Categoria: Unioni civili

La sentenza perfetta. Paternità omosessuale e diritti del bambino

Osservazioni a prima lettura sull’ultima sentenza del Tribunale per i minorenni di Roma in tema di “stepchild adoption”.

 di Angelo Schillaci*

1. Premessa

 Per una felice coincidenza, il primo passaggio in giudicato di una sentenza che dispone l’adozione coparentale a favore del partner omosessuale si è prodotto in relazione ad una coppia di padri. Ad oggi, pertanto, esiste – anche agli occhi del diritto – una famiglia formata da due padri e dal loro bambino: essa può essere pensata in termini giuridici, e gode di riconoscimento. Tale circostanza non è senza significato, se solo si guarda indietro al dibattito pubblico delle ultime settimane su genitorialità omosessuale, unioni civili e cd. stepchild adoption.

La sentenza del Tribunale per i minorenni di Roma depositata il 23 dicembre 2015 e resa pubblica il 21 marzo 2016, contiene infatti una serie di indicazioni preziose per chi voglia ricostruire, in prospettiva giuridica, i termini delle questioni che sono state agitate sulla scena pubblica, tra cui, in ordine sparso: la confusione tra scelta, desiderio e “diritto” di essere genitore, l’alternativa tra soggettività del bambino e sua riduzione a “oggetto” di condotte e desideri degli adulti, il recupero del dato della differenza sessuale nella riflessione sulla genitorialità omosessuale, nonché il vero e proprio corto circuito – politico e mediatico, ma anche giuridico e culturale – tra riconoscimento dei diritti del bambino già nato e disciplina delle tecniche di procreazione assistita.

Una sentenza, insomma, “perfetta” per rileggere il dibattito pubblico degli ultimi mesi, riportando sul piano dell’argomentazione giuridica, e dunque depotenziando, tensioni e conflitti.

2. Paternità omosessuale

La decisione rappresenta, anzitutto, un invito a recuperare il dato della differenza sessuale nell’approccio alla genitorialità omosessuale (more…)

Adozione da parte del papà sociale di un bimbo nato da maternità surrogata: la Procura di Roma non impugna e la sentenza diventa definitiva

Pubblichiamo la sentenza del tribunale per i minorenni di Roma, depositata il 23 dicembre 2015 e resa nota solo oggi, che dispone l’adozione in casi particolari da parte del padre sociale. La sentenza, che si inserisce nell’indirizzo ormai consolidato del tribunale capitolino (confermato anche dalla Corte d’appello di Roma e richiamato in forma adesiva anche dalla Corte d’appello di Milano) ha particolare rilievo, oltre che per l’accurata ricostruzione, in motivazione, della vicenda che ha condotto alla nascita del bambino, per tre particolari profili.

Per la prima volta, la sentenza non è stata impugnata dalla Procura competente, di talchè la sentenza è divenuta definitiva e si è prodotto l’effetto costitutivo della creazione di una doppia genitorialità di due persone dello stesso sesso (si tratta, ovviamente, per il genitore biologico di genitoralità piena e per il genitore non biologico, o sociale, di genitoralità con gli effetti dell’adozione in casi particolari). Per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico, dunque, un bambino viene riconosciuto figlio di due genitori dello stesso sesso, con sentenza non più impugnabile. Non potrebbe esservi segnale più vistoso del consolidamento della giurisprudenza di merito.

In secondo luogo, si tratta, a quanto è dato sapere, del primo caso di riconoscimento in Italia della bigenitorialità di due padri. E’ certamente un esito del tutto scontato, in quanto dal punto di vista giuridico appare del tutto coerente con l’orientamento che impone di ricercare la maggior  tutela possibile del minore a prescindere da ogni considerazione in ordine all’identità ed all’orientamento sessuale dei genitori. E’ dunque evidente che ciò che è stato affermato per due mamme non poteva che essere ripetuto per due padri (more…)

Il nome della rosa (la disciplina italiana delle unioni civili)

Solo il tuo nome è mio nemico
Prendi un altro nome!
Che c’è nel nome?
Quella che chiamiamo rosa,
anche con altro nome avrebbe il suo profumo
Romeo and Juliet, II, 2

Stat rosa pristino nomine, nomina nuda tenemus
Il nome della rosa, Ultimo folio

 di Geremia Casaburi*

1. Premessa: da Shakespeare ad Eco

Il senato ha appena approvato la legge che disciplina le unioni civili tra persone dello stesso sesso (ma anche – ed è parte non  secondaria – le convivenze di fatto, di cui però non mi occuperò, se non marginalmente), ed appare verosimile (almeno allo stato, certo magmatico, della vita politica italiana) che lo farà anche la Camera (vi è, certo, l’ulteriore incognita della promulgazione del  Presidente della Repubblica).

Le coppie omosessuali escono dal limbo della inesistenza giuridica, almeno sul piano normativo (la realtà giurisprudenziale e sociale è molto diversa) ma, come si dirà, non entrano nel Paradiso (?) della piena eguaglianza rispetto a quelle eterosessuali, in quanto – a differenza che in altri Paesi occidentali, anche con ordinamenti molto vicini al nostro – la questione del matrimonio egualitario neppure si è posta.

Se poi il nuovo istituto giuridico, appunto  le unioni civili tra persone dello stesso sesso (d’ora in avanti: UC) costituisca o meno (e in che misura) una forma di matrimonio (o meglio, se sia- ed in quale misura- rapportabile a quest’ultimo) è questione controversa, non meramente formale, e che affronterò  in questo lavoro; da qui anche il titolo.

Infatti, da un lato, per molti profili, le differenze tra matrimonio e UC sono solo nominali, non di contenuto (more…)

Un buco nel cuore. L’adozione coparentale dopo il voto del Senato

di Angelo Schillaci*

1. Il faticoso compromesso che ha portato all’approvazione – con voto di fiducia – del disegno di legge AS 2081 da parte del Senato della Repubblica il 25 febbraio 2016, ha comportato il sacrificio del suo art. 5. Tale disposizione estendeva alle parti di una unione civile tra persone dello stesso – attraverso la modifica dell’art. 44, lett. b), della legge n. 184/83 – la possibilità di chiedere l’adozione del figlio biologico o adottivo dell’altra parte, così garantendo al bambino la stabilità e la certezza giuridica del rapporto con il cd. genitore sociale.

