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Il congedo per matrimonio: perché deve estendersi anche ai lavoratori italiani coniugati o uniti civilmente all’estero con una persona del medesimo sesso

Negli ultimi anni sempre più datori di lavoro, pubblici e privati, hanno riconosciuto ai propri dipendenti il diritto di usufruire del congedo straordinario previsto dalla contrattazione collettiva di riferimento in occasione di matrimonio (o unione civile) celebrato all’estero fra persone dello stesso sesso. Ripercorrendo l’ormai cospicua serie di iniziative in questo senso (utile guida per il giuslavorista, con specifici link di richiamo agli accordi), l’Autrice spiega le ragioni per cui il matrimonio (o l’unione civile) contratto all’estero, ancorché allo stato privo di effetti per il nostro Paese, non possa non dare luogo al congedo straordinario, in quanto si tratta di atto giuridico comunque non più “inesistente” per l’ordinamento italiano e posto che il congedo è previsto “in occasione” della sua celebrazione ed è funzionale al suo perfezionamento e non è certo “effetto” del medesimo ed appare comunque funzionale allo svolgimento della “vita familiare” del lavoratore, protetta dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti umani.

di Caterina Caput *

Nel corso del 2013 e in questa prima parte del 2014, diversi datori di lavoro hanno spontaneamente riconosciuto ai propri dipendenti, sposati o uniti civilmente all’estero con una persona del medesimo sesso, il diritto di usufruire del congedo straordinario, previsto dalla contrattazione collettiva di riferimento, in occasione del matrimonio del lavoratore.
Recentemente, ad esempio, l’Università degli Studi di Genova, partendo dalla richiesta di una propria dipendente lesbica, la quale aveva formulato istanza di concessione del congedo straordinario in occasione del matrimonio con la propria compagna, ha ritenuto opportuno estendere il riconoscimento del diritto ad usufruire del permesso straordinario per matrimonio a tutto il personale dipendente, anche nelle ipotesi di matrimonio contratto all’estero con una persona dello stesso sesso, di unione civile registrata avente effetti equiparabili al matrimonio contratta all’estero con una persona dello stesso sesso, “nonché di situazioni, adeguatamente comprovate, assimilabili alle precedenti”.
Secondo la predetta Università, nonostante in Italia non sia consentito l’accesso al matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso, poiché la nostra legislazione, in uno con i principi e le fonti sovranazionali ed europee, impone di vietare situazioni discriminatorie basate sull’orientamento sessuale dei lavoratori, è doveroso evitare i comportamenti discriminatori e, di conseguenza, riconoscere il beneficio del congedo matrimoniale non solo a tutti i lavoratori che si sposano – a prescindere da dove e se con un coniuge dello stesso o di diverso sesso –, ma anche a tutti i lavoratori che contraggono un’unione civile, anche con un partner del medesimo sesso.

Ripercorrendo la strada a ritroso, bisogna segnalare che, all’inizio di dicembre scorso, l’Università Alma Mater di Bologna ha concesso a un proprio ricercatore omosessuale, recatosi all’estero per contrarre matrimonio col compagno, il congedo straordinario previsto dalla contrattazione collettiva in occasione del matrimonio. Detta Università, nel corso dello stesso anno, aveva già erogato altre due volte il congedo matrimoniale, prima a una dipendente lesbica e successivamente a un dipendente gay.
A ben vedere, i primi riconoscimenti spontanei risalgono addirittura al 2007, quando la Regione Friuli Venezia Giulia concesse, a un proprio dipendente in servizio a Bruxelles sposantesi con un militare belga, il congedo straordinario per matrimonio.

Oltre ai singoli riconoscimenti individuali, un passo avanti è stato fatto anche dalla contrattazione collettiva, con la stipula, in sede aziendale, di alcuni importanti accordi sindacali, aventi ad oggetto proprio la cristallizzazione dell’estensione del beneficio del congedo matrimoniale anche ai dipendenti omosessuali che contraggono matrimonio (e/o unione civile) all’estero.

