Focus ARTICOLO29\Contributi per un dibattito attuale: 8. GEREMIA CASABURI, Riflessioni estemporanee su azioni di stato, nuova genitorialità, tutela del minore, en attendant le SSUU del 6 novembre 2018

 

Prosegue il “focus preventivo” promosso da ARTICOLO29 in attesa della decisione delle Sezioni unite, con la pubblicazione dell’ottavo parere:

8. Geremia Casaburi, Riflessioni estemporanee su azioni di stato, nuova genitorialità, tutela del minore, en attendant le SSUU del 6 novembre 2018

Focus ARTICOLO29\Contributi per un dibattito attuale: 7. SARA TONOLO, Ordine pubblico internazionale e atti di nascita stranieri in caso di gravidanza per altre

 

Prosegue il “focus preventivo” promosso da ARTICOLO29 in attesa della decisione delle Sezioni unite, con la pubblicazione del settimo parere:

7. Sara Tonolo, Ordine pubblico internazionale e atti di nascita stranieri in caso di gravidanza per altre

Il sasso nello stagno: uno schema di disegno di legge di ARTICOLO29 per la regolamentazione della surrogazione di maternità

Al fine di stimolare il dibattito giuridico sul tema della surrogazione di maternità, e senza alcuna pretesa di esiti immediati, presentiamo uno schema di disegno di legge che alcuni giuristi che collaborano con il portale Articolo29 hanno elaborato negli scorsi mesi, dal titolo “Disposizioni in materia di regolamentazione dell surrogazione di maternità”. La proposta mira a introdurre una riforma della legge n. 40 del 2004 con una parziale depenalizzazione della maternità surrogata in caso di sottoscrizione di un Patto di gravidanza, per cui viene introdotta una assai dettagliata regolamentazione sotto rigoroso controllo giurisdizionale.

Si tratta di un modello di disciplina che tenta di affrontare – alla luce delle principali soluzioni offerte dal diritto comparato – alcuni dei nodi critici dell’istituto della surrogazione di maternità, quali ad esempio: il divieto di intermediazione commerciale, che viene mantenuto; il necessario controllo pubblicistico sull’intero procedimento, che viene assicurato mediante la previsione di un intervento del giudice, in ogni sua fase, analogamente a quanto avviene in Grecia e, almeno in parte, nel Regno Unito (controllo che si è preferito affidare al giudice, anche mediante nomina di un ausiliario, rispetto alla diversa ipotesi recata dalla recente legge portoghese, che istituisce una Autorità amministrativa indipendente); la particolare attenzione per lo specifico valore della relazione di gravidanza, e dunque per la dignità della donna, riconosciuta e tutelata (come affermato da ultimo dal Tribunale costituzionale portoghese nella fondamentale decisione del 24 aprile 2018) nella sua dimensione di autodeterminazione solidale e responsabile ad assumere uno specifico compito di cura nei confronti dei genitori e della nascitura o del nascituro. L’inquadramento della surrogazione di maternità nell’ambito delle relazioni familiari e di cura – che supera l’alternativa rigida tra modello commerciale e modello solidaristico, entrambi incapaci di restituire a pieno la complessità delle relazioni che la surrogazione mobilita – ha infine consentito di elaborare un modello disciplinare che riconosce il valore di tutte le relazioni coinvolte nella fattispecie di surrogazione, ivi compresa, soprattutto, quella tra la gestante e il nato. In conseguenza, il progetto di legge chiarisce la natura del patto come accordo di diritto di famiglia, definisce in dettaglio i requisiti oggettivi e soggettivi per l’accesso alla misura volti ad assicurare in concreto la libertà di scelta della donna, pone la donna in gravidanza al centro della fattispecie, regolamenta il procedimento di formazione e di verifica della volontà delle parti sotto il controllo del giudice, prevede un ausiliario del giudice quale soggetto preposto non solo alla verifica e al controllo ma anche all’ausilio delle parti, assicura alla donna in gravidanza il diritto al ripensamento e riconosce infine la natura familiare del legame fra la stessa e il nato, con protezione giuridica del diritto di conoscersi (diritto a conoscere le proprie origini e la verità sulla propria nascita) e del reciproco diritto di visita.

Su questo progetto di legge e, più in generale, sul tema della maternità surrogata fra regolamentazione e mero divieto, il portale sollecita ed auspica un dibattito a più voci fra esponenti del mondo della cultura non solo giuridica, ma anche medica, sociologica, psicologica, filosofica e bioetica.

La proposta e il confronto che, secondo i nostri auspici, ne seguirà, vuole essere diretto a stimolare una discussione effettiva, aperta e franca, raccogliendo tanto le opinioni adesive che quelle dissenzienti.

Siamo interessati, insomma, ad un dibattito plurale che raccolga tutte le opinioni, anche quelle in aperto dissenso.