Si sarebbe trattato – è bene ricordarlo – di una tutela solo parziale, di un primo passo verso l’uguaglianza tra tutti i figli, indipendentemente dal tipo di famiglia in cui crescano. L’adozione coparentale, infatti, presenta differenze significative, sul piano degli effetti, rispetto all’adozione piena di cui al Titolo II della stessa legge: mentre quest’ultima, infatti, comporta che si stabilisca una relazione giuridica anche tra l’adottato e la famiglia dell’adottante, gli effetti dell’adozione coparentale sono limitati alla relazione tra adottante e adottato.

E tuttavia, il legislatore non è riuscito a completare l’operazione di riconoscimento e tutela della vita familiare omosessuale, lasciando fuori dal testo della legge – seppure, come vedremo, solo parzialmente – il profilo dei rapporti genitoriali.

Al di là delle valutazioni politiche, devono essere sottolineate alcune implicazioni di carattere culturale, che una simile scelta di riconoscimento solo parziale comporta. Queste sono state richiamate, con efficacia, anche in Aula: si è sostenuto, in modo particolare, che la scelta di stralciare il profilo delle adozioni nasconda “una logica ed un approccio culturale che intende negare l’istanza morale che c’è, che può esserci, nella domanda di unione civile, che mira a neutralizzare il valore sociale ed etico di quella stessa unione civile e a ridurla a un mero contratto privato”. Sullo sfondo del riconoscimento delle unioni civili pulsa, in altre parole, “un’altra grande questione, ancora più importante e delicata […] la questione della dignità della persona e della persona omosessuale” e “la dignità non è, non può essere, parziale, intermittente e dimidiata […] la dignità o è o non è” (così il Sen. Luigi Manconi, con la dichiarazione di voto in dissenso dal gruppo con la quale ha annunciato la non partecipazione al voto di fiducia, 25 febbraio 2016). Una dignità – quella delle persone omosessuali e delle loro famiglie – che passa anche attraverso (more…)

Cosa c’è nella legge sulle unioni civili: una prima guida

di Marco Gattuso*

 

Ecco il “Maxiemendamento”.
Con il voto di fiducia di oggi si chiude di fatto questo lungo e travagliato iter della legge Cirinnà. Salvo imprevisti (che la politica italiana non ci ha fatto mancare..) l’approvazione anche dell’altra Camera dovrebbe essere, di fatto, scontata.
È stato un percorso complicato e pieno di ostacoli. Questo portale non è la sede giusta per commentare i controversi passaggi politici delle ultime settimane. É, invece, la sede idonea per analizzare il testo della legge, per constatare come il testo contenga alcune cose davvero inaccettabili, altre meno rilevanti, altre addirittura risibili.

1. In primo luogo.

É inaccettabile che nel 2016, undici anni dopo la legge Zapatero e dopo quel che è successo in tutto il mondo occidentale, in parlamenti a noi vicini come quelli di Londra e Parigi, dopo la sentenza della Corte suprema americana, dopo il referendum irlandese, e tante altre vicende che abbiamo avuto modo di seguire e commentare in questo sito, una classe politica che non possiamo non definire provinciale e, almeno in parte, bigotta, non abbia posto fine alla discriminazione matrimoniale nei confronti della minoranza omosessuale.
È davvero inaccettabile, soprattutto, che la mancanza di volontà e capacità politica sia stata nascosta dietro l’alibi di insussistenti vincoli costituzionali. La Costituzione italiana, la Costituzione antifascista, non ha nulla di meno di quella spagnola, di quella francese o di qualsiasi altro Paese occidentale ed avrebbe consentito (e, ad avviso di scrive, avrebbe anzi imposto) di assicurare piena uguaglianza.
É ancora depositata in Senato una legge semplice, di poche righe, intitolata “Norme contro la discriminazione matrimoniale”. É una legge di poche parole. Perché quando le cose sono giuste e razionali, spesso sono anche semplici.
É stata prodotta, invece, una legge lunga, cavillosa, prolissa, complicata, che assicura alle coppie gay e lesbiche tutti i diritti del matrimonio ma di fatto prosegue nella strada del cd “separate but equal“.
Questa legge non appaga le istanze di uguaglianza. Non ci porta nel novero dei Paesi più civili.
Se qualcosa di buono è comunque accaduto, sta nel rianimarsi del movimento per i diritti civili, nella crescita della consapevolezza -nel Paese, nell’opinione pubblica, nel mondo accademico, nei tribunali, nella classe forense, e, soprattutto, nelle stesse persone omosessuali- della necessità di proseguire in fretta il viaggio verso la piena uguaglianza.
Credo che di questo ci avvedremo presto nella vita d’ogni giorno, nelle piazze ed anche nelle sentenze dei nostri giudici.

2. In secondo luogo.

È del tutto inaccettabile che in un Paese democratico e che si richiama ai valori occidentali non sia stato possibile mettere nero su bianco il principio del diritto dei bambini al riconoscimento giuridico della relazione con i propri genitori.
Non è stato possibile confermare una cosa così banale come la necessità di tutelare il superiore interesse dei bambini, di tutti i bambini, anche quelli con due mamme e due papà.
Il nostro portale si é battuto per questo, e la risposta al nostro appello, strabiliante per la qualità delle adesioni, prima ancora che per la quantità, ci ha confermato quanto tale esigenza sia ormai un dato del tutto acquisto nella parte più colta ed informata del Paese.
Si trattava, come abbiamo detto, di una “garanzia minima”. Sarebbe stato molto (more…)

Vagiti e manette. L’emendamento Dalla Zuanna: una proposta tecnicamente irricevibile

Prima di ucciderlo ne facciamo uno di noi
Non possiamo tollerare che un pensiero sbagliato
esista in una parte qualsiasi del mondo,
per quanto innocuo e recondito possa essere.
Non possiamo permettere alcuna deviazione,
nemmeno in punto di morte

