di Giacomo Giorgini Pignatiello*
La sentenza con la quale la Corte distrettuale di Sapporo in data 17 marzo 2021 ha censurato l’omissione del Legislatore nipponico, consistente nella mancata previsione di diritti e tutele giuridiche per le coppie dello stesso sesso equivalenti a quelli previsti per il matrimonio eterosessuale, per violazione del principio di eguaglianza (articolo 14 della Costituzione), costituisce un evento degno di nota nella storia dell’ordinamento giapponese[1]. Solo se si considera che nel Paese del Sol Levante l’attuale sistema di giustizia costituzionale, nato con la Costituzione eterodiretta del 1946 e disegnato sulla scorta del modello diffuso statunitense[2], è stato nei suoi oltre sessant’anni anni di attività accusato di “judicial passiveness” (tra il 1947 e il 2016 solamente in 10 casi la legge è stata infatti ritenuta incostituzionale)[3] ed è stato bollato da autorevole dottrina come “failed”[4], si può apprezzare la rilevanza della pronuncia in commento.
La decisione, infatti, avviene in un contesto di recente ma radicale trasformazione del tradizionale atteggiamento di deferenza osservato dalla Corte Suprema giapponese verso il potere legislativo della Dieta, il parlamento bicamerale nipponico, proprio in relazione a questioni sorte in materia antidiscriminatoria e di eguaglianza rispetto al sistema elettorale.
Il giudice Tomoko Takebe, redattore di una pronuncia destinata a far discutere per la propria portata rivoluzionaria, (more…)
Same-sex marriage e omissioni legislative al cospetto della giustizia costituzionale in Giappone
di Giacomo Giorgini Pignatiello*
La sentenza con la quale la Corte distrettuale di Sapporo in data 17 marzo 2021 ha censurato l’omissione del Legislatore nipponico, consistente nella mancata previsione di diritti e tutele giuridiche per le coppie dello stesso sesso equivalenti a quelli previsti per il matrimonio eterosessuale, per violazione del principio di eguaglianza (articolo 14 della Costituzione), costituisce un evento degno di nota nella storia dell’ordinamento giapponese[1]. Solo se si considera che nel Paese del Sol Levante l’attuale sistema di giustizia costituzionale, nato con la Costituzione eterodiretta del 1946 e disegnato sulla scorta del modello diffuso statunitense[2], è stato nei suoi oltre sessant’anni anni di attività accusato di “judicial passiveness” (tra il 1947 e il 2016 solamente in 10 casi la legge è stata infatti ritenuta incostituzionale)[3] ed è stato bollato da autorevole dottrina come “failed”[4], si può apprezzare la rilevanza della pronuncia in commento.
La decisione, infatti, avviene in un contesto di recente ma radicale trasformazione del tradizionale atteggiamento di deferenza osservato dalla Corte Suprema giapponese verso il potere legislativo della Dieta, il parlamento bicamerale nipponico, proprio in relazione a questioni sorte in materia antidiscriminatoria e di eguaglianza rispetto al sistema elettorale.
Il giudice Tomoko Takebe, redattore di una pronuncia destinata a far discutere per la propria portata rivoluzionaria, (more…)