Marco Gattuso e Angelo Schillaci

QUI l’articolato del disegno di legge, con una breve relazione di accompagnamento.

Focus ARTICOLO29\Contributi per un dibattito attuale: 6. SILVIA IZZO, L’ordine pubblico come requisito di legittimazione passiva all’azione di riconoscimento del dictum straniero in materia di status

 

Prosegue il “focus preventivo” promosso da ARTICOLO29 in attesa della decisione delle Sezioni unite, con la pubblicazione del sesto parere:

6. Silvia Izzo, L’ordine pubblico come requisito di legittimazione passiva all’azione di riconoscimento del dictum straniero in materia di status

Focus ARTICOLO29\Contributi per un dibattito attuale: 5. ANDREA SASSI, STEFANIA STEFANELLI, Ordine pubblico differenziato e diritto allo stato di figlio nella g.p.a.

 

Prosegue il “focus preventivo” promosso da ARTICOLO29 in attesa della decisione delle Sezioni unite, con la pubblicazione del quinto parere:

5. Andrea Sassi e Stefania Stefanelli, Ordine pubblico differenziato e diritto allo stato di figlio nella g.p.a.

La Corte costituzionale austriaca impone l’immediato riconoscimento del terzo genere

di Francesca Brunetta d’Usseaux*

Le persone intersessuali hanno diritto di ottenere una registrazione anagrafica “adeguata” alla loro identità sessuale: così titola il comunicato ufficiale della Corte Costituzionale austriaca dello scorso giugno.

Già a marzo di quest’anno i giudici avevano reso nota la propria intenzione di voler valutare la legittimità costituzionale del § 2, comma 2, riga 3 del Personenstandsgesetz del 2013, ovvero di quella disposizione della legge austriaca sullo stato civile, che indica il sesso, insieme ad esempio al nome o alla data di nascita, tra i dati personali cd. generali che devono essere inseriti nell’atto di nascita. Il contesto era quello del ricorso intentato da una persona intersessuale contro il rifiuto opposto dalle autorità amministrative e poi avallato anche dai giudici amministrativi, alla sua richiesta di correzione della relativa registrazione, limitata, per lo meno fino a quel momento, alla scelta tra “maschile” e “femminile”.

Facendo leva sul potere attribuito alla Corte dall’art. 140 del Bundes-Verfassungsgesetz, in virtù del quale questa può decidere di sottoporre a controllo di legittimità costituzionale una disposizione, qualora rilevante nel contesto di una causa pendente, i giudici si interrogano se la disciplina austriaca sia o meno compatibile con l’art. 8 della CEDU ed è proprio muovendo dalla tutela del diritto della personalità, nelle sue declinazioni di “identità, individualità e integrità”, che inferiscono il diritto di rifiutare un’attribuzione di genere che non sia corrispondente alla propria identità sessuale. L’indicazione dell’appartenenza di genere nelle registrazioni anagrafiche non è un obbligo imposto dalla Costituzione, ma si riconduce alla discrezionalità del legislatore, il quale, una volta effettuata quella scelta, deve assicurarsi che le modalità di attuazione rispettino le condizioni richieste dall’art. 8 CEDU. Ciò è tanto più necessario, sostiene la Corte, riprendendo peraltro la sentenza della Corte Costituzionale tedesca dell’ottobre dello scorso anno, perché si tratta di un aspetto centrale della persona, una caratteristica che la Corte non esita a definire “identitätsstiftend” fondante l’identità dell’essere umano.

Se fino a questo punto la disamina sembrerebbe preludere (more…)

Joan ha due mamme/2: la conferma della Corte d’Appello di Perugia

di Angelo Schillaci

Pubblichiamo il decreto con il quale la Corte d’Appello di Perugia, confermando la decisione di primo grado, ha ordinato al Comune di trascrivere l’atto di nascita del piccolo Joan, indicando entrambe le sue mamme.

Una decisione importante, molto ricca nella motivazione, almeno sotto due profili, che sinteticamente possono essere richiamati, a prima lettura.