G. Orwell

 

 di Luca Morassutto*

 

Introduzione

Il d.d.l. n. 2081/2015, approdato all’aula del Senato, si appresta ad essere votato e, sin da subito, è apparso chiaro che lo scontro più cruento si sarebbe combattuto sul terreno dell’art. 5 e l’istituto della stepchild adoption. Proprio in relazione alla possibilità che due persone dello stesso sesso possano formare una famiglia si sono levate le ire di esponenti del Governo[1], ridotti poi a più miti consigli da una sana realpolitik[2], aprendosi così alla possibilità del riconoscimento giuridico delle coppie same sex a patto che venisse stralciato proprio quell’art. 5 del d.d.l. Cirinnà che porterebbe all’adozione del figlio del partner e qualsivoglia riferimento al matrimonio. Tutto questo mentre in Portogallo il Parlamento ha approvato l’adozione anche per le coppie same sex, quindi un provvedimento normativo ben più pregnante dell’adozione del figlio del coniuge. Vale la pena osservare che in ordinamenti giuridici affini, già oggi, le coppie dello stesso sesso possono accedere all’adozione di minori. Lo fanno nella cattolicissima Spagna, per l’appunto in Portogallo; nella “figlia prediletta della Chiesa” – così sin dai tempi di Clodoveo I – la Francia; ma anche in Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Svezia, Norvegia, Danimarca, Austria, Islanda, Malta, Stati Uniti, Canada, Messico, Argentina, Brasile, Uruguay, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda. Altri Stati hanno avuto un approccio più timido optando per la stepchild adoption, pensiamo in tal senso a Germania, Finlandia e Groenlandia.

Nel novero degli intenzionati a frustrare i disegni di genitorialità delle persone omosessuali non si iscrive solo il fronte di coloro che vorrebbero lo stralcio dell’art. 5 del d.d.l. 2981/2015 o meglio del disegno intero, ma anche chi si spinge oltre e ritiene di dover porre in combinato disposto il d.d.l. Cirinnà e l’art. 12 della l. 40/04. Si fa in tal senso precipuo riferimento all’emendamento n. 4.0.6000, presentato dal Senatore Dalla Zuanna, appartenente al Partito democratico, volto ad introdurre un art. 4 bis nell’impianto normativo. Come dichiarato dal Senatore, primo firmatario dell’emendamento: “a noi spetta il difficile compito di tenere sullo sfondo le nostre convinzioni personali, interpretando la sensibilità del Paese approvando una legge che non contrasti con il pronunciamento della Consulta e contemperando le aspirazioni di tutti i soggetti coinvolti, partendo da quelli più deboli che, come ha ricordato Monica Cirinnà, non hanno voce e possono parlare solo attraverso di noi. Fra questi soggetti deboli, non possiamo dimenticare le donne che accettano di fare da gestanti per altri..”[3] (more…)

Il Presidente del Senato rigetta la prima richiesta di voto a scrutinio segreto

Logo_del_Senato_della_Repubblica_Italiana.svgIl Presidente del Senato rigetta la richiesta del sen. Quagliarello di voto a scrutinio segreto sul passaggio all’esame degli articoli (che avrebbe bloccato di fatto la legge: nel pomeriggio il voto a scrutinio palese ha respinto la proposta con 195 voti a contrari, 101 favorevoli ed un astenuto)
Quagliarello: “Presidente, non è stato un buon inizio”

Secondo il Presidente del Senato, Pietro Grasso, il voto a scrutinio segreto non può essere concesso “soprattutto per il fatto che la disciplina delle formazioni sociali, dove si svolge la personalità dell’individuo – e tra queste rientrano senz’altro le famiglie non fondate sul matrimonio – trova il proprio fondamento costituzionale nell’articolo 2, che non è ricompreso tra le disposizioni tassative per le quali il voto segreto può essere concesso”
Il Presidente, dunque, osserva come il Parlamento non stia votando sul matrimonio ex art. 29 Cost. (norma in relazione alla quale, secondo il Regolamento del Senato, sarebbe possibile il voto segreto) ma su un istituto diverso.
Questa motivazione appare ineccepibile, in quanto appare evidente che si sta introducendo un nuovo istituto diverso dal matrimonio che nulla toglie al matrimonio e che in nulla scalfisce le regole applicabili alle coppie coniugate.
E’ una motivazione che si segnala per la particolare rilevanza per il proseguo dell’iter, poiché dovrebbe valere per la gran parte delle successive richieste di voto segreto.

La selezione degli interventi più rilevanti dell’ultimo giorno di Discussione generale

 

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Come abbiamo già fatto per i primi tre giorni di discussione, continuiamo a pubblicare, grazie all’archivio di Radio Radicale, una selezione degli interventi (in video) della discussione generale in Aula sul d.d.l. n. 2081/2015 sulle Unioni civili fra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto. Qui dunque gli interventi più rilevanti dell’ultimo giorno. Crediamo di poter consentire, così, a chi non ha tempo di seguire tutta la discussione di assistere ai momenti a nostro avviso più interessanti del dibattito in corso in Senato (ogni intervento dura circa otto minuti). Non abbiamo tenuto conto della provenienza politica, ma abbiamo avuto riguardo al contenuto degli stessi, cercando comunque di dare conto dei diversi orientamenti emersi sino ad oggi in Aula.

EMILIA GRAZIA DE BIASI (pd)

CARLO GIOVANARDI (gal (gs-ppi-m-mbi-id-ee))

ANNA FINOCCHIARO (pd) (more…)

Alle 16,30 iniziano le votazioni in Aula

Alle 16,30 iniziano le votazioni in Aula.
Questa mattina (e sino alle 16,30) sono attese tre decisioni importanti:
– il PD decide su quanti e quali specifici emendamenti lasciare libertà di voto.
– la Lega decide quali emendamenti ritirare: ha annunciato che resteranno “solo” 500 emendamenti, ma è necessario capire quali. Solo se non rappresentano forme di ostruzionismo parlamentare il PD potrà ritirare l’emendamento cd. Supercanguro del sen. Marcucci.
– il Presidente del Senato Grasso deve decidere se sulla proposta di non passare al voto (rinviando tutto alla Commissione e di fatto bloccando la legge) si vota a scrutinio palese o segreto.

