Articoli taggati con Matrimonio egualitario

Il difficile connubio tra tradizione ed innovazione nella tutela dei diritti delle persone LGBT in Asia. Le esperienze di Taiwan, Giappone ed Indonesia a confronto

di  Giacomo Giorgini Pignatiello*

Pubblichiamo la anticipazione dal prossimo numero del semestrale GenIUS, Rivista di studi giuridici sull’orientamento sessuale e l’identità di genere www.geniusreview.eu

Con l’erompere del XXI secolo la retorica degli asian values sembra scolorire a fronte delle molteplici vie con le quali i diversi sistemi giuridici orientali hanno inteso affrontare il tema della realizzazione dei diritti umani ed in particolare, nel caso che qui occupa, dei diritti delle persone LGBT. Il presente contributo tenta dunque di ricostruire, in prospettiva comparata, il quadro normativo, giurisprudenziale e dottrinale di diversi ordinamenti giuridici (Taiwan, Giappone e Indonesia), espressione delle differenti tendenze nello sviluppo del rapporto tra potere pubblico e diritti delle persone LGBT nel contesto del mondo asiatico.

At the beginning of the 21st century,the Asian values rhetoric is almost at a dead end. Several eastern legal systems experienced different ways and levels in the implementation of fundamental rights, and particularly LGBT rights. The present contribution aims at drawing the legal framework, case law, and doctrinal debate of several countries (namely Taiwan, Japan, and Indonesia), which reveal different ongoing tendencies in Asia as for the development of the relationship between public power and LGBT rights.”

* Dottorando di ricerca in diritto pubblico comparato, Università di Siena

(contributo sottoposto a referaggio a doppio cieco pubblicato online first, destinato a GenIUS)

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Same-sex marriage e omissioni legislative al cospetto della giustizia costituzionale in Giappone

di Giacomo Giorgini Pignatiello*

La sentenza con la quale la Corte distrettuale di Sapporo in data 17 marzo 2021 ha censurato l’omissione del Legislatore nipponico, consistente nella mancata previsione di diritti e tutele giuridiche per le coppie dello stesso sesso equivalenti a quelli previsti per il matrimonio eterosessuale, per violazione del principio di eguaglianza (articolo 14 della Costituzione), costituisce un evento degno di nota nella storia dell’ordinamento giapponese[1]. Solo se si considera che nel Paese del Sol Levante l’attuale sistema di giustizia costituzionale, nato con la Costituzione eterodiretta del 1946 e disegnato sulla scorta del modello diffuso statunitense[2], è stato nei suoi oltre sessant’anni anni di attività accusato di “judicial passiveness” (tra il 1947 e il 2016 solamente in 10 casi la legge è stata infatti ritenuta incostituzionale)[3] ed è stato bollato da autorevole dottrina come “failed”[4], si può apprezzare la rilevanza della pronuncia in commento.
La decisione, infatti, avviene in un contesto di recente ma radicale trasformazione del tradizionale atteggiamento di deferenza osservato dalla Corte Suprema giapponese verso il potere legislativo della Dieta, il parlamento bicamerale nipponico, proprio in relazione a questioni sorte in materia antidiscriminatoria e di eguaglianza rispetto al sistema elettorale.

Il giudice Tomoko Takebe, redattore di una pronuncia destinata a far discutere per la propria portata rivoluzionaria, (more…)

A dieci anni dalla sentenza costituzionale n. 138/2010

di Alexander Schuster

 

Ero in studio in università il 15 aprile 2010 quando ricevetti la notizia che la Corte costituzionale aveva deciso la questione del matrimonio fra persone dello stesso genere. Nell’estate precedente la Corte di appello di Trento aveva espresso i propri dubbi quanto alla compatibilità con la Costituzione del divieto a contrarre matrimonio. A denunciare la violazione dei loro diritti erano due coppie trentine, l’una composta da due donne, l’altra da due uomini. Non era la prima causa di questo tipo: alcuni mesi prima il Tribunale di Venezia aveva espresso analoghi dubbi. Nemmeno era questione sconosciuta ai giudici italiani in assoluto: il Tribunale di Roma già nel 1980 decise un ricorso proprio contro il rifiuto alle pubblicazioni chieste da una coppia di uomini.

La strategia di affrontare di petto il divieto non scritto di contrarre matrimonio rivolgendo una richiesta all’ufficiale di stato civile e intentando quindi un’azione giudiziaria non era nuova nel panorama mondiale. Il modello fu la cosiddetta “Aktion Standesamt”, ovvero la “Azione stato civile” che nel 1992 in Germania coinvolse ben duecentocinquanta coppie omosessuali. Anche in quel caso si giunse fino alla Corte costituzionale tedesca. Lo stimolo per l’Aktion Standesamt fu l’adozione da parte della Danimarca nel 1989 della prima legge al mondo che consentiva alle coppie di accedere ad una forma di unione registrata.

In Italia dovettero trascorrere molti anni prima di avviare un’iniziativa simile. Elementi scatenanti furono da una parte l’inerzia italiana rispetto agli sviluppi importanti sul fronte del matrimonio di altri Stati occidentali: si pensi alla riforma del matrimonio dei Paesi bassi nel 2001. Dall’altra occorre dare conto delle tanto penose quanto infruttuose discussioni in Parlamento per cercare di abbozzare qualcosa che potesse almeno pavidamente riproporre in salsa italica il PACS francese.

In questo contesto nascono e si alleano sul modello tedesco due associazioni, quella radicale Certi diritti e quella denominata Avvocatura per i diritti LGBT (ora LGBTI). Da lì nacque l’iniziativa di “Affermazione civile”, denominazione coniata dal radicale Sergio Rovasio. Fresco di una tesi di dottorato proprio su questi temi, aderii subito alla proposta di difendere un’idea di giustizia che ancora oggi rimane immutata. Il 23 marzo 2010 si tenne la pubblica udienza in Corte costituzionale. Eravamo presenti anche Francesco Bilotta ed io, quali avvocati delle tre coppie del cui amore e dei cui diritti si dibatteva. A parlare furono opportunamente solo gli avvocati professori universitari che sin da subito sposarono questa battaglia di civiltà: Vittorio Angiolini, Vincenzo Zeno-Zencovich e Marilisa D’Amico. Si trattò di un importante lavoro di squadra, forse così unico che non ebbi più modo di riscontrarne di simili negli anni successivi.

