Articoli taggati con Geremia Casaburi
Il nome della rosa (la disciplina italiana delle unioni civili)
3 marzo, 2016 | Filled under italia, matrimonio, OPINIONI, orientamento sessuale, Unioni civili |
Solo il tuo nome è mio nemico
Prendi un altro nome!
Che c’è nel nome?
Quella che chiamiamo rosa,
anche con altro nome avrebbe il suo profumo
Romeo and Juliet, II, 2
Stat rosa pristino nomine, nomina nuda tenemus
Il nome della rosa, Ultimo folio
di Geremia Casaburi*
1. Premessa: da Shakespeare ad Eco
Il senato ha appena approvato la legge che disciplina le unioni civili tra persone dello stesso sesso (ma anche – ed è parte non secondaria – le convivenze di fatto, di cui però non mi occuperò, se non marginalmente), ed appare verosimile (almeno allo stato, certo magmatico, della vita politica italiana) che lo farà anche la Camera (vi è, certo, l’ulteriore incognita della promulgazione del Presidente della Repubblica).
Le coppie omosessuali escono dal limbo della inesistenza giuridica, almeno sul piano normativo (la realtà giurisprudenziale e sociale è molto diversa) ma, come si dirà, non entrano nel Paradiso (?) della piena eguaglianza rispetto a quelle eterosessuali, in quanto – a differenza che in altri Paesi occidentali, anche con ordinamenti molto vicini al nostro – la questione del matrimonio egualitario neppure si è posta.
Se poi il nuovo istituto giuridico, appunto le unioni civili tra persone dello stesso sesso (d’ora in avanti: UC) costituisca o meno (e in che misura) una forma di matrimonio (o meglio, se sia- ed in quale misura- rapportabile a quest’ultimo) è questione controversa, non meramente formale, e che affronterò in questo lavoro; da qui anche il titolo.
Infatti, da un lato, per molti profili, le differenze tra matrimonio e UC sono solo nominali, non di contenuto (more…)
Il Sillabo delle Unioni Civili: giudici, etica di stato, obblighi internazionali dell’Italia
5 novembre, 2015 | Filled under OPINIONI, Unioni civili |
Taluno ha affermato – su sponde opposte (è noto che anche nel movimento LGBTI vi è chi contesta in radice il disegno di legge) – che le unioni civili non sarebbero urgenti, e neppure necessarie; secondo l’Autore, invece, sono in effetti urgentissime ed indispensabili, nel senso di costituzionalmente necessarie ed imposte al nostro Paese dalla Corte europea dei diritti umani. Con una analisi stringente ed a volte pungente, l’Autore critica tuttavia un legislatore “pasticcione” (o forse in mala fede), che ha introdotto la definizione di “formazione sociale specifica” col conclamato proposito di confinare le unioni civili al di fuori della famiglia, senza avere piena consapevolezza che é invece certo che si tratti di famiglie, almeno ove voglia rispettarsi il buon senso ed una concezione pluralistica della nozione di famiglia\famiglie, non contraria all’art. 29 Cost. e non contraddetta dalla stessa Corte Costituzionale. Il legislatore mostra “tutto il suo imbarazzo, o – se si vuole – i condizionamenti cui è sottoposto”, nel tentativo disperato di differenziare il nuovo istituto dal matrimonio, “ricordando un po’ l’imbrattatele che ricoprì le pudenda dei personaggi del giudizio universale di Michelangelo”. Nel contributo sono esposti quindi in dettaglio gli aspetti che appaiono meno convincenti o che rappresentano addirittura ingenui tentativi diretti a differenziare i due istituti, infine rimarcando, tuttavia, come sui due punti oggi più controversi (pensione di reversibilità e filiazione), “molto opportunamente” sia prevista l’applicabilità alle parti dell’unione civile di ogni altra disposizione fuori dal codice civile (che consentirà, quindi, fra l’altro l’estensione dei benefici previdenziali e dunque anche la pensione di reversibilità) e come “la previsione della adozione del figlio del partner – nella sua timidezza – appaia del tutto minimale e ragionevole”, tenendo semplicemente conto dell’interesse di quel minore che, essendo inserito (talora dalla nascita) nella famiglia del genitore biologico, ha instaurato uno stretto legame affettivo con il partner di quest’ultimo. Non mette invece conto “approfondire le proposte, avanzate in sede parlamentare, a quanto consta, di introduzione (in luogo di una pur tanto blanda forma di adozione) di una strana forma di affidamento temporaneo (ma prorogabile fino alla maggiore età) dei figli del partner dello stesso sesso, poiché si tratterebbe, se introdotta, della sublimazione della insipienza giuridica, abbinata alla ipocrisia più conclamata”.
di Geremia Casaburi*
Premessa
I media, pressoché quotidianamente, stanno seguendo le tribolate vicende del, o piuttosto dei, disegni di legge sulla disciplina delle unioni civili tra persone dello stesso sesso (e qui avverto i lettori che da questo lavoro sono bandite le risibili espressioni anglo-esotiche, che stanno infestando la materia, come del resto altri ambiti giuridici. Oltretutto siamo nell’anno centenario del padre Dante).