Domani il primo voto sull’iter legislativo: ma è possibile concedere il voto segreto?

Con la proposta di delibera pubblicata qui, una settantina di senatori, capeggiati dal Sen. Calderoli, domandano che l’Aula, nella seduta pomeridiana di domani, prima dell’inizio del voto sugli emendamenti, si pronunci sul passaggio all’esame degli articoli.

Se dovesse passare tale proposta, quindi, l’iter della discussione in Aula della proposta di legge sulle Unioni civili si fermerebbe qui: tutto ritornerebbe in Commissione giusitiza e se ne riparlerebbe tra chissà quanti mesi (o anni).

L’art. 96 del Regolamento prevede infatti che, una volta conclusa la discussione generale, ciascun Senatore possa chiedere all’Aula di pronunciarsi sull’opportunità di proseguire l’esame del disegno di legge.

I proponenti hanno chiesto che su tale proposta di delibera l’Aula voti a voto segreto. Sappiamo che la questione del voto segreto inciderà pesantemente sul voto della Legge, posto che viene avversata da più parti in quanto consente al parlamentare di esprimere il proprio voto senza alcun controllo democratico da parte dell’elettorato.

Con riguardo a questo primo voto, tuttavia, la richiesta di voto segreto non persuade.

Si tratta difatti, all’evidenza, di un passaggio attinente alla scansione del procedimento legislativo e non direttamente attinente al contenuto del disegno di legge. Ne è conferma l’applicabilità a tale deliberazione, ai sensi del medesimo articolo 96, dell’art. 95 del Regolamento, relativo all’esame degli ordini del giorno.

Non appare persuasivo, pertanto, che i firmatari della proposta richiedano espressamente che su di essa si deliberi con voto segreto, ai sensi dell’art. 113, comma 4, del Regolamento, atteso che tale disposizione, nel disciplinare il ricorso al voto segreto, fa espresso riferimento a deliberazioni che attengano ad una serie di previsioni costituzionali tra cui, per ciò che qui rileva, l’art. 30 Cost.: l’art. 113, comma 4, in altri termini, collega il ricorso al voto segreto a criteri di tipo sostanziale e si riferisce pertanto a deliberazioni direttamente attinenti al contenuto degli articoli di un disegno di legge. Ciò che, evidentemente, la delibera di non passaggio all’esame degli articoli non è.

Sarà pertanto particolarmente interessante analizzare la decisione della Presidenza, competente sull’ammissione del voto segreto.

Inviato al Presidente della Repubblica l’Appello dei Giuristi in favore della stepchild adoption: 702 firmatari

LETTERA Presidente Mattarella x

E’ stato inviato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, oltre che ai Presidenti delle due Camere, Laura Boldrini e Pietro Grasso, l’Appello dei Giuristi in favore della stepchild adoption.

Il documento promosso da ARTICOLO29 su iniziativa di Marco Gattuso, Pina Palmeri e Barbara Pezzini, è stato firmato da 702 tra docenti, magistrati e avvocati.

Nel documento si sottolinea la necessità che «la normativa da emanare assicuri … un trattamento giuridico omogeneo a quello delle coppie coniugate».

Si evidenzia, inoltre, la necessità che sia assicurata «l’adozione del figlio da parte del partner del genitore biologico … la quale rappresenta la garanzia minima per i bambini che vivono oggi con genitori dello stesso sesso».

L’appello è stato sottoscritto da 702 giuristi, fra cui buona parte dei più autorevoli accademici italiani in materia di diritto costituzionale e di diritto di famiglia e dei minori, le più importanti associazioni italiane di avvocati di famiglia (l’Unione Nazionale Camere Minorili e l’AIAF nazionale, Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori), oltre a Magistratura Democratica e ad Area (associazione di magistrati promossa da MD e Movimento per la Giustizia-Art. 3), molti fra i giudici più noti del nostro Paese, con competenze specifiche in materia di famiglia e minori (basti pensare al Presidente della sezione famiglia della stessa Corte di Cassazione, Gabriella Luccioli, appena andata in pensione) ed avvocati assai stimati per le loro competenze in materia di famiglia .

Tra le adesioni segnaliamo: costituzionalisti del calibro di Paolo Ridola, Roberto Romboli, Giuditta Brunelli, Andrea Pugiotto, Marilisa D’Amico, Gaetano Azzariti, Salvatore Prisco, Mauro Volpi, Augusto Cerri, Carmela Salazar, Tommaso Francesco Giupponi, Cesare Pinelli e molti altri), gran parte dei massimi esperti italiani di diritto di famiglia e dei minori (Paolo Zatti, Gilda Ferrando, Salvatore Patti, Maria Carmela Venuti, Maria Rosaria Marella, Alfredo Galasso, Paolo Cendon) oltre a  giuristi illustri come Stefano Rodotà, Nerina Boschiero (preside della Facoltà di Giurisprudenza di Milano), Giulia Rossolillo, Vladimiro Zagrebelsky (già giudice della Corte europea dei diritti umani), Stefania Bariatti, Eva Cantarella (già professore ordinario di Istituzioni di Diritto Romano a Milano), Nicola Colaianni (ordinario di diritto ecclesiastico e di diritto ecclesiastico comparato a Bari), Claudio Scognamiglio, il filosofo del diritto Luigi Ferrajoli e tantissimi altri ed altre ancora.
(more…)

Unioni civili: una selezione della Discussione generale sul d.d.l. 2081/15

 



 

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Pubblichiamo, grazie all’archivio di Radio Radicale, una selezione degli interventi (in video) dei primi tre giorni della discussione generale in Aula sul d.d.l. n. 2081/2015 sulle Unioni civili fra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto. Crediamo di poter consentire, così, a chi non ha tempo di seguire tutta la discussione di assistere ai momenti a nostro avviso più interessanti del dibattito in corso in Senato (ogni intervento dura circa otto minuti). Non abbiamo tenuto conto della provenienza politica, ma abbiamo avuto riguardo al contenuto degli stessi, cercando comunque di dare conto dei diversi orientamenti emersi sino ad oggi in Aula.