Sappiamo che la sentenza n. 138/2010 non garantì il diritto al matrimonio così come chiedevamo. Era un esito atteso, sì che quando mi venne comunicata, l’attenzione si rivolse non all’esito, ma alle motivazioni. La pronuncia non riconosceva la coppia omosessuale come famiglia, ma nemmeno negava che lo fosse. L’impiego di questo termine sarà apparso troppo audace ai quindici giudici di allora. Tuttavia, era significativo che «in relazione ad ipotesi particolari», fosse riconosciuta «la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale». A quest’ultima era così concesso godere, ad esempio, della medesima tutela che era stata accordato alla – questa sì – «famiglia di fatto» eterosessuale. Ciò si evinceva dal richiamo ai precedenti della Corte pronunciati a tutela del convivente (more…)

La riserva indiana dell’Unione Civile e l’Austria: privilegia ne irroganto

di Roberto de Felice*[1]

“Preservare l’Istituto tradizionale del matrimonio è solo un modo gentile di descrivere la disapprovazione morale dello Stato verso le coppie del medesimo sesso”

Antonin Scalia, AJ

Dissenting Opinion in Lawrence v Texas, 539 U.S. 558 (601) (2003)

PER LA TRADUZIONE DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE AUSTRIACA DEL  4 DICEMBRE 2017 N.  258-259 A CURA DI ROBERTO DE FELICE VEDI QUI 

 

Come ampiamente prevedibile alla luce dell’ordinanza del 12 ottobre, la Corte costituzionale di Vienna ha dichiarato incostituzionale gli l’art. 44 del codice civile nella parte in cui definiva il matrimonio come un contratto tra due persone di sesso diverso e tre norme della legge sull’unione civile che riservavano l’accesso a questo istituto, in vigore dal 1 gennaio 2010, alle sole coppie omosessuali.

La prima osservazione a caldo riguarda la estrema celerità della Corte nel decidere la questione. Alla luce della circostanza che i giudici della Corte costituzionale sono nominati su indicazione del governo federale[2], e che il prossimo governo federale della Repubblica austriaca, come da noi segnalato nella precedente nota di commento della ordinanza del 12 ottobre, sarà un governo di estrema destra, costituito dal partito popolare e dal partito liberale, la scadenza del mandato di tre giudici costituzionali alla data del 31 dicembre 2017 (infatti i giudici costituzionali, come gli altri magistrati, sono collocati a riposo il 31 dicembre dell’anno in cui compiono settant’anni[3]) ha verosimilmente accelerato i tempi della decisione[4]. Essa ben poteva essere assunta senza discussione e in udienza non pubblica alla luce della circostanza che il processo è esclusivamente documentale, trattandosi di ricorso contro il rifiuto della licenza di matrimonio.

La seconda osservazione è che bene ha fatto la Corte con l’ordinanza del 12 ottobre a sollevare d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell’intera legge sull’unione civile. Infatti la mera eliminazione della definizione eterosessuale del matrimonio contenuta nel codice civile, da sé sola considerata, non avrebbe consentito alle coppie omosessuali di accedere al matrimonio, in presenza di un Istituto, quello della partnership registrata o unione civile, solo a esse riservato, e la norma applicata nel giudizio a quo era solo l’art. 44 ABGB. Infatti è prevedibile che le autorità austriache avrebbero continuato ad applicare a queste coppie solo l’istituto dell’unione civile, pur dopo la caducazione della definizione eteronormativa del matrimonio nel menzionato art. 44, proprio per la ripetuta definizione di esso nella legge istitutiva come esclusivamente a loro riservato. Pertanto del tutto corretta si appalesa l’ordinanza del 12 ottobre scorso[5].

La sentenza poi, nella sua motivazione, recepisce, per oltre la metà del suo contenuto, l’ordinanza citata. Tuttavia si può osservare come alcune espressioni particolarmente caustiche contenute nell’ordinanza, in questa sentenza non siano state riprodotte, verosimilmente per ampliare la maggioranza dei giudici a sostegno della decisione[6]. L’esito del giudizio, poi, non era affatto scontato. Infatti, la Corte costituzionale ha annullato le norme che riservavano, da una parte, il matrimonio alle coppie eterosessuali e, dall’altra l’unione civile a quelle omosessuali, con la conseguenza che dal 1 gennaio 2019 i due assortimenti di coppie potranno accedere su un piano paritario ai due istituti[7]. Non solo: la Corte precisa che le unioni civili attualmente esistenti resteranno in vita e che tali rapporti non saranno automaticamente trasformati in un matrimonio né, si estingueranno, permanendo la EPG.

Nel suo argomentare la Corte, infatti, ha considerato che il suo mandato nei giudizi sulle questioni di legittimità costituzionale, è limitato alle norme oggetto del procedimento che ha dato origine al processo costituzionale (qui il solo art 44 ABGB, oltre quelle- l’intera EPG – oggetto del rinvio d’ufficio del 12.10.17), norme che possono essere annullate in caso di contrasto con la Costituzione federale, purché le altre norme esistenti non assumano un significato completamente diverso. Ebbene tale mandato, per il principio di interpretazione complessiva delle norme dell’ordinamento austriaco[8], non sempre può essere espletato pienamente, proprio perché il venir meno delle norme incostituzionali quasi sempre fa assumere alle altre norme dell’ordinamento un significato diverso. In questo caso, aggiunge la Corte, occorre porre in luce quale sia la finalità principale, tra la finalità di conservare inalterato l’ordinamento vigente dopo la decisione di annullamento per incostituzionalità e quella di eliminare le norme incostituzionali dal medesimo ordinamento.

Indubbiamente, l’eliminazione di una norma che contrasti in modo grave con il principio di uguaglianza (more…)

Il caso della “torta nuziale” arriva alla Corte Suprema. Il punto sul same-sex marriage negli Stati Uniti a due anni dalla sentenza Obergefell

di Angioletta Sperti*

 

Sono trascorsi esattamente due anni dalla storica sentenza Obergefell v Hodges[1] in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha riconosciuto alle coppie dello stesso sesso la possibilità di contrarre matrimonio in tutto il territorio nazionale. Come si ricorderà, muovendo dalla natura fondamentale del diritto al matrimonio, a prescindere da qualsiasi caratteristica personale degli sposi, la Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale la disposizione del Defense of Marriage Act 1996 (DOMA) che ancora consentiva ad alcuni Stati di negare alle coppie dello stesso sesso l’accesso al matrimonio o il riconoscimento dei matrimoni celebrati in altri Stati dell’Unione.

