Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza del 9 febbraio 2013

n. 8354/2012 r.g.

Il giudice  designato,

a scioglimento della riserva  assunta nel procedimento ex art. 20 d.lgs 150/2011 e 702 bis c.p.c. promosso da V. F. nonché letti gli atti ed i documenti i dalle parti, emette la seguente

ORDINANZA

1. Con ricorso in data 23 novembre 2012 il ricorrente V.F., cittadino brasiliano, chiedeva al Tribunale di annullare il provvedimento emesso dalla Questura di Reggio Emilia di diniego del permesso di soggiorno per motivi familiari, allegando d’essere coniugato con la cittadina italiana Daniela D. sin dal 28 ottobre 2007, d’avere ottenuto in passato il rilascio del permesso di soggiorno da parte della medesima Questura di Reggio Emilia in ottemperanza ad un provvedimento di questo Tribunale del 17 dicembre 2008, d’essere tuttora coniugato e stabilmente convivente con la cittadina italiana.

2.Dalla lettura del provvedimento di diniego della Questura di Reggio Emilia si rileva come lo stesso sia motivato sull’assunto della carenza di effettiva convivenza tra i coniugi, atteso che il ricorrente risulta, pacificamente, essere persona transessuale, che assume comunemente sembianze femminili, il che escluderebbe in radice la possibilità di ritenere sussistente una convivenza more uxorio intesa quale effettiva comunità di vita materiale e spirituale tra i coniugi, dovendosi ritenere che il matrimonio abbia avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all’interessato di soggiornare nel territorio dello Stato[1].

3.Dall’esame degli atti si rileva come dopo la celebrazione del matrimonio in data 28 ottobre 2007, il permesso di soggiorno sia stato già negato una prima volta dalla Questura di Reggio Emilia nel corso del 2008, provvedimento che fu dichiarato illegittimo da questo Tribunale con decreto del 17 dicembre 2008, in atti. Dal decreto di questo Tribunale si rileva come, essendo il matrimonio «legalmente valido», non potesse dubitarsi nella specie della sussistenza anche del requisito della convivenza – intesa quale «dato obiettivo» che «non richiede la continuativa permanenza dei coniugi tra le stesse mura, dovendosi tener conto delle attività lavorative dei medesimi che possono imporre periodi di assenza prolungata purché dopo si torni nella residenza familiare e la si ritenga come tale, manifestando all’esterno i segni di una comunione effettiva di vita» -, poiché la stessa doveva ritenersi riscontrata nella specie sulla base dell’ampia attività istruttoria espletata, di talché non si poteva «revocare in dubbio, per concordi e plurime dichiarazioni di soggetti attendibili in quanto estranei alla coppia, che il ricorrente abbia la sua base stabile nell’appartamento della D., che frequenti gli stessi locali, assieme tra l’altro ai figli della coppia, che siano visti passeggiare insieme, che conducano vita in comune, e, infine, che, ben lungi dalla indifferenza reciproca che dovrebbe caratterizzare un rapporto simulato, tra il ricorrente e la D. vi è un rapporto affettivo evidente ed intenso». In conseguenza di tale provvedimento giurisdizionale, la Questura di Reggio Emilia provvedeva quindi al rilascio del permesso di soggiorno.

4.Senonché il decreto di questo Tribunale veniva  impugnato dal Ministero dell’Interno e veniva revocato dalla Corte d’appello di Bologna, con decreto del 12 febbraio 2010, esclusivamente sul rilievo del difetto di legittimazione passiva del Questore di Reggio Emilia, non essendo stato integrato il contraddittorio nei confronti del Ministero dell’interno.

5. Si deve comunque rilevare come, nonostante la formale caducazione del decreto di questo Tribunale, la Questura di Reggio Emilia non abbia negli anni successivi revocato il permesso di soggiorno, sino al diniego notificato nel settembre 2012 ed oggetto del presente procedimento.