 

 

2 febbraio 2016:

MONICA CIRINNA’ (pd)

NITTO FRANCESCO PALMA (fi-pdl)

GIANPIERO DALLA ZUANNA (pd) (more…)

Unioni civili e “stepchild adoption”: l’impossibile mediazione

di Angelo Schillaci*

1. Premessa

Con l’approssimarsi della data prevista per la discussione, in Senato, del disegno di legge in materia di unioni civili e disciplina delle convivenze (28 gennaio 2016), è tornato ad accendersi il dibattito, in particolare in relazione al suo art. 5, che prevede l’estensione alle parti di una unione civile dell’art. 44, lett. b) della legge n. 184/83.

In base a quest’ultima disposizione, nel testo attualmente vigente, il coniuge può adottare il figlio, anche adottivo, dell’altro coniuge: si tratta, come noto, di una delle ipotesi di “adozione in casi particolari”, vale a dire di adozione che prescinde dalle condizioni di cui all’art. 7, comma 1, della medesima legge, e cioè dallo stato di adottabilità del minore.

 2. Che cos’è la cd. stepchild adoption?

Rispetto all’adozione cd. “legittimante” o piena, che continuerà ad essere consentita, ai sensi dell’art. 6 della stessa legge, unicamente alle coppie unite in matrimonio, l’adozione di cui all’art. 44, lett. b) (cd. adozione coparentale-successiva, adozione interna alla coppia o stepchild adoption) garantisce – non automaticamente, ma previa valutazione del Tribunale dei minori, è bene sottolinearlo – il riconoscimento giuridico del rapporto tra il minore ed il coniuge (o, secondo il disegno di legge in esame, il partner civile) del genitore biologico o adottivo, e questo soltanto. Non vengono dunque stabiliti, per effetto di tale forma di adozione, rapporti di parentela né in linea retta né in linea collaterale. In altre parole, l’adottato diviene sì figlio del genitore cd. “sociale”, ma non diviene nipote dei genitori di questo né fratello di altri figli eventualmente nati, accolti o cresciuti dalla coppia, con conseguenze rilevanti, ad esempio in materia successoria e in materia di garanzia della continuità affettiva con i parenti del genitore adottivo, in caso di morte di quest’ultimo.

Proprio per queste ragioni, la cd. stepchild adoption – seppure prevista, per le parti di una unione civile, negli ordinamenti che già conoscono tale istituto (come Germania o Austria) – non ha mai rappresentato (more…)

Appello dei giuristi a tutela dei bambini: sì alla stepchild adoption, il Parlamento non si volti dall’altra parte

l'appelloIl documento promosso da ARTICOLO29 su iniziativa di Marco Gattuso, Pina Palmeri e Barbara Pezzini, è stato firmato da 746 tra docenti, magistrati e avvocati. Tra le adesioni alcuni dei più autorevoli giuristi italiani, fra cui il preside della Facoltà di Giurisprudenza di Milano Nerina Boschiero, costituzionalisti del calibro di Paolo Ridola, Roberto Romboli, Giuditta Brunelli, Andrea Pugiotto, Marilisa D’Amico, Gaetano Azzariti, Salvatore Prisco, Mauro Volpi, Augusto Cerri, Carmela Salazar, Tommaso Francesco Giupponi e molti altri), gran parte dei massimi esperti italiani di diritto di famiglia e dei minori (Paolo Zatti, Gilda Ferrando, Salvatore Patti, Maria Carmela Venuti, Maria Rosaria Marella, Alfredo Galasso, Paolo Cendon) oltre a  giuristi illustri come Giulia Rossolillo, Vladimiro Zagrebelsky (già giudice della Corte europea dei diritti umani), Stefania Bariatti, Eva Cantarella (già professore ordinario di Istituzioni di Diritto Romano a Milano), Nicola Colaianni (ordinario di diritto ecclesiastico e di diritto ecclesiastico comparato a Bari), Claudio Scognamiglio, il filosofo del diritto Luigi Ferrajoli e tantissimi altri ed altre ancora. Hanno appena aderito anche il professor Stefano Rodotà (numero 535) ed il prof. Cesare Pinelli (ordinario diritto costituzionale, Università Sapienza di Roma, n. 556).

Fra i firmatari anche MAGISTRATURA DEMOCRATICA ed AREA,  oltre a numerosissimi magistrati noti, come l’ex procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, Gabriella Luccioli, ex presidente della sezione famiglia di Cassazione, l’ex presidente del Tribunale per i minorenni di Roma Carmela Cavallo, l’attuale presidente del Tribunale per i minorenni di Bologna Giuseppe Spadaro, Bianca La Monica, presidente della sezione famiglia della Corte d’Appello di Milano, Francesco Mazza Galanti, Presidente della Sezione Famiglia del Tribunale di Genova, Elena Paciotti, presidente della Fondazione Basso, Livio Pepino, oggi direttore delle Edizioni Gruppo Abele, Gherardo Colombo, oltre a presidenti di tribunale (Reggio Emilia e Pistoia), noti giudici della Corte di Cassazione, come Domenico Carcano, Luciana Barreca, Giacinto Bisogni, e giudici di merito, fra cui moltissimi con competenze specifiche in materia di famiglia (come Francesco Mazza Galanti, presidente della sezione famiglia del tribunale di Genova) ed assai conosciuti (vedi i presidenti di sezioni civili a Milano e Firenze, Elena Rivacrugnolo e Luciana Breggia, quest’ultima anche presidente e animatrice degli Osservatori sulla giustizia civile), in particolare per le specifiche competenze in materia di minori e famiglia, come ad es. Geremia Casaburi, consigliere d’appello a Napoli e noto esperto di diritto minorile per il Foro Italiano.