Obergefell – pur rappresentando una storica vittoria dei movimenti LGBT di tutto il mondo – non rappresenta certamente la fine della lotta contro le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale negli Stati Uniti. Lo stesso James Obergefell, in un’audizione al Congresso[2] dopo la sentenza, ha sollecitato il legislatore americano a vigilare poiché – ha dichiarato – “è di importanza cruciale che il diritto costituzionale al matrimonio non venga oggi sminuito”. Il suo appello al Congresso riporta alla memoria la lunga vicenda della lotta contro la segregazione che la Corte Suprema dichiarò incostituzionale in un’altra, storica sentenza del 1954 Brown v Board of Education. A dieci anni dalla pronuncia la segregazione sopravvisse in molti Stati del “profondo Sud” (Arkansas, Alabama, Mississippi) grazie anche alla stessa Corte Suprema che rimise l’attuazione dei principi formulati nel caso Brown alla discrezionalità degli Stati, “with all delibate speed”. Solo l’intervento del Congresso – con il Civil Rights Act del 1964 – pose fine alle resistenze di alcuni Stati, fornendo al governo federale concreti strumenti giuridici (e leve finanziarie) per contrastare la segregazione razziale.

Questo breve commento intende fornire un quadro del seguito giurisprudenziale (e legislativo) della sentenza Obergefell con la sintetica premessa che negli Stati Uniti le resistenze al matrimonio egualitario operano oggi essenzialmente su tre fronti: quello del contrasto all’introduzione – a livello statale – di divieti di discriminazione verso le persone LGBTI; quello della tutela della libertà religiosa, ed infine, su quello dell’obiezione di coscienza.

a) Il contrasto all’introduzione di divieti di discriminazione sull’orientamento sessuale: Una prima forma di “resistenza” ad Obergefell è stata (more…)

La sentenza colombiana che riconosce il diritto al matrimonio

di Roberto De Felice*

Pubblichiamo la traduzione a cura di Roberto De Felice dell’importante sentenza della Corte costituzionale colombiana del 28 aprile 2016, depositata il 30 giugno 2016 (qui la sentenza con la massima in italiano a cura di De Felice) che riconosce il diritto al matrimonio per le coppie same sex. Poiché si tratta di una decisione assai corposa (sono circa 250 pagine) ed assai dotta, di estremo interesse per l’approfondimento degli argomenti, per agevolarne la lettura l’Autore ne ha tradotto i punti essenziali, premettendo e talora intercalando il sunto di altre parti (gli ampi stralci della decisione oggetto di traduzione sono facilmente identificabili in quanto trascritti in corsivo).

 

 

1.La occasio litis: la azione di tutela dei diritti fondamentali

Con la storica decisione del 28 aprile 2016 numero 214 depositata il 30 giugno successivo, la Corte Costituzionale della Colombia, interpretando e superando una propria precedente decisione, la numero 577 del 2011, ha stabilito che, ai sensi della Costituzione (Carta Polìtica) di quella Nazione le coppie dello stesso sesso hanno diritto a celebrare i propri matrimoni, che per il locale ordinamento sono dei contratti, tanto per atto di notaio, quanto avanti i giudici della Repubblica, e gli ufficiali dello stato civile, a loro volta, sono obbligati a provvedere a tale incombente su richiesta degli interessati.

La sentenza rivede sei decisioni su azioni di tutela rese da giudici della nazione. L’azione di tutela, prevista dall’articolo 86 della Costituzione della Colombia, consente a ogni interessato di richiedere al giudice ordinario la tutela dei propri diritti fondamentali lesi da un atto della pubblica autorità. La Procura Generale della Nazione è considerata tra i soggetti legittimati a proporre l’azione di tutela. La procedura è estremamente spedita: il Tribunale, all’esito di una sommaria istruttoria, si pronuncia con sentenza, soggetta al rimedio dell’appello. Il giudice di primo o secondo grado che concluda il procedimento, negando o accordando la tutela dei diritti fondamentali richiesta dai ricorrenti, trasmette, al termine del processo, gli atti alla Corte Costituzionale, la quale può discrezionalmente pronunciarsi in merito all’azione stessa. In questo caso la Corte ha rivisto sei decisioni prese da vari giudici della Colombia in ordine alla pretesa di sei coppie omosessuali di celebrare o far registrare il proprio matrimonio da parte di uno dei pubblici ufficiali competenti. La Corte ha reso in Adunanza Plenaria[1] una sentencia di unificaciòn, con funzioni nomofilattiche stante la natura e l’importanza della questione e le relative incertezze interpretative.

Sezione 1. Il precedente della condanna del Parlamento a legiferare sulle coppie omosessuali: C. Cost 577/11. Le sei azioni di tutela riviste in questa decisione

 (a)      Celebrazione del matrimonio. Competenze dei giudici e del notaio, e dell’ufficiale di Stato Civile

 Si ricorda che la sentenza 577 del 2011 della Corte Costituzionale aveva rilevato una profonda disparità di trattamento tra le coppie eterosessuali e le coppie omosessuali, alle quali ultime era precluso il matrimonio e aveva, con singolare dispositivo, condannato il potere legislativo a legiferare entro il 20 giugno del 2013. In difetto di ogni decisione in materia, come in effetti si è verificato, la Corte, nella medesima sentenza 577, precisava che dal giorno della scadenza di tale termine tali coppie potessero celebrare il proprio vincolo davanti ai pubblici ufficiali sopra menzionati. Il matrimonio è un contratto (art 113 cc) che richiede lo scambio dei consensi avanti a tali pubblici ufficiali (art 115 cc); in particolare è competente il Giudice[2] (art 126 cc) cui si propone richiesta che indichi tale proposito e le generalità proprie e dei genitori, che è soggetta a pubblicazione mediante editto (artt. 126 e 130 cc) per quindici giorni; il Giudice decide immediatamente sulle opposizioni alle nozze e in caso che nulla osti le celebra (art 135 cc). L’atto è quindi iscritto da un notaio nel registro dello stato civile, o, fuori da una sede notarile, da un funzionario dell’Ufficio Nazionale del Registro di Stato Civile.

(b)     Il diniego di un notaio a procedere alla celebrazione.

Nel primo caso le parti si erano opposte al diniego (more…)

Dopo le unioni civili: Davide contro Golia e i percorsi di eguaglianza

La Legge 20 maggio 2016, n. 76 é stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale e dal 5 giugno 2016 sarà in vigore.