Anzitutto, la Corte perugina prende posizione in merito alla delimitazione del concetto di ordine pubblico internazionale, con particolare riguardo al contrasto tra le definizioni datene, rispettivamente, dalla prima sezione civile della Corte di cassazione (con le note decisioni 19599/16, 14878/17 e 14007/18) e dalle Sezioni Unite della stessa Corte, con l’altrettanto nota sentenza n. 16601/17 (relativa ai cd. danni punitivi): se infatti l’orientamento della prima sezione civile tendeva ad identificare il contenuto dell’ordine pubblico internazionale con il “complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento in un determinato periodo storico, ma ispirati ad esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo comuni ai diversi ordinamenti e collocati a un livello sovraordinato rispetto alla legislazione ordinaria” (così, in particolare, la sentenza n. 19599/16), la successiva pronuncia delle Sezioni Unite sembra includere – nella declinazione del concetto di ordine pubblico – anche principi e istituti di fonte legislativa. Sulla base di una assai approfondita ricostruzione della giurisprudenza di legittimità in materia di ordine pubblico internazionale, il decreto in esame riduce il divario tra le due impostazioni. In particolare – richiamando anche l’ordinanza n. 4382/18 (con la quale la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la controversia relativa alla trascrivibilità di un atto di nascita recante l’indicazione di due padri, anche sotto il profilo della corretta ricostruzione del concetto di ordine pubblico internazionale) – il giudice perugino ha ritenuto che l’integrazione (more…)

Focus ARTICOLO29\Contributi per un dibattito attuale: 4. MARIA CARMELA VENUTI, La condizione giuridica dei bambini nati da gestazione per una coppia di uomini

 

Prosegue il “focus preventivo” promosso da ARTICOLO29 in attesa della decisione delle Sezioni unite, con la pubblicazione del quarto parere, con

4. Maria Carmela Venuti, La condizione giuridica dei bambini nati da gestazione per una coppia di uomini 

Focus ARTICOLO29\Contributi per un dibattito attuale: 3. MASSIMO DOGLIOTTI, Davanti alle sezioni unite della cassazione i “due padri” e l’ordine pubblico. Un’ordinanza di rimessione assai discutibile

 

Prosegue il “focus preventivo” promosso da ARTICOLO29 in attesa della decisione delle Sezioni unite, con la pubblicazione del terzo parere, con

3. Massimo Dogliotti, Davanti alle sezioni unite della cassazione i “due padri” e l’ordine pubblico. Un’ordinanza di rimessione assai discutibile ex art. 67 l. n. 218/1995

 

 

Focus ARTICOLO29\Contributi per un dibattito attuale: 2. GIACOMO CARDACI, Questioni processuali in materia di riconoscimento dell’efficacia della sentenza straniera ex art. 67 l. n. 218/1995

 

In attesa della decisione delle Sezioni unite, con camera di consiglio prevista per il 6 novembre 2018, in ordine alle questioni poste dalla prima sezione con ordinanza n. 4382/2018 (relative alla legittimazione passiva del Sindaco e del Ministro dell’Interno ad essere parte nella procedura; la legittimazione dello stesso Procuratore generale presso la Corte d’appello a ricorrere in cassazione; la nozione più o meno ampia di “ordine pubblico internazionale” e la eventuale contrarietà allo stesso dell’omogenitorialità e del riconoscimento dello status di genitori a chi abbia ricorso all’estero a maternità surrogata; la sussistenza o meno di giurisdizione in capo all’Autorità giudiziaria ordinaria), ARTICOLO29 ha proposto ad alcuni giuristi, fra i massimi esperti in queste materie, di provare a delineare qualche possibile risposta.

Proseguiamo con la pubblicazione del secondo parere, con

 2. Giacomo Cardaci, Questioni processuali in materia di riconoscimento dell’efficacia della sentenza straniera ex art. 67 l. n. 218/1995

 

 

Due padri: da Venezia un’altra importante conferma

di Angelo Schillaci

Pubblichiamo l’ordinanza depositata il 16 luglio 2018 con la quale la Corte d’Appello di Venezia ha riconosciuto gli effetti, in Italia, di una sentenza canadese che attribuiva la seconda paternità al coniuge del padre di un minore nato in Canada grazie ad una gestazione per altri.

Il ricorso traeva origine dal rifiuto – opposto dall’ufficiale di stato civile del Comune di residenza del minore – di rettificare l’atto di nascita già formato (e recante l’indicazione di un solo padre), a seguito di trascrizione dell’atto di nascita canadese, emendato in conseguenza della sentenza che riconosceva la seconda paternità. Di conseguenza, la coppia di padri adiva la Corte d’Appello di Venezia per veder riconoscere – ai sensi dell’art. 67 della legge n. 218/95 – gli effetti della sentenza canadese, onde ottenere un titolo per la rettificazione dell’atto di nascita italiano.

Il caso – seguito dall’Avv. Alexander Schuster (alla cui cortesia dobbiamo la pubblicazione) – è dunque del tutto analogo a quello deciso dall’ordinanza della Corte d’Appello di Trento, avverso la quale pende ad oggi impugnazione dinanzi alla Corte di cassazione che, come noto, ha deferito la questione alla cognizione delle Sezioni Unite. Si tratta, pertanto, di un caso assai rilevante, che si inserisce nel dibattito in corso sulla questione degli effetti da riconoscersi, in Italia, ai rapporti di filiazione costituiti all’estero a seguito di gestazione per altri, che ha visto l’intervento recente della Corte costituzionale e che sta caratterizzando  – anche sulla nostra pagina – l’attesa della decisione delle Sezioni Unite.

