Tribunale di Monza, sentenza del 29 settembre 2005 – 8 novembre 2005
riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati:
Dott. Leopoldo Litta Modignani – Presidente –
Dott. Mirko Buratti – Giudice –
Dott. Manuela Laub – Giudice rel. –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di prima istanza promossa con ricorso depositato il 18.03.2005
da
S.E., residente in Muggiò, elettivamente domiciliata in Monza, presso lo studio dell’Avv. E.G. che la rappresenta ed assiste con gli Avv.ti D.Z. e L.A. del Foro di Milano come da procura a margine del ricorso introduttivo
ricorrente
e con l’intervento del P.M. in sede
OGGETTO: RETTIFICAZIONE DI ATTRIBUZIONE DI SESSO
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 18.03.2005 la Sig.ra E.S. chiedeva, ai sensi della L. 164/82, l’autorizzazione all’esecuzione dell’intervento di adeguamento dei caratteri sessuali dal tipo femminile a quello maschile. Affermava la ricorrente di essere stata conscia della propria identità maschile fin dall’infanzia, tanto che con il passare del tempo la dicotomia tra il suo aspetto esteriore e l’effettiva identità personale e caratteriale le aveva procurato forti disagi ed imbarazzi, prima nei rapporti scolastici e successivamente in quelli sociali e di lavoro.
Precisava inoltre di avere iniziato nel maggio 2001 un percorso di psicoterapia individuale e nell’agosto 2002 le cure ormonali; allegava perizie endocrinologica e psichiatrica che attestavano il suo “disturbo dell’identità sessuale, in forma di transessualismo” o “disturbo dell’identità di genere” e la sua intima appartenenza ad un sesso diverso da quello fenotipico.
Evidenziava inoltre che la progressiva uniformità dei caratteri somatici alla sua reale personalità, effetto della terapia ormonale, aveva prodotto un significativo miglioramento dell’equilibrio psicologico ed una più adeguata e soddisfacente affermazione in ambito lavorativo e sociale.
Ella insisteva pertanto per l’autorizzazione all’intervento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali al fine di ottenere poi l’autorizzazione alla rettificazione del sesso, con conseguente attribuzione del nuovo stato anagrafico.
Il ricorso ed il pedissequo decreto presidenziale non venivano notificati per l’inesistenza di coniuge e di figli, ma erano comunicati per l’intervento al P.M. in Sede; in sede di istruttoria il G.I. sentiva personalmente la ricorrente.
Sulle conclusioni precisate nei termini riportati in epigrafe, la causa veniva quindi assegnata in decisione previa rinuncia ai termini per il deposito della comparsa conclusionale.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.
La documentazione in atti ripercorre le tappe evolutive della ricorrente, attestando la diagnosi di transessualismo primario e la necessità di adeguamento del soma.
L’annoso percorso terapeutico conferma la profondità dell’identità maschile in capo alla ricorrente, l’assenza di patologie mentali, la serietà della scelta e l’assenza di ripensamenti o dubbi sul percorso ormai da tempo intrapreso; del resto, lo stesso percorso costituisce una scelta a lungo ponderata e desiderata, attuata non appena la ricorrente ha conseguito la maggiore età ed un lavoro con cui poter provvedere economicamente alle necessarie terapie.
Anche le pregresse esperienze psicologiche, comportamentali e relazionali in genere, confermano che la ricorrente si è identificata in un maschio sin dalla prima infanzia, vivendo con disagio la differenza biologica e con sofferenza il conseguente distacco dal mondo maschile e trovando infine nell’adeguamento dei caratteri sessuali il completamento ideale del proprio percorso di individualizzazione.
Va infatti osservato che da tempo la ricorrente vive e partecipa all’attività lavorativa e di vita come un ragazzo, sia nello stile di vestiario sia nell’atteggiamento; parla di sé al maschile; desidera le relazioni affettive e sessuali di un ragazzo eterosessuale.
La positività di questo periodo “al maschile” (Test di Real Life) conferma, quindi, ulteriormente la diagnosi già emergente dall’esame psicodiagnostico riportato nella relazione in atti, che individua la ricorrente come “vera persona transessuale ad alta densità: il genere sentito è quello maschile, l’inversione psicosessuale è totale”.
Non può essere considerato di ostacolo all’accoglimento dell’istanza il fatto che la ricostruzione del pene venga al momento esclusa dalla ricorrente.
Il transessualismo gino-androide rappresenta infatti una vera e propria condizione esistenziale legata al mancato intimo riconoscimento del proprio sesso biologico e dal profondo bisogno interiore di vivere in conformità e secondo i ruoli del sesso opposto: se quindi una persona è l’unione di soma e psiche, è indubbio che è l’aspetto psicologico ed emotivo a dominare la connotazione sessuale, affettiva e sociale di un individuo e che in caso di insuperabile dissonanza tra i due elementi, è il soma a doversi adeguare alla psiche, nella misura necessaria e sufficiente ad assicurare alla persona il conseguimento della propria armoniosa identità.
In tale contesto, la ricostruzione anatomica del pene non assume quindi un valore essenziale e decisivo rispetto alla valutazione che il tribunale è chiamato a compiere sulla disarmonia esistenziale della persona e sui necessari rimedi; le notoriamente complesse e gravi problematiche connesse all’intervento ricostruttivo, inoltre, escludono che l’omissione di tale operazione esprima una qualche remora interiore all’effettivo adeguamento sessuale.
L’autorizzazione al necessario intervento medico-chirurgico dev’essere pertanto concessa; all’esito dello stesso occorrerà provvedere, previa verifica dei risultati conseguiti, agli ulteriori adempimenti relativi alla rettificazione del sesso ed al cambiamento del nome.
Le spese del presente giudizio sono per loro natura irripetibili
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sul ricorso, così provvede:
1) autorizza S.E., nata a Roma (atto n. 2416 parte I Serie A anno 1981 del registro atti di nascita del Comune di Roma) a sottoporsi ad intervento medico-chirurgico per l’adeguamento dei caratteri sessuali alla propria identità maschile;
2) dichiara non ripetibili le spese del presente giudizio.
Così deciso in Monza in data 29 settembre 2005.
Depositata in Cancelleria l’8 novembre 2005.