In questo appassionato contributo, Francesco Rizzi invita adesso ad una riflessione obiettiva sul significato  di questa legge nel percorso verso l’uguaglianza e sull’uso strategico del diritto. Il diritto, infatti, al di là delle intenzioni soggettive dei legislatori, è soprattutto il risultato della sua applicazione e della sua interpretazione. Se ci limitassimo al diritto quale norma emanata dal potere legislativo, Golia vincerebbe sempre. 

di Francesco Rizzi*

L’introduzione – con tanto ritardo – della legge sulle unioni civili nel nostro paese è l’occasione per osservare e discutere alcuni aspetti rilevanti che caratterizzano l’iter giuridico di affermazione dei diritti civili e dell’eguaglianza nelle moderne democrazie. Questi aspetti, che confluiscono nel contenitore Diritto, non hanno, esclusivamente e ab origine, natura giuridica, ma assumono significato giuridico tanto nel processo di mobilitazione sociale e dibattito pubblico che precede l’adozione della legge, quanto una volta che la legge è approvata e viene poi applicata.

Il focus delle riflessioni che seguono non si concentrerà su una puntuale ricostruzione delle previsioni della nuova normativa – che verranno considerate indirettamente[1]. L’analisi di questo commento sarà indirizzata a considerare il ruolo degli attori istituzionali e sociali che, a diverso titolo, hanno contribuito all’introduzione dell’istituto delle unioni civili, il loro approccio al tema nella fase di adozione e nella fase successiva all’adozione della legge e la capacità che essi hanno nell’assegnare un significato tanto sostanziale quanto simbolico alle norme di diritto.

Il presupposto da cui muovono queste riflessioni è l’idea che, anche di fronte ad una legge che mantiene discriminazioni ed esclusioni e che non positivizza quindi la piena eguaglianza giuridica tra coppie dello stesso sesso e coppie di sesso diverso, si possa fare leva su quello che la normativa prevede per ampliare, radicare e rafforzare le tutele. L’obiettivo che si deve perseguire d’ora in avanti è quello di costruire una società e un sistema giuridico capaci di riconoscere i modelli nuovi e diversi di coppia e famiglia, accoglierli, accettarli e rispettarli, rendendoli quindi davvero eguali, per il diritto, a quelli maggioritari. Il potere di raggiungere questo fine, di migliorare le cose in termini giuridici, di aggiungere a questo primo passaggio, è degli interests groups, ovvero di quelle associazioni della società civile che militano per promuovere il cambiamento e che, mobilitandosi, si trasformano in nomic communities[2].

La legge Cirinnà è il risultato di lunghe lotte da parte del movimento LGBT italiano che, di fronte ad una società poco sensibile e un legislatore negli anni poco interessato, per convenienza politica, a prendere posizione sul tema dei diritti civili come invece accadeva nelle altre democrazie, ha messo in atto diverse forme di mobilitazione sociale, dalle manifestazioni in piazza, al contenzioso giudiziario, alle campagne di sensibilizzazione e alle iniziative di lobby legislativa[3]. Poi il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali è divenuto una questione politica dei partiti e delle forze extraparlamentari capaci di influenzarli[4]. A questo punto, che il principio di eguaglianza sia rispettato appieno solo quando situazioni uguali sono trattate in modo uguale, quando quindi l’orientamento sessuale non sarà rilevante per determinare l’accesso al matrimonio, all’adozione, ai benefici sociali legati all’essere coppia e famiglia, passa in secondo piano. Il compromesso politico fagocita il principio giuridico, lo distorce e lo asservisce ai propri scopi[5]. Le battaglie giuridiche d’eguaglianza si trasformano in percorsi graduali e accidentati che raramente raggiungono immediatamente l’obiettivo ideale (more…)

La decisione più importante: ecco la traduzione italiana della sentenza americana

È connaturato all’ingiustizia che noi non possiamo sempre notarla nei nostri tempi”

La limitazione del matrimonio alle coppie eterosessuali può essere sembrata naturale e giusta per lungo tempo, ma la sua incompatibilità logica con il significato centrale del diritto fondamentale di sposarsi è ora manifesta”

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Pubblichiamo la traduzione italiana del testo integrale della decisione della Corte suprema degli Stati uniti, OBERGEFELL V HODGES,  del 26 giugno 2015, Opinione della maggioranza (giudice A. Kennedy) a cura dell’avv. Roberto De Felice avvocato dello Stato, che sentitamente ringraziamo per l’incredibile e celere lavoro.

La lettura anche in italiano di questo testo, che rappresenta un punto di svolta per la storia dei diritti lgbti e più in genere dei diritti civili, influenzerà certamente il dibattito giuridico in tutto il mondo.

La sentenza, come spesso accade per le decisioni di common law, è una lettura semplice ed avvincente, anche per chi non ha competenze giuridiche, che ripercorre le storie di queste coppie, ne narra le vicissitudini (sino al decesso di alcuni coniugi), ne descrive le esigenze e spiega con profondità le ragioni, storiche, culturali, politiche e giuridiche, che coducono oggi la Corte suprema degli Stati uniti ad un punto di svolta.

I principi di diritto, di eguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge, di protezione degli individui, dignità personale, diritto a costruire una famiglia, diritto al matrimonio, sono gli stessi in tutti i Paesi a civiltà giuridica affine alla nostra, e dunque validi e destinati ad essere vagliati anche per l’indagine giuridica nel nostro Paese.

Grazie ancora, dunque, all’avvocato dello stato Roberto De Felice.

(M.G.)

Corte suprema degli Stati uniti, OBERGEFELL V HODGES, decisione del 26 giugno 2015 – Opinione della maggioranza (giudice A. Kennedy) – traduzione it. di Reberto De Felice per ARTICOLO29 www.articolo29.it

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La Corte Suprema riconosce il diritto costituzionale al matrimonio delle persone gay e lesbiche