Dopo l’adesione della Camera Minorile di Milano, hanno aderito anche

il Consiglio Direttivo dell’UNIONE NAZIONALE CAMERE MINORILI,

l’AIAF nazionale, ASSOCIAZIONE ITALIANA DEGLI AVVOCATI PER LA FAMIGLIA E PER I MINORI,

la  ASSOCIAZIONE AVVOCATI CAMERA MINORILE DELL’EMILIA ROMAGNA,

il direttivo dell’AIGA, ASSOCIAZIONE GIOVANI AVVOCATI, SEZIONE DI BOLOGNA,

l’OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA, SEZIONE BOLOGNA

Numerosissimi gli avvocati, fra cui Gianfranco Dosi, presidente dell’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia e tanti nomi assai noti, ad esempio Annamaria Bernardini de PaceAda Valeria Fabj, avvocato matrimonialista ed ex Senatore della Repubblicae meno noti che continuano ad aderire in queste ore mentre l’appello sta ancora girando nelle liste delle associazioni.

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Unioni gay: i bambini, innanzitutto

-Appello dei giuristi-

 

I giudici di Strasburgo con la sentenza del 21 luglio 2015 hanno condannato l’Italia per inottemperanza all’obbligo positivo di dare attuazione ai diritti fondamentali alla vita privata e alla vita familiare delle coppie dello stesso sesso. Come sottolineato dalla Corte costituzionale, il Parlamento italiano è chiamato oggi ad approvare “con la massima sollecitudine” una “disciplina di carattere generale” che tuteli le unioni omosessuali. Le corti europee richiedono che la normativa da emanare sia conforme al principio di non discriminazione ed assicuri un trattamento giuridico omogeneo a quello delle coppie coniugate, giacché ogni disparità esporrebbe la legge a nuovo vaglio di legittimità.
Preoccupa, quindi, che il dibattito sociale e parlamentare sembri bloccarsi sul tema della genitorialità, agitando questioni estranee al ddl (quale quella della surrogazione di maternità, comunque oggi vietata in Italia) e rischi di arenarsi sullo scoglio della c. d. stepchild adoption.
Quali giuristi (docenti universitari, giudici, avvocati) impegnati sui temi dei diritti fondamentali, del diritto di famiglia e dei minori, non possiamo non rilevare che l’adozione del figlio da parte del partner del genitore biologico (c. d. “adozione in casi particolari”), diretta a dare veste giuridica ad una situazione familiare già esistente di fatto, rappresenta la garanzia minima per i bambini che vivono oggi con genitori dello stesso sesso.
Il riconoscimento giuridico della relazione anche nei confronti del genitore sociale assicura difatti al bambino i diritti di cura, di mantenimento, ereditari ed evita conseguenze drammatiche in caso di separazione o intervenuta incapacità o morte del genitore biologico, salvaguardando la continuità della responsabilità genitoriale nell’esclusivo interesse del minore.
Queste bambine e questi bambini esistono. Il Legislatore non può cancellarli, non può voltarsi dall’altra parte, ignorandone le esigenze di protezione.
La giurisprudenza italiana ed europea segnala come la scelta più ragionevole e giuridicamente corretta consista nel consentire ai giudici di valutare caso per caso se l’adozione da parte del partner assicuri la migliore protezione dell’interesse superiore dei figli di genitori omosessuali. La giurisprudenza di merito ha già individuato diverse modalità di tutela, secondo la disciplina vigente, consentendo l’adozione ex art. 44, lettera d, Legge adozioni e, in alcuni casi, la trascrizione di atti esteri.
Tutti i Paesi con civiltà giuridica a noi affine si sono dotati di strumenti efficaci per la tutela dei figli di genitori omosessuali: la stepchild adoption, in forma analoga a quella prefigurata nel ddl in discussione, è prevista da anni nella legge tedesca; alcuni dei maggiori Paesi europei (Regno unito, Francia, Spagna) già ammettono l’adozione piena e legittimante.
Va, dunque, rigettato il ricorso a un inedito “affidamento in casi particolari” perché del tutto inadeguato alla protezione dei bambini, che non possono restare in balia di status precarî e revocabili, ma che, al contrario, necessitano di stabilità giuridica, di genitori che abbiano responsabilità nella cura, nell’educazione e nel mantenimento sino alla maggiore età ed oltre.
Va, pure, respinta con forza l’ipotesi di una legge sulle unioni civili che oggi regoli soltanto le relazioni tra gli adulti, perché ciò significherebbe l’ennesimo rinvio che ancora una volta lascerebbe senza protezione proprio i soggetti più deboli, i bambini.

FIRMATARI:

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Un primo commento alla nuova legge greca sulle unioni civili

di Matteo M. Winkler*

L’approvazione da parte del Parlamento greco, il 23 dicembre 2015, di una legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso ha generato nel nostro Paese due tipi di reazioni. Da una parte, a ragione, si è messa in evidenza la perdurante arretratezza del  nostro Paese sul tema delle coppie gay e lesbiche, richiamando per l’ennesima volta l’attenzione del Parlamento sulla necessità di procedere con urgenza nella medesima direzione. Dall’altra parte, e in modo invero piuttosto curioso, si è rilevata l’assenza, nella legge greca, di una disciplina della stepchild adoption (l’adozione del figlio del partner), sulla quale invece il nostro Parlamento starebbe al momento lavorando, affermando così implicitamente che la legislazione italiana in preparazione sarebbe, almeno sotto questo profilo, decisamente migliore di quella greca. Nel commento che segue vorrei chiarire che nessuna di queste due visioni appare corretta, e ciò alla luce sia dell’attuale stato del diritto di famiglia in Grecia, sia dell’odierna situazione italiana.

Ma procediamo con ordine. Anche in Grecia, come da noi, l’opzione di una legge sulle coppie formate da persone dello stesso sesso si muove lungo il crinale sottile che divide la necessità costituzionale dall’opportunità politica. A dirla tutta, non è che il primo ministro greco Alexis Tsipras avesse molta scelta se non estendere alle coppie gay e lesbiche l’istituto dell’unione tra conviventi già esistente per le coppie di sesso diverso dal 2008 (Legge 26 novembre 2008, n. 3719, Riforme in materia di famiglia, minori e società, il cui testo tradotto in inglese è leggibile qui). Infatti, come lo stesso Tsipras ha dovuto ammettere nel suo discorso di accompagnamento al disegno di legge, pendeva sulla Grecia la sentenza di condanna della Corte europea dei diritti umani emessa nel caso Vallianatos del 7 novembre 2013 (qui un commento articolato), ove la Corte aveva individuato nella limitazione alle coppie eterosessuali prevista dall’articolo 1 della citata legge una violazione del principio di non discriminazione per orientamento sessuale di cui agli articoli 8 e 14 della Convenzione. L’intervento legislativo è stato dunque a lungo atteso, ma anche necessitato da detta pronuncia.