E’ di appena un mese fa la notizia che il Gruppo Intesa San Paolo ha stipulato con i sindacati (Dircredito, Fabi, Fiba, Fisac, Sinfub, Ugl credito e Uilca) un Protocollo sull’inclusione e le pari opportunità dal quale è scaturito un accordo avente ad oggetto il diritto del dipendente che contrae “matrimonio riconosciuto in Italia o all’estero, con rito civile, cattolico o acattolico” ad un congedo straordinario “in occasione del matrimonio”, quindi avente le medesime caratteristiche del congedo matrimoniale previsto dal CCNL (VEDI L’ACCORDO QUI).
In realtà, la creazione di un istituto ad hoc non era necessaria: sarebbe stato sufficiente estendere, tramite l’applicazione diretta, l’istituto del congedo straordinario previsto in caso di matrimonio anche ai dipendenti che detto matrimonio contraggono (necessariamente) all’estero (non essendo consentito alle coppie omosessuali di sposarsi in Italia).

Ciò è quanto è stato fatto, nel corso del 2013, in diversi accordi collettivi aziendali.
Il primo accordo da segnalare è quello intercorso tra la Call & Call Holding e la Slc CGIL, secondo il quale l’Azienda, con decorrenza dal 1° agosto 2013, riconosce il congedo matrimoniale retribuito anche ai dipendenti e alle dipendenti omosessuali che si uniscono in matrimonio all’estero (VEDI L’ACCORDO QUI).
Nell’autunno del 2013, la Coop Adriatica, nel modernizzare il welfare dei propri dipendenti con una serie di riconoscimenti modulati sulle esigenze dei lavoratori, tra i quali diverse estensioni alle coppie di fatto, anche omosessuali, dei benefici della contrattazione collettiva previsti per le coppie coniugate, ha esplicitamente esteso il congedo per matrimonio anche ai dipendenti omosessuali sposati all’estero.
Contestualmente, un’altra azienda privata, la Servizi Italia SpA, ha stipulato, con tutte le sigle sindacali, un verbale di accordo avente ad oggetto il riconoscimento del diritto al congedo matrimoniale retribuito a tutti i dipendenti non eterosessuali che contraggono un matrimonio all’estero (VEDI L’ACCORDO QUI).

Qualche azienda si è anche spinta oltre: la DHL ha di recente siglato con i sindacati un’intesa che si occupa di conciliare il lavoro dei dipendenti con la famiglia, nell’ambito della quale ha esteso il permesso straordinario per matrimonio anche ai dipendenti che attestino una convivenza almeno annuale.

Le estensioni contrattualcollettive appena riportate altro non costituiscono se non una corretta applicazione dei principi costituzionali vigenti nel nostro ordinamento, oltre che di quelli asseverati nella normativa europea – e successivamente elaborati dalla giurisprudenza-, in materia di diritti fondamentali.

Al fine di comprendere le motivazioni anche di carattere tecnico per cui il congedo straordinario per matrimonio spetta anche al/alla dipendente omosessuale che si sposa all’estero, è necessario prendere le mosse dalla ratio ad esso istituto sottesa.

E’ noto che il congedo matrimoniale è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’articolo unico del R.D.L. n. 1334/19371, che ha riconosciuto, ai lavoratori subordinati dei settori pubblico e privato, il diritto al godimento di un congedo straordinario, nella misura massima di quindici giorni, “per contrarre matrimonio”. Detto Regio Decreto, convertito nella L. n. 2387/1937 e poi seguito dall’Accordo collettivo interconfederale 31 maggio 1941 che, con portata erga omnes, ha riconosciuto un congedo della durata di otto giorni per i lavoratori dell’industria e dell’artigianato, nonché dall’art. 15 della legge n. 339/1958, che ha stabilito per i lavoratori domestici un congedo di quindici giorni consecutivi, è stato abrogato dalla più recente Legge n. 212/20102. Sulla scorta di quanto contenuto nel Regio Decreto Legge, la contrattazione collettiva ha tempo per tempo recepito la disposizione normativa, inserendo la disciplina del congedo matrimoniale nei CCNL di settore e arrivando a estenderne l’applicazione a tutti i lavoratori subordinati. In generale, la normativa contrattualcollettiva, nel recepimento progressivo dell’istituto, non si è discostata dall’impianto contenuto del R.D.L. n. 1334/1937, mantenendo quindi la connessione con l’occasione della contrazione del matrimonio.