Con una sentenza storica, attesa da decenni da tutta la comunità gay e lesbica americana e non solo, la Corte Suprema degli Stati Uniti mette la parola fine ad una delle vicende più combattute e sofferte nella storia dei diritti civili, riconoscendo il diritto costituzionale delle persone gay e lesbiche di sposarsi. Tra i motivi più significativi per il riconoscimento del diritto al matrimonio, la Corte ricorda “che esso tutela i bambini e le famiglie e per questo trae significato dal diritto di procreare, di crescere ed educare i figli”. “In base alle leggi statali, alcune delle tutele per i bambini derivanti dal matrimonio sono di natura materiale. Ma dando riconoscimento e stabilità sul piano giuridico alle unioni tra i loro genitori, il matrimonio permette anche ai bambini di comprendere l’integrità e l’intimità della propria famiglia e la sua armonia con le altre famiglie della loro comunità e della loro vita quotidiana. Il matrimonio permette, inoltre, quella stabilità e permanenza che è importante per la tutela degli interessi del bambino”. Dopo aver, dunque, richiamato la realtà delle molte coppie omosessuali con figli, la maggioranza conclude che “escludere le coppie dello stesso sesso dal matrimonio contraddice una premessa centrale dello stesso diritto al matrimonio. Senza il riconoscimento, la stabilità, e la prevedibilità che il matrimonio offre, i loro bambini soffrono lo stigma derivante dal ritenere le loro famiglie come qualcosa di minore importanza. … Le leggi sul matrimonio che vengono in considerazione ai fini di questa pronuncia dunque danneggiano ed umiliano i bambini delle coppie dello stesso sesso”. Anche per questo i giudici americani ritengono indispensabile il loro intervento anche contro la volontà del Legislatore, perché “Gli individui non possono attendere l’azione del legislatore perché sia loro riconosciuto un diritto fondamentale”. “L’idea della Costituzione è quella di sottrarre certi temi alle vicissitudini della lotta politica e di porli oltre la portata delle maggioranze e dei funzionari pubblici”.

di Angioletta Sperti*

Con un’attesissima sentenza, Obergefell v. Hodges[1], la Corte Suprema degli Stati Uniti ha messo la parola fine a  più venti anni di lotta da parte delle coppie dello stesso sesso per il riconoscimento del proprio diritto al matrimonio in tutti gli Stati Uniti.

L’opinione della Corte, sostenuta da una maggioranza di 5 giudici su 4 e di cui è estensore il giudice Kennedy, conclude che gli Stati non hanno, in base al XIV Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti (in cui trovano espressione i principi dell’equal protection under the laws  e del due process of law),  né il diritto di negare licenze di matrimonio alle coppie dello stesso sesso, né quello di vietare, in base alla § 2  del Defense of Marriage Act[2](DOMA), il riconoscimento dei matrimoni “legalmente autorizzati e contratti” in altri stati dell’Unione.

La sentenza apre dunque al riconoscimento del diritto al matrimonio same-sex in tutti gli Stati dell’Unione. Prima della decisione, infatti, il diritto delle coppie omosessuali di unirsi in  matrimonio era riconosciuto in 36 dei 50 Stati.

L’antefatto giurisprudenziale.

Prima di ripercorrere le principali affermazioni della sentenza e tentarne un commento a caldo, occorre svolgere una breve premessa e ricordare che la sentenza rappresenta l’epilogo di una lunga e complessa vicenda giurisprudenziale iniziatasi nel 1993 quando, per la prima volta al mondo, la Corte Suprema dello stato delle Hawaii – in Baehr v. Lewin[3]riconobbe che la limitazione del matrimonio alle sole coppie eterosessuali rappresenta un’illegittima discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, in violazione della Costituzione statale.

La pronuncia – del tutto isolata nel panorama giurisprudenziale e ancora distante dalla sensibilità del paese – suscitò un’accesa reazione sia a livello federale che nei singoli Stati: si temeva, infatti, che una volta ammessi i matrimoni same-sex in uno degli Stati, potesse derivarne la necessità di un riconoscimento sia a livello federale che da parte delle amministrazioni di tutti gli altri Stati. Per questo motivo, nel 1996, l’amministrazione Clinton sostenne in Congresso una proposta di legge, con l’intento di “definire e difendere il tradizionale istituto del matrimonio eterosessuale”[4]. La legge, dal titolo Defence of Marriage Act,  si proponeva di “definire e difendere il tradizionale istituto del matrimonio eterosessuale”[5] attraverso due centrali disposizioni: la § 2 –ora dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema –  che consentiva, come già ricordato, agli Stati di non riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati in altri Stati e, la sect. 3, che disponeva che a livello federale la parola “matrimonio” dovesse essere riferita alla sola coppia di sesso diverso ed il termine “coniuge” al marito o alla moglie di sesso opposto[6].

Quest’ultima disposizione fu dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema nel 2013, nel ben noto caso United States v. Windsor[7], di cui fu peraltro estensore lo stesso giudice Kennedy.Tuttavia, la pronuncia ritenne estranea all’oggetto del giudizio la definizione del potere degli Stati di ammettere e riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso e lasciò dunque impregiudicata la questione di legittimità costituzionale della § 2 del DOMA e, conseguentemente, quella relativa ai numerosi emendamenti costituzionali ed alle leggi ordinarie che, sin dalla fine degli anni Novanta, molti Stati  si erano affrettati ad adottare per vietare i matrimoni same-sex ed impedire il riconoscimento di quelli celebrati in altri Stati dell’Unione. (more…)

Matrimonio, unione civile tra persone dello stesso sesso e Costituzione tedesca

Mentre in Italia si accende la discussione sul progetto di legge sulle unioni civili ispirato al modello tedesco, pubblichiamo un interessantissimo contributo su matrimonio, unioni civili e Costituzione in Germania.
Anne Sanders, professore associato a Bonn e già assistente presso la Corte costituzionale tedesca, ricostruisce in dettaglio l’evoluzione delle nozioni di famiglia e di matrimonio, discutendo i presupposti ed i limiti delle unioni civili introdotte in Germania nel 2001 (Lebenspartnerschaft), con ampi riferimenti alla storia sociale, alla dottrina giuridica ed all’evoluzione giurisprudenziale, dalla Repubblica di Weimar ai giorni nostri, sino alle recenti proposte di apertura del matrimonio alle coppie dello stesso sesso.
Dallo studio emerge, fra l’altro, come tanti dei temi oggi discussi in Italia siano stati già affrontati (e positivamente) risolti dalla dottrina tedesca e dalla giurisprudenza della Bundesverfassungsgericht ai tempi dell’emanazione della legge sulle unioni civili (Lebenspartnerschaft, 2001) e come oggi il dibattito sia tutt’altro che chiuso con riguardo alla questione della discriminazione matrimoniale.
La, impeccabile, traduzione dall’inglese è di Giacomo Viggiani,
assegnista di ricerca in diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Bergamo, che ringraziamo vivamente e cui va tutto il merito di questo tentativo di fornire al lettore italiano una informazione più approfondita su cosa accade oltre i nostri confini.
Un sentito ringraziamento va, ovviamente, soprattutto all’illustre Autrice ed alla prestigiosa German Law Review che hanno autorizzato la pubblicazione.