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Focus ARTICOLO29\Contributi per un dibattito attuale: 1. VINCENZO BARBA, Note minime sull’ordine pubblico internazionale

 

In attesa della decisione delle Sezioni unite, con camera di consiglio prevista per il 6 novembre 2018, in ordine alle questioni poste dalla prima sezione con ordinanza n. 4382/2018 (relative alla legittimazione passiva del Sindaco e del Ministro dell’Interno ad essere parte nella procedura; la legittimazione dello stesso Procuratore generale presso la Corte d’appello a ricorrere in cassazione; la nozione più o meno ampia di “ordine pubblico internazionale” e la eventuale contrarietà allo stesso dell’omogenitorialità e del riconoscimento dello status di genitori a chi abbia ricorso all’estero a maternità surrogata; la sussistenza o meno di giurisdizione in capo all’Autorità giudiziaria ordinaria), ARTICOLO29 ha proposto ad alcuni giuristi, fra i massimi esperti in queste materie, di provare a delineare qualche possibile risposta.

Iniziamo da oggi la pubblicazione dei pareri, che proseguirà per tutta l’estate, cominciando con

  1. Vincenzo Barba, Note minime sull’ordine pubblico internazionale

 

 

Anche il Tribunale di Bologna ordina al Sindaco di iscrivere le due mamme nell’atto di nascita

Questa è stata una settimana davvero particolare: iniziata con i due decreti di Torino, poi l’ordinanza di Pordenone, quindi la fondamentale sentenza della Corte d’appello di Napoli, ed oggi sia il provvedimento di Pistoia che, ora, anche il bellissimo decreto con cui anche il Tribunale di Bologna ha ordinato a un sindaco di formare l’atto di nascita di un bambino con il nome dei suoi due genitori.
Pubblicheremo nei prossimi giorni un commento meditato di questo ultimo provvedimento, e più in generale di questa messe di provvedimenti e pensieri, a firma di Angelo Schilaci.
Per ora vi lasciamo alla lettura del provvedimento, con l’avviso che si tratta di una di quelle motivazioni che riescono, pur nella dovuta concisione, a racchiudere in poche pagine (diciassette) una ricostruzione analitica, precisa, del quadro normativo, alla luce anche dei recenti arresti delle corti nazionali e sovranazionali.
È una decisione che, senz’altro, sarà molto letta e commentata, questo è certo.
Se ci è consentito, mentre giustamente festeggiano e ricevono complimenti gli autori giuridici, la dottrina che aveva anticipato tanti argomenti e l’avv. Michele Giarratano del foro di Bologna (che ringraziamo anche per la trasmissione del provvedimento, già oscurato) che ha curato la difesa delle due mamme nell’ambito di una iniziativa del Gruppo Legale di Famiglie Arcobaleno coordinata dal prof. Angelo Schillaci, è forse il caso, alla fine di questa strana settimana e mentre riecheggiano di nuovo gravissimi attacchi all’indipendenza della magistratura e delle sue articolazioni associative, specie se progressiste, di ringraziare anche quei giudici, che con scrivanie invase da centinaia di fascicoli, trovano ancora il tempo, la passione, la voglia di approfondire, di studiare, di decidere. Avendo a cuore solo l’interesse della giustizia e la protezione dei diritti.

Il Tribunale di Pistoia ordina al Sindaco di formare un atto di nascita con due mamme: è la prima volta

Abbiamo appena pubblicato, ieri, la fondamentale decisione della Corte d’Appello di Napoli che apre al riconoscimento dei bambini arcobaleno sin dalla nascita, che già oggi tocca dare conto della prima, storica, decisione italiana, emessa dal Tribunale di Pistoia con decreto del 5 luglio 2018 (pres. Fabrizio Amato, est. Laura Maione)  che dichiara in effetti l’illegittimità del diniego opposto dal Sindaco alla dichiarazione di riconoscimento del figlio minore da parte della madre non biologica e, per l’effetto, ordina allo stesso, nella sua qualità di Ufficiale di Stato Civile, di formare un nuovo atto di nascita con l’indicazione delle due madri, attribuendo al bambino il cognome di entrambe.

Notevole che il Tribunale ordini al Sindaco di annullare l’atto di nascita esistente, indicante un solo genitore e dunque errato, disponendo la sua sostituzione col nuovo atto di nascita «con indicazione delle due ricorrenti come madri».

Difficile sostenere, da oggi, che il Sindaco in qualità di Ufficiale di Stato Civile possa, o addirittura debba, iscrivere un solo genitore, quando per la Legge, correttamente interpretata dalla Corte d’Appello di Napoli e dal Tribunale di Pistoia, i genitori sono, in effetti, due.