In realtà, a prescindere dalla fonte, legislativa e/o contrattualcollettiva, dell’istituto, il principio costituzionale cui esso si conforma è quello contenuto nell’art. 31 della Costituzione, che, al comma 1, sancisce che la Repubblica “agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi”. Sulla scorta del dettato costituzionale, può quindi affermarsi che l’istituto del congedo straordinario matrimoniale è volto alla tutela della vita familiare del lavoratore.
Orbene, l’esistenza del diritto delle persone omosessuali alla tutela della propria vita familiare è stata confermata sia dalla Suprema Corte, nella sentenza n. 4184/2012, sia dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 138/2010. Invero, la seconda delle due pronunce (la prima in ordine cronologico), nel vagliare l’ammissibilità, nel nostro ordinamento, dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, sancisce tre riconoscimenti fondamentali: il diritto delle persone omosessuali a formare una stabile unione; la rilevanza sociale di detta stabile unione; l’equiparabilità, ai fini del riconoscimento di specifici diritti, delle coppie omosessuali stabilmente conviventi con le coppie eterosessuali coniugate3. Detta sentenza riconosce anche, sulla scorta della giurisprudenza europea della Corte EDU (è di appena tre mesi dopo la sentenza Schalk e Kopf contro Austria, 24 giugno 2010), che le coppie dello stesso sesso, come le coppie eterosessuali, godono del diritto fondamentale alla vita familiare.
La sentenza Schalk and Kopf ha acclarato l’esistenza, in capo ai membri delle coppie dello stesso sesso, del diritto alla vita familiare, al pari delle coppie di sesso opposto4. Peraltro, le sentenze della Corte EDU sono vincolanti per gli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione anche se non hanno partecipato al giudizio in cui vengono pronunciate, quanto meno per ciò che concerne l’interpretazione che la Corte fornisce della norma della Convenzione sottoposta al suo vaglio5. L’Italia, quindi, si trova oggi ad essere obbligata a riconoscere il diritto alla vita familiare dei componenti delle coppie omosessuali, anche, ovviamente, quando si considera l’individuo nel – diverso – contesto del proprio rapporto di lavoro.
Tornando alla giurisprudenza nazionale, sul solco tracciato dalla citata pronuncia del Giudice delle Leggi, la Corte di Cassazione, nel pronunciarsi stavolta in tema di trascrivibilità in Italia dei matrimoni same sex contratti all’estero, ha compiuto un passo ulteriore verso la tutela della vita familiare del componente della coppia omosessuale, stabilendo che essi, quando si trovino in una “stabile relazione di fatto”, pur non potendo, in Italia, contrarre matrimonio o trascrivere un matrimonio contratto all’estero, possono, “quali titolari del diritto alla “vita familiare” e nell’esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni” adire i giudici comuni per far valere, in presenza appunto di “specifiche situazioni”, il diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata (Cass., sent. n. 4184/2012)6.
Le pronunce giurisprudenziali appena riportate sanciscono quindi l’esistenza, in capo al componente di una coppia omosessuale che vive una stabile relazione di fatto, del diritto alla vita familiare. Proprio il medesimo diritto alla vita familiare in virtù del quale è stato istituito e riconosciuto il diritto del lavoratore al congedo straordinario per matrimonio.
Corollario del ragionamento fin qui svolto è quindi il diritto alla concessione del congedo straordinario anche per il/la dipendente omosessuale che intenda contrarre matrimonio o -come si vedrà appresso- altra unione civile all’estero.