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 di Anne Sanders

A.    Introduzione

Il matrimonio oggi non riguarda soltanto interessi privati; è anche un importante strumento giuridico e politico. La questione di quale sia oggi il significato del matrimonio e se debba essere aperto alle unioni di persone dello stesso sesso è oggetto di dibattito in tutto il mondo. In molti stati, per esempio in Germania e negli Stati Uniti, tali questioni non sono solo dibattute nell’agone politico, ma anche all’interno del diritto costituzionale. In questo articolo ricostruirò lo sviluppo del modo in cui il matrimonio è stato interpretato in relazione alla Costituzione tedesca e discuterò criticamente l’approccio della legge tedesca al matrimonio tra persone dello stesso sesso.

La Corte Federale Costituzionale tedesca (Bundesverfassungsgericht, da ora in poi BVG) ha celebrato il suo sessantesimo anniversario nel settembre 2011. Dal 1951, la Corte non ha solo avuto una considerevole influenza sul diritto amministrativo e penale, ma anche sul diritto di famiglia. Potrebbe essere sorprendente per un lettore non tedesco comprendere che non tutte le costituzioni includono previsioni riguardo al matrimonio ed alla famiglia nella forma di diritti umani garantiti a tutti. La Legge Fondamentale, comunque, garantisce questi diritti nell’Articolo 6.

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Cassazione francese: il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso è contrario all’ordine pubblico

Con decisione del 28 gennaio 2015 n. 19 la Corte di cassazione francese ha stabilito che il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso è contrario all’ordine pubblico internazionale. Nell’ipotesi oggetto della decisione, un cittadino francese ed un cittadino  marocchino, entrambi residenti in Francia avevano chiesto autorizzazione al matrimonio nonostante la legge del Marocco – richiamata dalla Convenzione franco-marocchina del 10 agosto 1981 che rinvia alla legge nazionale dei nubendi – vieti il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

La Cour de cassation nega tuttavia che nel caso di specie la Convenzione internazionale possa prevalere sul diritto interno, che come noto dal maggio 2013 consente il matrimonio same-sex,  in quanto il principio di libertà matrimoniale configura adesso principio di ordine pubblico internazionale.

È l’ulteriore riprova del carattere mobile dei principi di ordine pubblico internazionale (diretti, come noto, ad evitare che entrino nell’ordinamento giuridico soluzioni normative estere incompatibili con i principi generali dell’ordinamento funzionali alla protezione dei diritti fondamentali). L’ordine pubblico internazionale – identificato «con i principi fondamentali che caratterizzano l’ordinamento in un determinato momento storico (more…)

Alcune considerazioni sulla decisione della Corte Suprema di pronunciarsi nuovamente sul matrimonio tra persone dello stesso sesso

 di Angioletta Sperti*

 La Corte Suprema degli Stati  Uniti – come già segnalato da Articolo29[1] – ha accettato di pronunciarsi in via definitiva sul diritto delle coppie omosessuali di contrarre matrimonio in tutto il territorio degli Stati Uniti e di ottenere il riconoscimento nel proprio Stato di residenza del matrimonio contratto in un altro Stato dell’Unione. La sentenza, attesa per la fine del mese di giugno 2015 – quale che sia il suo esito – sarà sicuramente la più rilevante pronuncia sul riconoscimento dei diritti civili degli ultimi decenni ed è dato presumere che essa eserciterà una notevole influenza anche al di fuori dei confini degli Stati Uniti.

Il writ of certiorari[2]  della Corte Suprema è stato accolto positivamente dai numerosi movimenti per i diritti delle coppie omosessuali che sperano nella conclusione della loro lunga battaglia per il riconoscimento del diritto al matrimonio per le coppie dello stesso sesso in tutto il territorio degli Stati Uniti[3]. La stessa amministrazione Obama ha peraltro manifestato apprezzamento per la decisione della Corte Suprema ed ha dichiarato l’intenzione di depositare come amicus curiae una memoria a sostegno della tesi dell’incostituzionalità dei same-sex marriage bans e per il pieno riconoscimento del diritto delle coppie omosessuali di sposarsi[4].

La questione oggetto del giudizio

La Corte ha, in particolare, concesso il certiorari su quattro ricorsi proposti da coppie dello stesso sesso residenti in Kentucky, Michigan, Ohio e Tennessee (more…)

AUTORECENSIONI/ Omosessualità, eguaglianza, diritti. Desiderio e riconoscimento

getImage.phpContinua su ARTICOLO29 la presentazione delle iniziative editoriali in materia di orientamento sessuale ed identità di genere. Fra i numerosissimi volumi usciti in Italia negli ultimi tempi, il libro curato da Angelo Schillaci si distingue certamente grazie ai molti temi affrontati ed alla profondità dell’analisi giuridica.

di Angelo Schillaci*

Il volume nasce da una esperienza di collaborazione maturata per più di un anno all’interno di un gruppo di giovani giuristi (docenti, ricercatori e avvocati), e propone una disamina delle principali questioni legate alla protezione delle persone omosessuali e della loro vita familiare, riorganizzando – per tematiche trasversali – il materiale proveniente dall’esperienza giuridica interna, internazionale e comparata, affrontando la questione omosessuale nell’ottica dell’intreccio tra dignità, libertà, e riconoscimento.
Il volume è diviso in tre sezioni. La prima affronta le principali questioni legate alla protezione delle persone omosessuali, con riferimento, in particolare, alla protezione costituzionale dell’identità sessuale (Cap. I. A. Ratti), al riconoscimento dello status di rifugiato in ragione dell’orientamento sessuale (Cap. II, A. Ciervo), alla repressione penale dell’omofobia (Cap. III, A. Cerrone) e alla protezione dei dati personali relativi all’orientamento sessuale (Cap. IV, J. L. Jiménez Ruiz). (more…)

Mariage pour tous e obiezione di coscienza in Francia

Con la legge n. 2013-404, fortemente voluta dal Governo francese e in particolare dalla Garde des sceaux Christiane Taubira, viene introdotto il matrimonio per le coppie dello stesso sesso nell’ordinamento giuridico francese. Senza rimodellarne contenuto e disciplina giuridica, il matrimonio previsto per le coppie eterosessuali è stato esteso tout court anche alle coppie omosessuali, ivi compreso il diritto di adottare in capo ai coniugi. Ma cosa accade se i soggetti incaricati di celebrare le nozze au nom de l’État si trovano nell’impossibilità morale di farlo, perché queste nozze contrastano con le loro convinzioni? Più in generale, è possibile riconosce un’ipotesi di esercizio del diritto all’obiezione di coscienza in capo a chi è chiamato ad assicurare un diritto?

 di Michele Saporiti*

1. Il caso giudiziario

Per garantire un’applicazione uniforme della legge n. 2013-404, il Ministro degli Interni francese indirizza una circolare ufficiale a tutti i prefetti, descrivendo minutamente le conseguenze legali del rifiuto di celebrare le nozze tra persone dello stesso sesso. In questa circolare ministeriale si afferma, senza lasciare adito ad incomprensioni, che tutti gli officiers de l’état civil esercitano tali funzioni in nome dello Stato. Tali funzioni possono essere quindi delegate ad un membro del consiglio comunale nella sola ipotesi di assenza o di impedimento legittimo del sindaco o del suo vice. Nessuna eccezione può essere tollerata. Com’è facile immaginare, questa circolare faceva seguito alle affermazioni di un significativo numero di sindaci francesi, i quali avevano pubblicamente dichiarato che non avrebbero mai officiato le c.d. “nozze gay”, anche se previste da una legge del Parlamento.