Con riguardo alla vicenda de qua, dal decreto si evince come dopo la nascita del bambino, avvenuta negli ultimi mesi del 2017 a seguito di ricorso in Spagna ad una procreazione medicalmente assistita (di seguito PMA) di tipo eterologo (in tutto analoga, dunque, ad una PMA eterologa realizzata da una coppia di sesso diverso, oggi ammessa in Italia in seguito alla dichiarazione di incostituzionalità di cui a sentenza della Corte costituzionale n. 162 del 2014), le due mamme avevano reso entrambe la dichiarazione di riconoscimento del figlio, ma il Sindaco del loro Comune aveva opposto un rifiuto, disponendo l’annotazione nell’atto di nascita di un solo genitore, identificato nella sola mamma “biologica”.

Con tale decisione, il Sindaco assumeva dunque che il nostro ordinamento dia prevalenza, anche in caso di ricorso a tecniche di procreazione “artificiale”, con concorso di un medico, al dato genetico o biologico, e non al dato obiettivo del consenso prestato alla tecnica di procreazione.

Avverso tale rifiuto i due genitori hanno proposto quindi ricorso ai sensi dell’art. 95, comma I, D.P.R. n. 396/2000, oggi accolto dal Tribunale, seguite dagli avvocati Federica Tempori e Vincenzo Miri nell’ambito di una iniziativa promossa dal Gruppo Legale dell’Associazione Famiglie Arcobaleno coordinata dal prof. Angelo Schillaci dell’Università La Sapienza di Roma.

La decisione del Tribunale toscano è fondata sul rilievo che la nostra legge non prevede affatto che in caso di PMA si debba dare rilevanza al dato genetico o biologico, prevedendo invece, a chiare lettere, che ai fini della determinazione dello status filiationis operi il diverso criterio della consapevole assunzione della responsabilità genitoriale sin dal concepimento del bambino (dunque persino prima della sua stessa nascita). Tale assunzione di responsabilità è irrevocabile, e dunque lo è anche il conseguente status.

Il Collegio della sezione famiglia del Tribunale di Pistoia sottolinea al riguardo come debba aversi riguardo all’art. 8 della legge n. 40 del 2004 per cui “I nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell’articolo 6” (corsivo aggiunto), oltre che alle disposizioni di cui all’art. 9 della stessa legge (in particolare i commi 1 e 3), correttamente interpretati anche alla luce della L. 76/2016.

Al riguardo il Tribunale nota, innanzitutto, come qui si stia trattando non tanto il tema dei diritti dei genitori, ma dei diritti del bambino, posto che «il diritto alla genitorialità, e ancor più alla bigenitorialità, è un diritto prima di tutto del minore ad instaurare relazioni affettive stabili con entrambi i genitori, sia quando lo stesso sia stato concepito biologicamente che a mezzo delle tecniche mediche di cui alla PMA, posto che anche in tali ultimi casi il figlio è generato in forza di un progetto di vita comune della coppia, etero o omosessuale, volto alla creazione di un nucleo familiare secondo un progetto di genitorialità condiviso».

Il Tribunale richiama a tale proposito l’attenta dottrina (pubblicata su questo sito) per cui «la prospettiva determinante non è quella dei diritti della coppia, ma di quelli del nato nei confronti di chi si sia liberamente impegnato ad accoglierlo, diritti che non tollerano disparità di trattamento in ragione delle condizioni e convinzioni personali dei genitori, in quanto presidiati dall’art. 2 Cost.» (S. Stefanelli, Atto di nascita formato all’estero e bigenitorialità omosessuale: da Perugia un passo avanti verso il riconoscimento della filiazione intenzionale in ARTICOLO29, 2018).

Richiamata la già menzionata pronuncia della Corte Costituzionale n. 162/2014, (more…)

Corte di appello di Napoli: i bambini arcobaleno sono figli di entrambi i genitori sin dalla nascita

di Marco Gattuso

 1. La svolta di Napoli 

 

Se esiste in ogni cambiamento paradigmatico un punto di svolta, nella vicenda della tutela dei cd. bambini arcobaleno quel momento è forse giunto con la sentenza della Corte d’appello di Napoli (estensore Casaburi) depositata oggi, con cui la Corte ha ribaltato la decisione del Tribunale per i minorenni di Napoli di rigetto dell’adozione in casi particolari.

Appena quattro giorni fa avevamo commentato due decreti del tribunale di Torino che già avallavano, incidentalmente, la tesi interpretativa per cui deve applicarsi anche ai bambini nati da coppie dello stesso sesso la tutela giuridica assicurata dalla legge 40/2004 a tutti i bambini nati con PMA. Avevamo scritto di un primo avallo alla scelta compiuta dai sindaci di tutte le maggiori città italiane (Roma esclusa) di iscrivere i due genitori dello stesso sesso negli atti di nascita.

