo, perché queste nozze contrastano con le loro convinzioni? Più in generale, è possibile riconosce un’ipotesi di esercizio del diritto all’obiezione di coscienza in capo a chi è chiamato ad assicurare un diritto?

 di Michele Saporiti*

1. Il caso giudiziario

Per garantire un’applicazione uniforme della legge n. 2013-404, il Ministro degli Interni francese indirizza una circolare ufficiale a tutti i prefetti, descrivendo minutamente le conseguenze legali del rifiuto di celebrare le nozze tra persone dello stesso sesso. In questa circolare ministeriale si afferma, senza lasciare adito ad incomprensioni, che tutti gli officiers de l’état civil esercitano tali funzioni in nome dello Stato. Tali funzioni possono essere quindi delegate ad un membro del consiglio comunale nella sola ipotesi di assenza o di impedimento legittimo del sindaco o del suo vice. Nessuna eccezione può essere tollerata. Com’è facile immaginare, questa circolare faceva seguito alle affermazioni di un significativo numero di sindaci francesi, i quali avevano pubblicamente dichiarato che non avrebbero mai officiato le c.d. “nozze gay”, anche se previste da una legge del Parlamento.

Di fronte al tenore della circolare, (more…)

La Corte Suprema dà (implicitamente) il via libera alla celebrazione dei matrimoni same-sex in cinque Stati: uno stringato order che ha il sapore di una decisione storica

rainbow_court-620x412Con una decisione fulminea, assolutamente inattesa con tanto tempismo, la Corte Suprema degli Stati Uniti non ha ammesso i ricorsi presentati da cinque Stati (Indiana, Oklahoma, Utah, Virginia e Wisconsin) contro la rimozione del divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso. Così facendo, la Corte non ha assunto una decisione definitiva sulla compatibilità del divieto di matrimonio con la Costituzione federale, che porterebbe all’apertura del matrimonio in tutti gli Stati Uniti d’America, ma ha deciso di non interferire, al momento, con i processi in corso nei singoli Stati. La decisione, comunque, ha effetti davvero dirompenti. Nel corso dell’ultimo anno, infatti, ben 39 sentenze emesse da varie Corti avevano annullato le leggi statuali che definivano il matrimonio come unione fra uomo e donna (per la raccolta delle decisioni, con le massime in italiano, vedi www.articolo29.it/diritto-comparatodecisioniorientamento-sessualematrimonio). Con la decisione della Corte Suprema di non interferire con queste decisioni, passano così da 19 (California, Connecticut, Delaware, Hawaii, Illinois, Iowa, Maine, Maryland, Massachusetts, Minnesota, New Hampshire, New Jersey, New Mexico, New York, Oregon, Pennsylvania, Rhode Island, Vermont e Washington) a 24 gli Stati americani in cui il matrimonio è già accessibile a tutti e tutte e, soprattutto, si crea un precedente che porterà a sicure decisioni conformi in altri Stati (West Virginia, North Carolina, South Carolina, Kansas, Colorado e Wyoming).  A breve, quindi, sarà possibile sposarsi in ben 30 Stati su 50 (oltre che nel distretto della capitale, Washington DC). Ed ulteriori effetti sono attesi anche in altri Stati: uno stringato order che ha il sapore di una decisione storica.

di Angioletta Sperti*

Con uno stringato order[1], privo come di consueto di motivazione, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha negato ieri il certiorari delle pronunce di tre Corti di Appello federali le quali, negli scorsi mesi, hanno unanimemente concluso per l’illegittimità costituzionale di alcuni divieti statali di celebrazione e di riconoscimento dei matrimoni same-sex. La decisione della Corte Suprema riguarda, in particolare, i ricorsi presentati contro le sentenze delle Corti di appello del IV, VII e X Circuit, relative – rispettivamente – all’illegittimità costituzionale dei same-sex marriage bans in vigore in Virginia[2], Indiana [3], Wisconsin[4], Utah[5] e Oklahoma[6].

In attesa della propria decisione sull’emissione o il diniego del certiorari, negli scorsi mesi la stessa Corte Suprema aveva sospeso (stay) gli effetti delle pronunce delle tre Corti di Appello: il certiorari denial ha, dunque, come primo effetto immediato la possibilità per le autorità statali di dar seguito alle sentenze.  A distanza di poche ore dalla decisione della Corte Suprema, infatti, l’Attorney General dello Stato della Virginia (che aveva (more…)