Di fronte al tenore della circolare, (more…)

La Corte Suprema dà (implicitamente) il via libera alla celebrazione dei matrimoni same-sex in cinque Stati: uno stringato order che ha il sapore di una decisione storica

Con una decisione fulminea, assolutamente inattesa con tanto tempismo, la Corte Suprema degli Stati Uniti non ha ammesso i ricorsi presentati da cinque Stati (Indiana, Oklahoma, Utah, Virginia e Wisconsin) contro la rimozione del divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso. Così facendo, la Corte non ha assunto una decisione definitiva sulla compatibilità del divieto di matrimonio con la Costituzione federale, che porterebbe all’apertura del matrimonio in tutti gli Stati Uniti d’America, ma ha deciso di non interferire, al momento, con i processi in corso nei singoli Stati. La decisione, comunque, ha effetti davvero dirompenti. Nel corso dell’ultimo anno, infatti, ben 39 sentenze emesse da varie Corti avevano annullato le leggi statuali che definivano il matrimonio come unione fra uomo e donna (per la raccolta delle decisioni, con le massime in italiano, vedi www.articolo29.it/diritto-comparatodecisioniorientamento-sessualematrimonio). Con la decisione della Corte Suprema di non interferire con queste decisioni, passano così da 19 (California, Connecticut, Delaware, Hawaii, Illinois, Iowa, Maine, Maryland, Massachusetts, Minnesota, New Hampshire, New Jersey, New Mexico, New York, Oregon, Pennsylvania, Rhode Island, Vermont e Washington) a 24 gli Stati americani in cui il matrimonio è già accessibile a tutti e tutte e, soprattutto, si crea un precedente che porterà a sicure decisioni conformi in altri Stati (West Virginia, North Carolina, South Carolina, Kansas, Colorado e Wyoming).  A breve, quindi, sarà possibile sposarsi in ben 30 Stati su 50 (oltre che nel distretto della capitale, Washington DC). Ed ulteriori effetti sono attesi anche in altri Stati: uno stringato order che ha il sapore di una decisione storica.

di Angioletta Sperti*

Con uno stringato order[1], privo come di consueto di motivazione, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha negato ieri il certiorari delle pronunce di tre Corti di Appello federali le quali, negli scorsi mesi, hanno unanimemente concluso per l’illegittimità costituzionale di alcuni divieti statali di celebrazione e di riconoscimento dei matrimoni same-sex. La decisione della Corte Suprema riguarda, in particolare, i ricorsi presentati contro le sentenze delle Corti di appello del IV, VII e X Circuit, relative – rispettivamente – all’illegittimità costituzionale dei same-sex marriage bans in vigore in Virginia[2], Indiana [3], Wisconsin[4], Utah[5] e Oklahoma[6].

In attesa della propria decisione sull’emissione o il diniego del certiorari, negli scorsi mesi la stessa Corte Suprema aveva sospeso (stay) gli effetti delle pronunce delle tre Corti di Appello: il certiorari denial ha, dunque, come primo effetto immediato la possibilità per le autorità statali di dar seguito alle sentenze.  A distanza di poche ore dalla decisione della Corte Suprema, infatti, l’Attorney General dello Stato della Virginia (che aveva (more…)

Autorecensioni/Fabrizio Mastromartino: Il matrimonio conteso. Le unioni omosessuali davanti ai giudici delle leggi

_CopertinaCon un testo appena uscito a fine 2013, la dottrina italiana torna ad affrontare la questione del matrimonio e la sentenza della Corte costituzionale n. 138 del 2010. Il bel saggio di Fabrizio Mastromartino ha però il vantaggio di potersi avvalere, e di descrivere e commentare con inusuale approfondimento ed ingegno, due fra le decisioni più interessanti ed attese degli ultimi anni: quella della Corte costituzionale spagnola (che nel novembre 2012 ha confermato la famosa ley 15/2005) e quella della Corte Suprema degli U.S.A. (che nel giugno 2013 ha dichiarato l’incostituzionalità del D.O.M.A.). Dal confronto fra le strutture motivazionali delle tre decisioni l’Autore conclude come a fondamento della decisione italiana non paiano emergere «cogenti motivi di ordine tecnico-giuridico, ma solo opinabili ragioni di carattere ideologico». La tradizione giuridica italiana non si differenzia in nulla dal resto del mondo occidentale in quanto a tutela dei diritti umani fondamentali e «l’art. 29 della Costituzione italiana ben si presta ad una definizione gender-neutral volta a meglio comprendere le trasformazioni sociali e culturali che in anni recenti hanno interessato il concetto di famiglia e l’istituto giuridico del matrimonio». Le corti dialogano fra loro e si influenzano e chissà che anche la Corte costituzionale italiana non finisca con l’allinearsi, se le sarà data occasione, ai principi enunciati dalle altre alte Corti. 

di Fabrizio Mastromartino*

 «Si presume […] che la legge non debba fare alcuna parzialità fra le persone, ma debba anzi trattarle tutte allo stesso modo, salvo quando una disparità di trattamento s’imponga per ragioni concrete di giustizia o di opportunità politica». John Stuart Mill affermava questa massima, che racchiude il significato della dimensione formale dell’eguaglianza, in un celeberrimo pamphlet (The subjection of women), riferimento ineludibile per la ribalta che la questione femminile avrebbe progressivamente conquistato nei decenni successivi. Brillantemente argomentato, in vibrante polemica con la tradizione, lo scritto di Mill, apparso nel 1866, ha rappresentato un’insuperata denuncia della disparità (giuridica) tra i sessi, al suo tempo istituzionalmente sanzionata dalla disciplina legale del matrimonio. (more…)

Lo stop della High Court australiana: le motivazioni della sentenza che ha bocciato il Marriage Equality Act

Con la sentenza n. 55 del 12 dicembre 2013 la High Court of Australia ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge che dal 7 dicembre 2013 consentiva il matrimonio nel territorio della capitale australiana, Canberra. La battuta d’arresto é motivata esclusivamente su questioni inerenti alla ripartizione dei poteri tra lo Stato federale ed i territori federati, che non hanno competenza in materia di definizione del matrimonio. Secondo la Corte, l’eventuale apertura del matrimonio é di competenza del Parlamento federale.

di Daniele Papa*

1. Premessa

Il Marriage Equality Act, approvato dall’Assemblea legislativa dell’Australian Capital Territory – ente territoriale dello Stato federale australiano (d’ora in avanti ACT) – ha legalizzato il same sex marriage. Dal 7 dicembre 2013 è stato così possibile celebrare le prime nozze gay in Australia.