La Corte partenopea oggi non solo conferma quella linea, ma ne opera una compiuta ed assai dettagliata ricostruzione sistematica, ponendola al centro della propria decisione e traendone una conseguenza ineccepibile: se i bambini arcobaleno sono per la legge figli di entrambi i genitori fin dalla nascita, allora è evidente che deve accogliersi la richiesta della madre non biologica di adottare il figlio (con adozione in casi particolari, cd. stepchild adoption), poiché si tratta pur sempre di una tutela minimale che l’ordinamento non può negare ad una relazione che sarebbe comunque degna di più ampia tutela.

I giudici d’appello sembrano dirci: se avessimo avuto più spazio per la nostra decisione, se non fossimo limitati cioè dal principio della domanda e dai particolari limiti imposti dal gravame («nella specie, infatti, opera il principio della domanda, e d’altronde il presente giudizio è di appello»), avremmo potuto e dovuto riconoscere che l’istante non diventerà madre del bambino col provvedimento di adozione ex art. 44, ma che è già madre sin dalla sua nascita, avendo espresso, sia pure all’estero, il consenso di cui all’art. 6 della legge 40/2004, sicché in forza dell’art. 8 della stessa legge il bambino è già figlio di entrambi i membri della coppia.

La Corte precisa che non si tratta di un obiter dictum, ma propriamente del cuore della decisione («la Corte reputa che il gravame vada accolto – conformemente agli ulteriori motivi di appello – anche in una diversa e più ampia prospettiva, tanto non come obiter, ma al fine di assicurare una decisione, in diritto, più rigorosa e sistematica»).

Non sfuggirà che tale decisione segna quindi non soltanto un passaggio importante nel dibattito sull’ammissibilità della cd. stepchild adoption, ma sostanzia, appunto, una autorevole e assai approfondita rilettura di tutta la questione della cd. omoparentalità.

Come si è detto, la decisione si contraddistingue per la dettagliata ricostruzione sistematica (non va dimenticato che l’estensore materiale della motivazione, il consigliere Casaburi, non solo è giudice assai esperto, ma è uno dei massimi cultori della materia della famiglia e della filiazione, scrivendo da anni su questi temi nella più prestigiosa rivista giuridica italiana, Il Foro Italiano).

Dalla stessa si traggono numerose indicazioni su diversi punti (more…)

Coppie di donne e p.m.a.: la legge n. 40/2004 torna alla Consulta

di Angelo Schillaci

Pubblichiamo l’ordinanza con la quale il Tribunale di Pordenone ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 12 della legge n. 40/2004, nella parte in cui limitano l’accesso alla procreazione medicalmente assistita alle sole coppie formate da persone di sesso diverso, escludendone così le coppie di donne.

Il giudice era stato adito con procedimento cautelare d’urgenza da una coppia di donne che si era vista rifiutare dalla locale Azienda Sanitaria la richiesta di accedere alla procreazione medicalmente assistita mediante fecondazione eterologa con donazione di seme. La coppia – assistita dall’Avvocata Maria Antonia Pili (alla cui cortesia dobbiamo la pubblicazione dell’ordinanza) – si era dunque rivolta al Tribunale di Pordenone per ottenere, in via d’urgenza, l’accesso al trattamento, contestualmente richiedendo la sollevazione della questione di legittimità costituzionale, cui il Tribunale ha infine aderito.

La legge n. 40/2004 tornerà dunque all’esame della Corte costituzionale, che sarà nuovamente chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di una delle (numerose) previsioni restrittive che costellano la legge e che, nel corso degli anni, sono state oggetto di severe censure: si ricordino, a titolo di esempio – le ben note sentenze n. 162/14 e 96/2015 con le quali la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità – rispettivamente – del divieto di fecondazione eterologa e del divieto di accesso alla p.m.a. con diagnosi preimpianto per le coppie fertili, ma portatrici di malattie geneticamente trasmissibili.

Le disposizioni sospettate di illegittimità costituzionale – l’art. 5 e l’art. 12 – riservano, come noto, l’accesso alla p.m.a. alle sole coppie di maggiorenni, coniugate o conviventi, di sesso diverso (così l’art. 5), sanzionando per l’effetto – all’art. 12, commi 2, 9 e 10 – la condotta di coloro che applichino tecniche di p.m.a. in coppie composte da persone dello stesso sesso. Su tale previsione discriminatoria si appuntano le censure del giudice rimettente, che lamenta la violazione di una serie di parametri, (more…)

Figli alla nascita: dal tribunale di Torino una prima conferma per la “primavera dei comuni”

                                                                         di Marco Gattuso

1. Con due decreti depositati in data 21 maggio e 11 giugno 2018 il Tribunale di Torino ha disposto che due bambini, che il sindaco Chiara Appendino ha riconosciuto nelle scorse settimane come figli di due mamme (annotando entrambe le donne nel loro atto di nascita), prendano il doppio cognome.