Colpisce inoltre l’estrema rapidità con cui tale legge è stata approvata. L’annuncio ne era stato dato dal governo greco già il 9 febbraio 2015, poco dopo il suo insediamento all’esito delle elezioni nazionali di gennaio. Esattamente nove mesi più tardi, e dopo ulteriori elezioni nazionali, il progetto di legge raggiungeva l’aula parlamentare e in poco più di un mese giungeva all’approvazione finale, dopo 12 ore di discussione e con una larga maggioranza di 193 voti favorevoli contro 56 contrari.

Si badi che la legge non si occupa solo delle coppie gay e (more…)

L’adozione da parte della comadre è nell’interesse della minore: conferma anche dai giudici d’appello

Con sentenza depositata oggi 23 dicembre 2015 la Corte d’appello di Roma ha rigettato il ricorso del P.M. avverso la sentenza del Tribunale per i minorenni di Roma del luglio 2014 che aveva disposto l’adozione di una bambina da parte della comamma.

Anche i giudici d’appello affermano, dunque, che quando vi sia una stabile relazione genitore/figlio, l’art. 44 lett. D della Legge n. 184 del 1983 consente di disporre l’adozione. Si riafferma così che il giudice può e deve valutare se nel caso concreto l’adozione da parte della comadre è nell’interesse del minore.

La sentenza della Corte d’Appello di Roma rappresenta dunque una importante affermazione dell’indirizzo interpretativo, già fatto proprio dal Collegio di primo grado, che di recente aveva trovato conferma anche in una decisione dalla Corte d’Appello di Milano: l’art. 44 lett. D della Legge sull’adozione rappresenta «una clausola residuale in cui valutare tutti quei casi non sempre esemplificabili che nella realtà possono presentarsi e che non possono farsi rientrare nelle ipotesi di cui alle lettere a), b) e c)» e che, secondo la valutazione del giudice minorile, consigliano l’affermazione giuridica del rapporto di genitorialità nell’esclusivo interesse superiore del minore.

Tale interesse è sicuramente sussistente nell’ipotesi «di un profondo legame» della minore instaurato con la comadre «sin dalla nascita e caratterizzato da tutti gli elementi affettivi e di riferimento relazionale, interno ed esterno, qualificanti il rapporto genitore/figlio». La Corte d’Appello capitolina rammenta, peraltro, che «non si tratta, quindi, come ritenuto dal PM appellante, di affiancare una seconda figura materna o creare un nuovo rapporto genitore-figlio, ma di prendere atto di una relazione già sussistente e consolidata nella vita della minore e valutare l’utilità per quest’ultima che la relazione di fatto esistente sia rivestita giuridicamente a tutela della minore medesima».

Con le due decisioni della Corte d’Appello di Roma e di Milano, in rapida successione, si consolida così una (more…)

Avvocatura e tutela delle coppie omosessuali: la delibera del Consiglio Nazionale Forense

Con delibera adottata il 23 ottobre 2015, resa pubblica il 15 dicembre durante l’incontro su “Convivenze di fatto e unioni civili” svoltosi alla Camera dei Deputati, il Consiglio Nazionale Forense -massimo rappresentante istituzionale dell’Avvocatura italiana- ha rappresentato al Parlamento ed al Governo “l’improrogabile e indefettibile necessità di garantire la tutela della vita privata e familiare delle coppie di fatto e delle coppie omosessuali, nel rispetto della Costituzione e dei suoi principi democratici”.
Pur senza farvi espresso riferimento, la delibera sembra guardare al dibattito attualmente in corso sul ddl AS 2081 (cd. ddl Cirinnà), recante – appunto – “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, il cui iter riprenderà il 26 gennaio prossimo con la discussione generale in Aula, al Senato.
Il documento muove da alcune premesse rilevanti, sul piano del metodo e del merito. L’intervento dell’Avvocatura italiana nel dibattito politico, parlamentare e sociale in corso è infatti giustificato – in punto di metodo – sul rilievo secondo cui “il contributo positivo alla promozione e alla tutela dei diritti fondamentali, dell’eguaglianza e della pari dignità sociale è componente essenziale della missione istituzionale dell’Avvocatura, in coerenza con la sua funzione istituzionale e la sua responsabilità sociale”.
La delibera passa poi ad elencare alcuni profili di merito, dalle quali discende la necessità di una presa di posizione. Anzitutto, il rilievo centrale assunto – nel nostro sistema costituzionale – dalla centralità della persona umana, della sua dignità e dei suoi diritti inviolabili tra cui rientra “quello di esprimere la propria identità ed il proprio orientamento sessuale e di realizzare compiutamente ed in conformità ad essi le scelte inerenti alla vita privata, come quelle relative alla costruzione di una famiglia”: il principio del libero svolgimento della personalità si salda, poi, con il principio di eguaglianza, il quale – imponendo di evitare ogni trattamento discriminatorio – garantisce “alle diverse forme dell’affettività umana pari dignità sociale”. (more…)

Il Sillabo delle Unioni Civili: giudici, etica di stato, obblighi internazionali dell’Italia