Francamente non sono del tutto convinto che, almeno in temi brevi, avremo un risultato utile e definitivo, una legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale; o almeno ho forti dubbi che il testo finale corrisponderà a quello, o a quelli, che ora circolano (la montagna potrebbe partorire il tipico topolino italiano). La situazione politica italiana è quella che è, e le forze contrarie a questa o a qualunque disciplina normativa sono fortissime; non si tratta però dei soliti poteri occulti, ma – almeno in primo luogo – di un Potere notissimo, quello che ha la casa madre oltre il Tevere, sotto il cupolone michelangiolesco (non senza improbabili alleati nel campo opposto, da parte di chi pretende tutto, e subito).
Ho perciò richiamato, nel titolo, il Sillabo, ben noto e caro a quegli ambienti. Solo che il primo, e ben più autorevole testo, prendeva di mira, segnalandone gli “errori”, tutti i profili della modernità (libertà di coscienza, laicismo, democrazia ecc.); io ho l’ambizione, più modesta, di muovere da un esame tecnico- giuridico dell’ultimo testo noto del disegno di legge, del (more…)
Luci ed ombre di un recente provvedimento del Tribunale di Palermo
14 maggio, 2015 | Filled under OPINIONI |
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La decisione del Tribunale di Palermo del 15 aprile u.s. ha destato l’interesse dei media ed ha suscitato opposte reazioni, non solo tra i giuristi. La decisione è nota: a seguito della separazione di una coppia di donne, il Tribunale ha disciplinato gli incontri tra la madre sociale o comadre ed i figli. Si tratta di un vero e proprio diritto di visita. L’Autore analizza la decisione, con rilievi critici sotto il profilo della legittimazione attiva della comadre e del Pubblico Ministero, rilevando le criticità della difficile emersione giuridica di un legame non solo affettivo alla luce del superiore interesse del minore.
di Geremia Casaburi*
La decisione
Il decreto del Tribunale di Palermo del 15 aprile 2015 qui pubblicato, ha destato l’interesse dei media e, come sempre più spesso accade in materie sensibili (viene da dire eticamente) come quelle affrontate, ha suscitato opposte reazioni, non solo tra i giuristi.
La decisione è ormai nota: a seguito della rottura di una coppia omosessuale (due donne), il Tribunale ha disciplinato gli incontri tra una delle partner – qualificata madre sociale (ma è in uso anche il neologismo comadre) – ed i figli (biologici) dell’altra. Si tratta di un vero e proprio diritto di visita, e del resto è stata fatta espressa applicazione degli artt. 337 bis e ter del codice civile, nel testo introdotto dal d.lgs 154\2013 (si tratta comunque delle disposizioni sull’affido condiviso, già contenute negli artt. 155 ss cod. civ., ed a loro volta introdotti dalla l. 54\2006; tali disposizioni, inserite nell’ambito della disciplina della separazione, erano però applicabili anche al divorzio e alla famiglia di fatto in crisi, rectius ai figli nati da genitori non coniugati, come espressamente disponeva l’art. 4 l. 54\2006 cit.).
I giudici siciliani hanno però offerto di tali disposizioni una lettura “costituzionalmente orientata”, ritenendo in particolare configurabile un diritto del minore –non dell’adulto- ad intrattenere e conservare rapporti significativi non solo con gli ascendenti (per i quali opera ormai l’art. 317 bis cod. civ.) ed i parenti, ma anche con terzi – al di là di ogni legame biologico – con i quali appunto abbiano di fatto consolidato siffatti rapporti significativi.
Il riferimento è, in primo luogo, al partner –coniuge o compagno\a- del genitore con cui vivono.
Nel caso di specie si è ritenuto che sussistesse la prova dell’esistenza di tali rapporti: infatti i due bambini (di cui non è precisata l’età) vivevano con la coppia dalla nascita, e riconoscevano ad entrambe le donne il ruolo di mamma; al riguardo vi è stata anche una c.t.u., le cui conclusioni sono state riprese in ordinanza.
Sotto il profilo probatorio, del resto, vi era il dato significativo che – qualche anno prima – le due donne, in primis evidentemente la madre biologica – avevano (pur inutilmente) adito il tribunale per i minorenni di Palermo (more…)
La sterilizzazione forzata delle persone transessuali: Europa, Potenza, Napoli
24 marzo, 2015 | Filled under identità di genere, italia, NEWS, unione europea |
Con una significativa presa di posizione, il Parlamento europeo ha chiesto espressamente la «messa al bando della sterilizzazione quale requisito per il riconoscimento giuridico del genere». Sul tema pubblichiamo inoltre due sentenze, inedite, del Tribunale di Potenza e della Corte d’Appello di Napoli.
Con Risoluzione in data 12 marzo 2015, il Parlamento europeo ha chiesto espressamente, fra molte altre affermazioni, la «messa al bando della sterilizzazione quale requisito per il riconoscimento giuridico del genere». Il Parlamento europeo rammenta altresì come tale messa al bando sia stata richiesta anche dal «relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura», affermando di condividere il punto di vista «secondo cui tali requisiti dovrebbero essere trattati e perseguiti come una violazione del diritto all’integrità fisica nonché della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti» (Parlamento Europeo, Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2015 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013 e sulla politica dell’Unione europea in materia).
Secondo il massimo organo rappresentativo continentale, dunque, la richiesta di sterilizzazione coatta delle persone transessuali rappresenta una palese violazione dei diritti umani, in ispecie del diritto alla salute. Ai paragrafi 163 e 164 si legge difatti che (more…)