Non si tratta, per esplicita segnalazione del tribunale, di decisioni che si occupano in via diretta della questione della bigenitorialità per i cd. bambini arcobaleno, e tuttavia le due decisioni gemelle presentano aspetti assai interessanti che vanno evidenziati e segnano, per quanto si dirà, il primo implicito avallo giudiziario della tesi sostenuta dagli ormai numerosissimi sindaci, di diverse coloriture politiche, che hanno contribuito in questi mesi al fenomeno della cd “primavera dei comuni” con l’iscrizione dei nominativi delle due mamme o due papà nel certificato di nascita di questi bambini (l’elenco é in continuo aggiornamento: Torino, Milano, Catania, Bologna, Firenze, Palermo, Napoli, Empoli, Gabicce, Grosseto, Serradifalco, Casalecchio di Reno…).

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Il punto di vista degli ufficiali di stato civile sulle iscrizioni e trascrizioni

di Luca Tavani*

Pubblichiamo la relazione tenuta da Luca Tavani, ufficiale di stato civile, al recentissimo convegno “Due genitori same sex dalla nascita. I sindaci in soccorso del diritto dei bambini alla bigenitorialità”, organizzato a Bologna il 18 giugno 2018 da Cassero Giuridico, Aiga, Gaylex, Famiglie Arcobaleno con il Patrocinio del Comune di Bologna

 

1. Introduzione

Pensiamo, con uno sforzo di immaginazione che vi richiedo, ad una delle figure più conosciute al mondo: Monna Lisa.

Malgrado non si sappia neppure per bene di chi si tratti – si dice una nobildonna fiorentina (tal Lisa Gherardini, la signora Lisa, moglie di Francesco Del Giocondo, da cui la Gioconda) o forse lo stesso Leonardo da Vinci addolcitosi sotto tratti femminili – non solo è una delle immagini più conosciute ma anche tra le più riconosciute, che da sempre ha stimolato la fantasia di altri artisti di ogni epoca che si sono divertiti ad intervenire modificando l’immagine originale.

Così fece Marcel Duchamp nel 1919, aggiungendo un paio di baffi e un pizzetto[1], altrettanto fece Luís Silva, un artista portoghese, che più recentemente nel 2011, volendosi occupare della violenza sulle donne l’ha raffigurata con un occhio nero e spegnendole il proverbiale sorriso[2].

Pensandoci bene, però, questi interventi cambiano poco del nostro sapere e del nostro relazionarci con quell’archetipo. Se dovessimo descrivere cosa vediamo parleremmo comunque sempre di una Monna Lisa, una volta con i baffi ed un’altra con un occhio nero: Monna Lisa resta Monna Lisa, nessun intervento e nessuno sviluppo, ci allontanano così tanto da non renderci più riconoscibile la radice.

La stessa cosa può accadere – abbandoniamo l’arte – quando parliamo di famiglia. Ciascuno di noi ha un proprio modello di riferimento (probabilmente quello in cui è cresciuto e che per questo motivo ritiene “normale” e lo assurge come paradigma per determinare relazioni e interazioni con le altre famiglie, che vediamo e valutiamo di conseguenza come uguali, simili o diverse) ma come per la Gioconda, tutte restano quella cosa lì, anche le più distanti, restano riconoscibili come famiglia: e ci sarà quella “capolavoro”, da museo e quella con un occhio nero ma sempre di famiglia si tratta.

Ben lo sa l’anagrafe che già quasi 30 anni fa, nel 1989, ha abbandonato ogni obbligatorio riferimento a vincoli di parentela o di dipendenza economica quale requisito per essere famiglia preferendo una formulazione ampiamente inclusiva, basata sulla autodeterminazione per cui è famiglia l’insieme delle persone conviventi e coabitanti[3].

Perché questa introduzione? Perché il tema richiesto con lo sviluppo di questo intervento è il punto di vista dell’ufficiale dello stato civile, che deriva necessariamente dall’assetto che egli assume, e dalla sua corretta collocazione nell’ambito ordinamentale discende l’angolatura del suo sguardo e il nostro ordinamento è questo: il terreno su cui innestiamo i diritti (e i doveri) di tutela costituzionale è oggi di questa natura. La formazione sociale familiare è quanto di più ampio e inclusivo si possa immaginare.

E così è (questa ricchezza non la perderemmo) anche se anziché ci riferissimo alla filiazione.