Peraltro, si può escludere che il diritto dei suddetti lavoratori possa essere negato in virtù del fatto che in Italia non è previsto il matrimonio – ma neppure alcun’altra tipologia di contratto ad esso assimilabile – per le persone omosessuali, né in virtù del fatto che un eventuale matrimonio contratto all’estero non può essere trascritto7. La ragione è semplice: l’istituto del congedo straordinario è stato previsto, ab origine, “in occasione” del matrimonio e quindi, per l’appunto, al fine di contrarlo. Sul punto è chiaro non solo il testo del R.D.L. n. 1334/1937, ma anche la giurisprudenza in materia.
La Suprema Corte, con sentenza n. 9150 del 2012, nel confermare che il diritto al congedo straordinario sussiste “per contrarre il matrimonio” e che la norma del R.D.L. (e quindi anche le clausole contrattualcollettive che ad esso R.D.L. sono ispirate) è “evidentemente diretta a tutelare le personali esigenze del lavoratore in occasione delle nozze, anche costituzionalmente tutelate”, stabilisce che il periodo di congedo non deve necessariamente decorrere dal giorno delle nozze, che costituiscono però “la causa che fa sorgere il diritto del lavoratore”8. Da quanto chiarito dai Giudici della legittimità discende, a parere di chi scrive, che il diritto del lavoratore al congedo matrimoniale sorge in connessione con la contrazione del matrimonio e che esso è volto a permettere al lavoratore di vivere serenamente un momento così importante per la propria vita familiare, qual è quello in cui decide di manifestare formalmente la propria volontà di creare una famiglia e impegnarsi con un’altra persona.
E’ quindi sufficiente che il lavoratore e la lavoratrice omosessuale contraggano matrimonio affinché, a soddisfacimento del proprio diritto alla vita familiare e, in particolare, a soddisfacimento delle esigenze personali che il lavoratore può avere in connessione con la decisione di formalizzare la propria famiglia, usufruiscano del congedo matrimoniale.
Tutto ciò vale anche se il matrimonio è avvenuto all’estero.
Il predetto matrimonio, infatti, contratto all’estero in conformità delle leggi del Paese di stipula, in Italia è, oltre che esistente, perfettamente valido, rimanendo (secondo la sentenza n. 4184/2012 della Cassazione) solo “inidoneo” a produrre i suoi effetti giuridici tipici, tra i quali, però, non può essere annoverato il congedo straordinario, che, lungi dall’essere un effetto giuridico tipico del matrimonio, è solo un beneficio, di cui gode il lavoratore, collegato alla contrazione dello stesso, ma non necessariamente e tipicamente ad esso conseguente. Il piano del rapporto di coniugio, invero, non può e non deve confondersi con quello del rapporto di lavoro (tant’è che, se non è il dipendente a richiederlo, il congedo matrimoniale non viene erogato comunque in virtù della sola stipula del matrimonio, seppur trascritto). Essendoci comunque l’ “occasione” del matrimonio, esso congedo, se richiesto, dev’essere concesso, a prescindere dagli effetti giuridici connessi o meno al matrimonio medesimo.

Il ragionamento fin qui svolto può essere esteso anche all’ipotesi in cui il lavoratore e/o la lavoratrice omosessuale contraggano, anziché un matrimonio, un’unione civile.
Se si accedesse alla soluzione interpretativa contraria, infatti, si creerebbe una discriminazione tra la coppia omosessuale che ha contratto matrimonio all’estero e ha diritto al congedo straordinario e quella che ha contratto (naturalmente sempre all’estero) un’unione civile e (non) ha diritto al congedo straordinario, discriminazione vietata, in Italia, dal D. Lgs. n. 216/2003. In virtù dell’equiparabilità, sotto il profilo della tutela del diritto alla vita familiare, cui è volto l’istituto del congedo straordinario, tra matrimonio e unione civile, il mancato riconoscimento del congedo al lavoratore e/o alla lavoratrice che contrae un’unione civile, anziché un matrimonio, integrerebbe una discriminazione diretta, così come individuata dall’art. 2, lett. a), del D. Lgs. n. 216/2003.
Costituirebbe, a parere di chi scrive, vieppiù una discriminazione – anche se, in questo caso, indiretta, ex art. 2, lett. b, del D. Lgs. n. 216/2003 – anche interpretare la clausola collettiva disciplinante il congedo straordinario per matrimonio come se detto congedo non fosse estendibile ai lavoratori e alle lavoratrici omosessuali che contraggano matrimonio o altro istituto ad esso equiparato, in virtù della circostanza che, nel nostro Paese, non è possibile per le coppie omosessuali appunto contrarre matrimonio e/o legarsi con un’unione civile (o in virtù della circostanza che il matrimonio contratto all’estero, per produrre effetti, debba essere trascritto). Tale interpretazione, infatti, apparentemente neutra (perché fondata sulla circostanza esogena della lacuna legislativa e/o su quella della necessaria trascrizione) porrebbe i lavoratori omosessuali e le lavoratrici lesbiche che contraggono matrimonio all’estero “in una situazione di particolare svantaggio” rispetto ai lavoratori e alle lavoratrici eterosessuali, che possono contrarre matrimonio in Italia o che, contraendolo all’estero, possono chiedere e ottenere la trascrizione dello stesso.