Tale atto normativo è stato oggetto di accesi dibattiti in ambito politico e nell’opinione pubblica, che hanno portato alla sua impugnazione. Già durante l’avanzamento dell’iter legislativo, il Governo federale aveva manifestato la propria contrarietà (more…)

La Corte di Strasburgo e la eteronormatività: una indagine comparativa delle sentenze Schalk and Kopf e X and Others contro Austria

 

In questo intervento Silvia Falcetta, dottoranda in sociologia del diritto, analizza in una prospettiva sociologico-giuridica due sentenze cardine della più recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in tema di matrimonio fra persone dello stesso sesso e omogenitorialità, leggendo le motivazioni dei giudici alla luce del concetto sociologico di eteronormatività, analizzato nella prima parte dell’intervento, allo scopo di mostrarne l’influenza nell’operato della Cedu.

di Silvia Falcetta *

1. Introduzione

Le sentenze Schalk and Kopf v. Austria e X and Others v. Austria hanno acquisito rilevanza primaria nell’indicare il grado di apertura e di attivismo giudiziale della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di matrimonio egalitario e second-parent adoption, rivendicazioni centrali nella piattaforma programmatica dei movimenti omosessuali europei.

In questa nota adotto una prospettiva sociologico-giuridica, analizzando l’operato delle Corti alla luce del concetto di “eteronormatività”, nozione centrale per il femminismo radicale e i gay and lesbian studies, (more…)

Autorecensioni/ Omosessualità e diritti. I percorsi giurisprudenziali e il dialogo globale delle Corti costituzionali

ImmagineMentre nel dibattito pubblico si riaccende la disputa sulla via più sicura e veloce verso la rimozione della discriminazione matrimoniale, il 31 gennaio arriva in libreria un volume di grande interesse che ripercorre con intelligenza ed interessanti spunti critici la storia dell’evoluzione giurisprudenziale a livello globale in materia di riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali e delle coppie dello stesso sesso.

di Angioletta Sperti *

Negli ultimi quindici anni, il tema dei diritti degli omosessuali e delle coppie dello stesso sesso ha assunto una dimensione globale e si può ragionevolmente sostenere che quello per i diritti degli omosessuali costituisca il fronte più caldo nelle rivendicazioni dei diritti civili del nostro tempo. In questo confronto, le Corti costituzionali e supreme operano come gli attori principali, spesso a fronte dell’inerzia dei legislatori e della loro incapacità di operare una sintesi tra posizioni contrapposte. Non può non ravvisarsi nell’attuale “stagione dei diritti” degli omosessuali, un’ulteriore manifestazione del successo a livello globale dei giudici (la cd. judicialization), chiamati spesso a risolvere questioni che in passato (more…)

Matrimonio tra persone dello stesso sesso e denaturalizzazione della norma. Elementi di riflessione a partire dal dibattito francese sul «Mariage pour tous»

 

Il «mariage pour tous» e la Francia: un’analisi attenta della gestazione e della nascita di una legge che ha coinvolto per mesi un Paese intero. La sociologa Sara Garbagnoli ci racconta da Parigi il movimento in favore dell’apertura del matrimonio, gli ondeggiamenti ed i ripensamenti degli intellettuali e del Partito socialista, i passaggi parlamentari ed il problema dell’obiezione di coscienza dei sindaci (poi definitivamente superato dalla Corte costituzionale), le reazioni della Conferenza episcopale francese, le «Manif pour tous» e l’ascesa della sua eccentrica leader Frigide Barjot, i gruppi di estrema destra e le aggressioni omofobe, la perseveranza della Guardasigilli Christiane Taubira e le critiche della filosofa Beatriz Preciado, per una legge che segna un passaggio dirimente e che attira comunque anche critiche, in particolare per la mancata apertura della procreazione medicalmente assistita (che resta consentita alle sole coppie eterosessuali con problemi di sterilità), per la mancata previsione di una presunzione di genitorialità nel corso del matrimonio, per la carenza di regolamentazione della gestazione di sostegno. Ed in effetti l’argomento della difesa della filiazione biologica sembra sostituire nel dibattito pubblico i vecchi argomenti della difesa del preteso ordine naturale della famiglia. Con questo intervento, ARTICOLO29 inizia ad ospitare alcuni contributi di approfondimento sociologico e filosofico sui temi della tutela giuridica dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.(MG).

di  Sara Garbagnoli[1]

Intervento presentato il 21 giugno 2013 al convegno organizzato da Rete Lenford e Amnesty International ai Cantieri della Zisa nell’ambito del Palermo Pride.[2]

 

Ringrazio gli organizzatori del convegno per avermi chiesto di intervenire a questa giornata di studio dedicata a «Il diritto di famiglia tra natura e diritto: Francia, Regno Unito e Italia a confronto». Ho accettato con non poca apprensione l’invito rivoltomi da Antonio Rotelli (non sono giurista e sono ancora dottoranda), ma anche con un grande piacere per ragioni certamente legate alle mie predisposizioni posizionali e alla mia traiettoria di vita (la mia non-eterosessualità, i miei interessi di ricerca – sto, infatti, svolgendo una ricerca presso l’Ehess di Parigi sulle resistenze istituzionali al riconoscimento giuridico del matrimonio tra persone dello stesso sesso in Italia).[3] Tuttavia, mi piace pensare che il fondo del mio interesse trascenda queste determinazioni e questi accidenti esistenziali e si motivi in ragione dell’importanza politica e analitica delle questioni che il tema della giornata solleva e che (le riassumerei così) riguardano e interrogano, da un lato, il modus operandi della norma sessuale  (more…)