I glottologi più ricercati potrebbero considerare figlio una parola valigia, cioè un termine che contiene al proprio interno ulteriori sfumature. (more…)

Libertà religiosa e divieto di discriminazione: la Corte Suprema decide a favore del pasticciere “obiettore”

di Angioletta Sperti*

Chiunque abbia letto l’opinion of the Court del giudice Kennedy nella sentenza Obergefell v. Hogdes del 2015, sul riconoscimento del diritto al matrimonio per le coppie same-sex e ne abbia apprezzato la profonda ricostruzione dei principi costituzionali in gioco – la dignità, l’eguaglianza, la libertà individuale -, nonché la portata innovativa di molte delle sue affermazioni, non può che rimanere perplesso di fronte al judicial minimalism cui risulta, invece, ispirata la motivazione dello stesso Kennedy nella recentissima pronuncia sul cd. caso della torta nuziale. Il 4 giugno 2018, con un’ampia maggioranza di 7 – 2, la Corte Suprema degli Stati Uniti  si è, infatti, pronunciata sul caso Masterpiece Cakeshop Ltd. v. Colorado Civil Rights Commission e, ribaltando le conclusioni dei precedenti gradi di giudizio, ha concluso  a favore di un pasticciere che nel 2012 si era rifiutato di confezionare un dolce nuziale per una coppia same-sex.

Nel breve spazio di questo commento – pur rilevando come tale pronuncia diverga dal percorso che nel 2015 aveva condotto la Corte Suprema a “mettere la parola fine ad una delle vicende più combattute e sofferte nella storia dei diritti civili”[1] –  mi propongo di evidenziare per sommi capi le perplessità suscitate dal percorso logico-argomentativo attraverso cui la Corte ha riconosciuto le ragioni del pasticciere ed evidenziare i rischi che alcune delle sue affermazioni pongono per il superamento delle diseguaglianze fondate sull’orientamento sessuale.

La vicenda

Jack Phillips, proprietario di una pasticceria in una cittadina non distante da Denver, Colorado – la Masterpiece Cakeshop – si definisce un cake artist ed un fervente cristiano.

Nel 2012 – quando ancora il same-sex marriage non era  ammesso in Colorado, Phillips rifiuta ad una coppia dello stesso sesso – Charlie Craig e Dave Mullins –  l’ordinazione di un dolce nuziale, adducendo che (more…)

Le famiglie arcobaleno… esistono, anche per il Tribunale di Roma

Pubblichiamo il decreto con il quale il Tribunale di Roma ha ordinato all’ufficiale di stato civile di rettificare l’atto di nascita di due gemelli, nati in California grazie alla gestazione per altri ed inizialmente registrati – a seguito di trascrizione dell’atto di nascita – con l’indicazione di uno solo dei due padri.

Il caso, seguito dall’avvocata Maria Antonia Pili, trae origine dalla richiesta dei due padri che – una volta prodotto il certificato di nascita recante l’indicazione di entrambi quali genitori – chiedevano la conseguente rettifica dell’atto di nascita già formato, con l’indicazione del secondo padre.

Il giudice romano, seguendo un percorso già inaugurato da altre Corti di merito (ricordiamo in particolare, tra le altre, analoga pronunce del Tribunale di Livorno) e seguito da alcune amministrazioni comunali, ha correttamente ritenuto che la rettificazione fosse dovuta in forza dell’applicazione della legge nazionale dei minori, cittadini statunitensi iure soli (e italiani iure sanguinis), che ne determina lo status filiationis ai sensi dell’art. 33 della legge n. 218/1995.

Allo stesso tempo, altrettanto correttamente ritiene il Tribunale che l’applicazione della legge dello stato di nascita non sia contraria all’ordine pubblico internazionale: come chiarito dalla Corte di cassazione nelle note sentenze n. 19599/16 e 14878/17, infatti, per un verso l’ordine pubblico internazionale è da intendersi quale il complesso dei valori essenziali dell’ordinamento (di rango costituzionale) da interpretarsi in armonia con quelli della comunità internazionale, ivi compresa l’istanza di protezione dei diritti fondamentali dell’uomo e la salvaguardia dell’interesse del minore. D’altro canto, e conseguentemente, il controllo di non contrarietà all’ordine pubblico internazionale non può tradursi in un controllo di conformità della disciplina straniera applicabile all’ordinamento interno, bensì appunto in un mero controllo di non contrarietà a tale complesso di principi e valori.

Degno di nota, inoltre, che il Tribunale ribadisca l’indifferenza della tecnica procreativa cui si sia fatto ricorso all’estero – e della sua conformità o meno al diritto italiano – rispetto alla valutazione della non contrarietà all’ordine pubblico e, soprattutto, rispetto alla salvaguardia dell’interesse del minore alla conservazione dello status filiationis legittimamente acquisito all’estero, al riconoscimento giuridico del rapporto con entrambi i padri e, infine, alla protezione della propria identità personale.