6. Successivamente il Prefetto di Reggio Emilia ha  emesso comunque provvedimento di espulsione dallo Stato dell’attuale ricorrente, provvedimento che è stato annullato dal Giudice di pace di Reggio Emilia con decreto del 22 novembre 2012. Dall’esame di questo ultimo provvedimento giudiziale  emerge come il provvedimento prefettizio sia stato ritenuto contrario all’articolo 19, comma secondo del T.U. sull’immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), avendo il ricorrente provato documentalmente la sussistenza del matrimonio con cittadina italiana ed avendo il Giudice di pace espletata estesa istruttoria sentendo «più conoscenti di V.F. e D. sentiti all’udienza del 20/11/12» i quali hanno confermato la permanenza tuttora «del rapporto di convivenza tra i due».

7. Occorre sottolineare come sia pacifico che il ricorrente sia legalmente coniugato con la cittadina italiana Daniela D., non sussistendo dubbi in ordine alla celebrazione del loro matrimonio. Risulta altresì pacifico che i coniugi siano tuttora di diverso sesso anagrafico, posto che il ricorrente, pure assumendo di fatto le sembianze dell’altro genere, non ha mai richiesto la rettificazione anagrafica del sesso a norma della legge n. 164 del 14 aprile 1982.

8. Ebbene, nel nostro ordinamento è certamente consentita la permanenza del matrimonio pregresso anche dopo l’avvenuta rettificazione del sesso con intervento chirurgico in seguito ad autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria; soltanto la rettificazione anagrafica di attribuzione di sesso, disposta con sentenza passata in giudicato, può essere causa di divorzio ex lettera «g» dell’art. 3, II comma L. 1° dicembre 1979 n. 898. Al contempo   è oggetto di controverse opinioni dottrinali ed opposte decisioni giurisprudenziali la necessità, in ogni caso, di domanda delle parti, dubitandosi pure della compatibilità di un divorzio “d’ufficio” con i principi costituzionali, è certo che se la parte decide di non procedere alla rettificazione anagrafica, il suo mutamento di sesso non consente di accedere al divorzio senza previa separazione a norma della lettera «b» dell’art. 3, II comma L. 1° dicembre 1979 n. 898.

9. Con riguardo all’elemento  della convivenza si deve  considerare che l’attività istruttoria espletata da questo Tribunale nel 2008 e rinnovata dal Giudice di pace di Reggio Emilia nel 2012 ha confermato, mediante l’escussione di diversi informatori, la sussistenza della convivenza tra i coniugi, requisito richiesto per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari.

10.  Non ritiene il Tribunale che sia necessario procedere ad ulteriore attività istruttoria, atteso che la sussistenza del requisito della convivenza subito dopo il matrimonio e la sua permanenza sino ad oggi è stata accertata da due giudici e che gli elementi emersi in tali due procedimenti non hanno formato oggetto di alcuna specifica contestazione dalla parte pubblica nel presente procedimento;

11.Le argomentazioni della Questura si fondano, difatti, non sulla contestazione dei dati obiettivi sopra richiamati (stabile coabitazione nel medesimo appartamento, congiunta frequentazione pubblica degli stessi locali, passeggiate comuni ecc..) indici di un rapporto affettivo «evidente ed intenso» dai quali è stata desunta dunque la sussistenza e la permanenza della convivenza, ma sull’assunto della radicale incompatibilità tra la identità di genere del marito ed il requisito della convivenza more uxorio; è difatti da tale ritenuta incompatibilità che la Questura desume l’evidenza d’un intento simulatorio.

12.L’assunto d’una incompatibilità in radice tra l’identità di genere del marito ed il requisito della convivenza more uxorio non persuade. Sul punto si deve rilevare come la letteratura scientifica abbia da tempo precisato la nozione di «identità di genere» scindendola nettamente dalla nozione di «orientamento sessuale» e, come noto, le due nozioni sono state delineate e definite dalla Corte costituzionale in due diverse sentenze, n. 161 del 6 maggio 1985 e n. 138 del 21 aprile 2010: per orientamento sessuale si intende il genere verso il quale la persona si sente attratta; per identità di genere si intende la identificazione della persona con uno dei due generi.