Taluno ha affermato – su sponde opposte (è noto che anche nel movimento LGBTI vi è chi contesta in radice il disegno di legge) – che le unioni civili non sarebbero urgenti, e neppure necessarie; secondo l’Autore, invece, sono in effetti urgentissime ed indispensabili, nel senso di costituzionalmente necessarie ed imposte al nostro Paese dalla Corte europea dei diritti umani. Con una analisi stringente ed a volte pungente, l’Autore critica tuttavia un legislatore “pasticcione” (o forse in mala fede), che ha introdotto la definizione di “formazione sociale specifica” col conclamato proposito di confinare le unioni civili al di fuori della famiglia, senza avere piena consapevolezza che é invece certo che si tratti di famiglie, almeno ove voglia rispettarsi il buon senso ed una concezione pluralistica della nozione di famiglia\famiglie, non contraria all’art. 29 Cost. e non contraddetta dalla stessa Corte Costituzionale. Il legislatore mostra “tutto il suo imbarazzo, o – se si vuole – i condizionamenti cui è sottoposto”, nel tentativo disperato di differenziare il nuovo istituto dal matrimonio, “ricordando un po’ l’imbrattatele che ricoprì le pudenda dei personaggi del giudizio universale di Michelangelo”. Nel contributo sono esposti quindi in dettaglio gli aspetti che appaiono meno convincenti o che rappresentano addirittura ingenui tentativi diretti a differenziare i due istituti, infine rimarcando, tuttavia, come sui due punti oggi più controversi (pensione di reversibilità e filiazione), “molto opportunamente” sia prevista l’applicabilità alle parti dell’unione civile di ogni altra disposizione fuori dal codice civile (che consentirà, quindi, fra l’altro l’estensione dei benefici previdenziali e dunque anche la pensione di reversibilità) e come “la previsione della adozione del figlio del partner – nella sua timidezza – appaia del tutto minimale e ragionevole”, tenendo semplicemente conto dell’interesse di quel minore che, essendo inserito (talora dalla nascita) nella famiglia del genitore biologico, ha instaurato uno stretto legame affettivo con il partner di quest’ultimo. Non mette invece conto “approfondire le proposte, avanzate in sede parlamentare, a quanto consta, di introduzione (in luogo di una pur tanto blanda forma di adozione) di una strana forma di affidamento temporaneo (ma prorogabile fino alla maggiore età) dei figli del partner dello stesso sesso, poiché si tratterebbe, se introdotta, della sublimazione della insipienza giuridica, abbinata alla ipocrisia più conclamata”.

di Geremia Casaburi*

Premessa

I media, pressoché quotidianamente, stanno seguendo le tribolate vicende del, o piuttosto dei, disegni di legge sulla disciplina delle unioni civili tra persone dello stesso sesso (e qui avverto i lettori che da questo lavoro sono bandite le risibili espressioni anglo-esotiche, che stanno infestando la materia, come del resto altri ambiti giuridici. Oltretutto siamo nell’anno centenario del padre Dante).

Francamente non sono del tutto convinto che, almeno in temi brevi, avremo un risultato utile e definitivo, una legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale; o almeno ho forti dubbi che il testo finale corrisponderà a quello, o a quelli, che ora circolano (la montagna potrebbe partorire il tipico topolino italiano). La situazione politica italiana è quella che è, e le forze contrarie a questa o a qualunque disciplina normativa sono fortissime; non si tratta però dei soliti poteri occulti, ma – almeno in primo luogo – di un Potere notissimo, quello che ha la casa madre oltre il Tevere, sotto il cupolone michelangiolesco (non senza improbabili alleati nel campo opposto, da parte di chi pretende tutto, e subito).

Ho perciò richiamato, nel titolo, il Sillabo, ben noto e caro a quegli ambienti. Solo che il primo, e ben più autorevole testo, prendeva di mira, segnalandone gli “errori”, tutti i profili della modernità (libertà di coscienza, laicismo, democrazia ecc.); io ho l’ambizione, più modesta, di muovere da un esame tecnico- giuridico dell’ultimo testo noto del disegno di legge, del (more…)

É definitiva la sentenza Oliari: si apre la via per nuovi ricorsi a valanga

FINALE’ appena divenuta definitiva (il 21 ottobre) la sentenza della Corte europea dei diritti umani che condanna l’Italia per violazione della vita familiare delle coppie gay e lesbiche.

Come si rammenterà, la Corte di Strasburgo con  decisione del 21 luglio 2015 sul caso Oliari e altri c. Italia, ha condannato l’Italia per la mancata previsione da parte del legislatore, nonostante i numerosi solleciti delle sue superiori Corti, di un istituto giuridico diverso dal matrimonio che riconosca una relazione tra persone dello stesso sesso, poiché la carenza di riconoscimento giuridico delle dette unioni determina una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare come enunciato dall’articolo 8 della Convenzione.

L’Italia aveva tre mesi per la presentazione di un eventuale ricorso alla Grande Camera, ma il Governo, molto opportunamente, ha ritenuto del tutto insensato appellare la sentenza nel momento in cui il Parlamento procedeva ad incardinare il disegno di legge sulle Unioni civili volto proprio a dare una risposta in relazione alla affermata violazione dei diritti umani delle persone lgbti.

Com’è pure noto, tuttavia, la legge già incardinata non è stata discussa e non sappiamo quando lo sarà  (si ipotizza l’inizio della discussione soltanto nel gennaio del 2016).

Come si ricorderà, la Corte europea ha affermato la violazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani, condannando il nostro Paese a risarcire simbolicamente il danno patito con l’importo di € 5.000,00, oltre imposte, per ognuno dei ricorrenti, cui vanno aggiunte (more…)

Il primo passo delle Unioni civili in Aula

Viene incardinata stamani alle 9,30 la legge sulle unioni civili fra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto. Dopo decenni di discussioni, polemiche e studi, il testo di legge arriva dunque per la prima volta in Aula. La discussione comincerà tuttavia soltanto in novembre o, forse, nel gennaio 2016. Molte le incognite: quale maggioranza voterà il provvedimento, quali emendamenti hanno chance d’essere accolti, quali geometrie si formeranno attorno alle singole questioni e quali al momento dell’approvazione finale della legge, quanto reggerà l’abbinamento fra le due parti, il titolo uno che costituisce un nuovo istituto giuridico diretto a tutelare le coppie dello stesso sesso ed il titolo due diretto ad assicurare qualche forma di protezione alle famiglie di fatto. ARTICOLO29 continuerà a seguire il dibattito, come già fatto in questo lunghissimo anno di discussioni in Commissione, cercando di approfondire di volta in volta i diversi aspetti controversi di questa riforma.