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Le parole, la politica, il diritto: cambia davvero qualcosa con l’approvazione dell’emendamento Fattorini?

 di Angelo Schillaci*

Con l’approvazione, nella seduta del 2 settembre, dell’emendamento che qualifica l’unione civile tra persone dello stesso sesso come “specifica formazione sociale” ai sensi dell’art. 2 Cost., torna ad accendersi il dibattito sull’iter di approvazione del disegno di legge in discussione al Senato, con particolare riguardo al nodo centrale dei rapporti tra unione civile e matrimonio.
E’ necessario, anzitutto, distinguere il piano politico da quello tecnico.
Sul piano politico, l’emendamento oggi approvato sembra segnare – è difficile negarlo – un certo arretramento, fondamentalmente sul piano simbolico e culturale, rispetto a talune aspettative che si sono andate via via formando attorno al disegno di legge, comunque percepito – da buona parte della comunità omosessuale, ma anche da significativi settori del Partito democratico – come un passaggio soltanto intermedio, di approssimazione alla piena pari dignità sociale delle coppie omosessuali, che potrà essere garantita solo con il raggiungimento dell’obiettivo del matrimonio cd. egualitario.
Sul piano giuridico, invece, la preoccupazione riguarda la qualità del testo normativo, e l’effettiva portata delle tutele riconosciute, specie se, come sembra (ma lo scenario è molto incerto e gli equilibri molto delicati), l’emendamento approvato oggi sarebbe solo il primo di una serie di interventi volti ad approfondire la distanza tra l’unione civile ed il matrimonio.
In particolare, sarebbero allo studio – ma, lo si ripete, il condizionale è d’obbligo – ipotesi di ulteriori emendamenti al testo, volti a rimarcare la distinzione tra l’istituto dell’unione civile ed il matrimonio, attraverso l’eliminazione di alcuni dei rinvii a puntuali disposizioni del codice civile contenuti nel testo, e la loro sostituzione con l’enunciazione espressa dei diritti e dei doveri riconosciuti all’unione civile. Tali emendamenti – ove effettivamente presentati – si aggiungerebbero a quello approvato il 2 settembre, con l’intento di accentuare l’irriducibilità dell’unione civile ai tratti dell’istituto matrimoniale.
Pare dunque necessario interrogarsi sulla reale portata giuridica della definizione introdotta nel disegno di legge, e sul suo rapporto con ulteriori eventuali modifiche al testo attualmente in discussione.
L’emendamento di oggi, da un punto di vista tecnico, non è altro che la recezione della posizione sostenuta dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 138/2010 e 170/14: la protezione delle coppie omosessuali discende in primo luogo, anche in assenza di un intervento del legislatore, dall’art. 2, giacché la coppia omosessuale deve essere considerata alla stregua di una formazione sociale in cui l’individuo svolge la sua personalità, esercitando diritti fondamentali. Il legislatore, nell’esercizio della propria discrezionalità politica – più estesa rispetto alla portata dell’interpretazione che può essere effettuata dalla Corte costituzionale – può decidere di consentire alle coppie omosessuali l’accesso all’istituto del matrimonio, estendendo così ad esse la protezione riconosciuta alla (altrettanto specifica) formazione sociale riconosciuta dall’art. 29. Qualora invece la scelta del legislatore sia – come nel nostro caso – quella di (more…)