13.E’ riscontrata in letteratura la non infrequente ipotesi di soggetti che pur identificandosi nel genere opposto mantengano orientamento sessuale nei confronti dello stesso genere opposto; è, cioè, appurato che soggetti che si identificano con l’altro genere e desiderano assumere i comportamenti e le sembianze dell’altro genere, possano in alcuni casi avere orientamento sessuale diretto nei confronti delle persone appartenenti non al genere da cui provengono ma al genere col quale si identificano.

14.  Ne  consegue che se la relazione affettiva è condivisa dal coniuge, non si può affermare, di per sé, la carenza di convivenza more uxorio.

15. Il fenomeno della permanenza di rapporti coniugali fondati sulla convivenza more uxorio dopo il mutamento di sesso di uno dei coniugi, è emerso in giurisprudenza in più occasioni, essendosi constatata la ferma volontà dei coniugi di proseguire o intraprendere il rapporto di coniugio.

16. La Corte europea dei diritti umani, nella recente decisione del 12 novembre 2012 sul caso H. c. Finlandia ha deciso la questione sottoposta al suo vaglio con riguardo alla normativa finlandese che impone la trasformazione del matrimonio in una civil partnership quale effetto ex lege  della rettificazione anagrafica del sesso; nella specie, la coniuge dell’istante non dava il proprio consenso allo scioglimento del matrimonio in quanto le parti non volevano mutare il proprio matrimonio in una mera civil partnership (la Corte ha ritenuto che la scelta del legislatore finlandese rientri nel margine di apprezzamento del singolo Paese contraente e che non vi sia violazione del diritto alla vita privata ed alla vita familiare ex art. 8 Cedu, al matrimonio ex art. 12 ed al divieto di discriminazioni ex art. 14, in quanto la civil partnership finlandese assicura diritti pressoché identici a quelli del matrimonio e i diritti dei figli non vengono toccati in alcun modo; la Corte ha dunque ritenuto che la prosecuzione del matrimonio tra una persona divenuta del sesso opposto ed il coniuge rientri nella nozione di «vita familiare» e sia protetta ex art. 8 Cedu); due analoghe questioni, peraltro, erano state già portate all’attenzione della Corte europea nel 2006 (cfr. Parry e R. e F. c.  Regno Unito).

17.Inoltre una fattispecie analoga è stata oggetto di una nota sentenza della Corte costituzionale tedesca che nel 2008 ha affermato l’illegittimità della normativa (paragrafo 8, I comma n. 2, L. 10/9/1980) che imponeva lo scioglimento del matrimonio prima della rettificazione di sesso, rilevando la necessità di garantire la prosecuzione del rapporto coniugale tra una persona che abbia cambiato sesso e il proprio coniuge; per quanto qui interessa, dalla lettura di tale sentenza emerge come la Società tedesca di ricerca sulla sessualità (Deutschen Gesellschaft für Sexualforschung), intervenuta nel processo, abbia rilevato che «vi è un ampio ventaglio di orientamenti sessuali tra gli assai eterogenei gruppi di transessuali da Uomo a Donna»; la società di ricerca ha rilevato che «molti transessuali da Uomo a Donna sono sposati ed hanno spesso anche figli. Sovente hanno provato per anni a soffocare il proprio desiderio transessuale, con grave sofferenza, al fine di non mettere in pericolo il loro matrimonio e la loro famiglia. Infine quando ciò non gli è più possibile, molti di questi matrimoni si rompono», mentre il conflitto interiore, tra la propria salute psichica ed il benessere della famiglia «dura spesso a lungo e finisce per approfondire ancor più il legame tra i coniugi» (Corte costituzionale tedesca, 27.5.2008, 1 BvL 10/05, par. 25).

18. Altro caso è stato affrontato dalla stessa Corte costituzionale tedesca nel 2011 (Corte costituzionale tedesca,  3295/07 del 11.1.2011: nella specie si trattava di un uomo che aveva ottenuto la correzione anagrafica restando anatomicamente uomo ma assumendo il nome e le sembianze femminili come consentito dalla legge tedesca sulla cd. «piccola soluzione»; il medesimo, essendo orientato sessualmente verso le donne, aveva chiesto di potersi unire civilmente con la propria compagna con un partenariato riservato alla coppie omosessuali secondo la legge sulle eingetragene Lebenspartnerschaft, introdotta in Germania nel 2001; la Corte ha dichiarato l’illegittimità della norma che prevede come unico istituto il matrimonio, per contrasto con la dignità personale, in quanto rileva in pubblico che la persona era in origine un uomo, violandone il diritto alla riservatezza);

19.Simile questione si è posta avanti alla Corte costituzionale austriaca, che ha dichiarato l’incostituzionalità della norma austriaca che imponeva lo scioglimento del matrimonio violando il diritto a proseguire nel matrimonio nonostante il mutamento di sesso (Corte cost. austriaca, 8.6.2006, V4/06);

20.Casi analoghi sono segnalati in Svezia (Corte ammin. Stoccolma, causa n. 21170-10, 14.9.2010 che ha dichiarato illegittimo il requisito del divorzio previsto dalla legge del 1972 per la rettificazione di sesso) e nella giurisprudenza di merito francese.

21. Identica questione si è posta anche nel nostro ordinamento, ad ulteriore riscontro della fattuale possibilità che i coniugi possano proseguire la convivenza e vogliano restare sposati anche dopo il mutamento di sesso (cfr. Tribunale di Modena, II sez. civile, decreto 27/10/2010 riformata da Corte Appello di Bologna, decreto del 4/2/2011);

22.Un caso identico a quello oggetto della presente decisione è stato deciso, infine, dal Tribunale di Rimini con ordinanza del 13 aprile 2012 nel quale è stato ritenuto illegittimo il diniego della Questura di rilasciare la carta di soggiorno basata su circostanze «attinenti alla sfera personale ed ai gusti dei coniugi» (nella specie il tribunale ha ritenuto il diritto ad ottenere la carta di soggiorno di un cittadino brasiliano regolarmente coniugato con una cittadina italiana, dovendosi prendere atto della regolarità del matrimonio nonostante il marito avesse in atto un percorso di mutamento di sesso, non risultando alcuna rettificazione anagrafica di sesso);

23. Da ultimo, caso analogo è stato deciso anche dalla Suprema Corte che nell’ipotesi di un cittadino di paese non aderente all’Unione europea regolarmente coniugato con cittadino italiano, ha ritenuto che ove non sia provata l’interruzione della convivenza e non risulti alcuna rettificazione di sesso, si deve prendere atto della regolarità del matrimonio nonostante il marito, asseritamente transessuale, svolga attività di prostituzione, non ravvisandosi una fattispecie di inesistenza del matrimonio (Corte di Cassazione, prima sezione civile,sentenza del 14 aprile 2005 – 18 giugno 2005);

24.Dunque, tanto nella letteratura scientifica che nell’esperienza dei tribunali emerge indiscutibile la sussistenza di numerosi casi in cui i coniugi, dopo o nel corso del percorso di mutamento di sesso, permangano in una stabile e solida relazione coniugale;  ne consegue che l’identificazione con l’altro genere non è di per sé prova della carenza di una relazione di convivenza.

25.Pur apparendo condivisibile e doveroso perseguire lo scopo di «difendersi da abusi di diritto o da frodi, in particolare matrimoni di convenienza o altri tipi di relazioni contratte all’unico scopo di usufruire del diritto di libera circolazione e soggiorno», come indicato dal 28° considerando della Direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004, la quale prescrive agli Stati membri «di adottare le necessarie misure», si deve pure rammentare come l’art. 35 (Abuso di diritto)  della stessa direttiva disponga che «le misure necessarie per rifiutare, estinguere o revocare un diritto conferito dalla presente direttiva, in caso di abuso di diritto o frode, quale ad esempio un matrimonio fittizio» debbano essere, in ogni caso, «proporzionate» e soggette alle garanzie giurisdizionali.

26. Nelle Linee guida elaborate dalla Commissione delle comunità europee il 2 luglio 2009 per una migliore trasposizione e applicazione della direttiva 2004/38/CE, al punto 4.2. sui «Matrimoni di convenienza», è espressamente segnalato che «al fine di evitare oneri e ostacoli inutili, è possibile individuare una serie di criteri indicativi per capire in quali casi l’abuso dei diritti comunitari è improbabile» e tra i primi criteri sono indicati: «- la coppia ha una relazione da molto tempo; – la coppia ha un domicilio/residenza comune da molto tempo; (…) – il matrimonio è durato a lungo»;

27.Tali principi generali appaiono certamente congrui anche nell’ipotesi di rilascio e/o revoca di permesso di soggiorno al familiare di un cittadino italiano a norma dell’art. 30, comma I, lett. b, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

28. Non può non considerarsi,  allora, come a fronte di un matrimonio legalmente celebrato e d’una stabile relazione e convivenza coniugale, durata, oramai, da oltre cinque anni, ogni ulteriore indagine sulla natura del rapporto tra i coniugi finalizzata a verificare se il rapporto sia “simulato” appaia ultronea tanto da apparire  un’inammissibile intrusione nella sfera personale dei coniugi.

29.Ogni ulteriore indagine sui sentimenti dei coniugi, sulla loro relazione, sul loro menage quotidiano ecc. appare poco compatibile proprio con la tutela che la Carta costituzionale, all’art. 29 («la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»), assicura ai coniugi nel matrimonio; si rammenta a tale proposito come la più autorevole dottrina abbia sottolineato, infatti, come l’art. 29, imponga al Legislatore di salvaguardare «una sfera nell’ambito della quale l’ordinamento statuale si asterrà dal penetrare, rispettoso dei valori e dei sentimenti individuali».

30. Tutto quanto sin qui esposto, induce a concludere che sussistono il diritto  alla  concessione del permesso di soggiorno per motivi familiari allo straniero V. F.  che ha contratto matrimonio con cittadina italiana in Daniela D. a norma dell’art. 30, comma I, lett. b, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, né risulta in alcun modo che al matrimonio non sia seguita l’effettiva convivenza o che il matrimonio abbia avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all’interessato di soggiornare nel territorio dello Stato (art. 30, comma 1 bis);

31. La Questura deve pertanto provvedere in conformità a tale riconoscimento.

32. Attesa la natura delle questioni trattate ed oggetto di ampio ed controverso dibattito dottrinale giurisprudenziale, si ravvisano giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.

                                                                                      pqm

accoglie il ricorso e dispone che l’autorità amministrativa competente  provveda  nei confronti del ricorrente V. F.  in conformità al riconosciuto  diritto  al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari;

a)      compensa le spese di lite.

Si comunichi.

Reggio Emilia, 9 febbraio 2013.

                                                                                                   Il giudice

                                                                                         Annamaria Casadonte



[1]                Articolo 30 comma 1-bis . Il permesso di soggiorno nei casi di lite al comma uno,  lettera b),  è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l’effettiva convivenza salvo che dal matrimonio sia nata prole. La richiesta di rilascio di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero di cui al comma uno, lettera a) è rigettata e il permesso di soggiorno è revocato se è accertato che il matrimonio o l’adozione hanno avuto luogo lo scopo esclusivo di permettere l’interessato di soggiornare nel territorio dello Stato.