Oramai, quindi, anche in una prospettiva ermeneutica, nessun’altra strada appare percorribile, se non quella che passa attraverso il riconoscimento del diritto alla concessione del congedo straordinario anche ai/alle dipendenti che contraggano all’estero matrimonio o unione civile ad esso equiparata.

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1Regio decreto-legge 24 giugno 1937, n. 1334 (in Gazz. Uff., 11 agosto, n. 185). — Concessione di un congedo straordinario agli impiegati per contrarre matrimonio — Articolo Unico “Gli impiegati dello Stato, della altre pubbliche amministrazioni anche se aventi ordinamenti autonomi, degli enti parastatali, comunque costituiti e denominati, delle opere nazionali, delle associazioni sindacali e loro istituti collaterali, ed in genere di tutti gli enti ed istituti di diritto pubblico sottoposti a vigilanza o tutela dello Stato, o al cui mantenimento lo Stato concorra con contributi di carattere continuativo, nonché gli impiegati privati previsti dal regio decreto legge 13 novembre 1924-III, n. 1825, convertito nella legge 18 marzo 1926-IV, n. 562, potranno richiedere, per contrarre matrimonio, rispettivamente, al capo di ufficio o al proprio datore di lavoro, un congedo straordinario non eccedente la durata di giorni quindici.
Durante il predetto congedo straordinario l’impiegato è considerato ad ogni effetto in attività di servizio.
Il presente decreto entrerà in vigore dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del regno e sarà presentato al parlamento per la conversione in legge.
Il Capo del governo, primo ministro segretario di Stato, proponente, è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge”.

2D. Lgs. 13 dicembre 2010, n. 212 (in Suppl. Ordinario n. 276 alla Gazz. Uff., 15 dicembre, n. 292). – Abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell’articolo 14, comma 14-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246.

3Corte costituzionale, 15 aprile 2010, n. 138, in Foro it., 2010, f. 5, I, c. 1361, con nota di R. Romboli e F. Dal Canto e in Famiglia e diritto, 2010, p. 653, con nota di M. Gattuso. Per un ulteriore commento si veda Barbara Pezzini, Il matrimonio same sex si potrà fare. La qualificazione della discrezionalità del legislatore nella sent. n. 138 del 2010 della corte costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, fasc.3, 2010, pag. 2715.

4Sentenza CEDU del 24/6/2010, Schalk and Kopf contro Austria, proc.to n. 30141/2004.

5Cfr. sul punto “L’efficacia delle decisioni della Corte di Strasburgo nei confronti dei paesi contraenti che non sono parte nel giudizio”, Ricerca di dottrina a cura di M. Fierro, in www.cortecostituzionale.it.

6Cassazione civile, sez. I, 15 marzo 2012, n. 4184, in Giust. civ., 2012, I, 1691, con nota di F. Chiovini e M. Winkler. Per un ulteriore approfondimento si vedano anche: Di Bari M. (2012), “Considerazioni a margine della sentenza 4184/2012 della Corte di cassazione: la Cassazione prende atto di un trend europeo consolidato nel contesto delle coppie same-sex anche alla luce della sentenza n. 138/2010 della Corte costituzionale”, in Rivista telematica giuridica dell’Associazione italiana costituzionalisti, n. 1, e Gattuso M. (2012), ““Matrimonio”, “famiglia” e orientamento sessuale: la Cassazione recepisce la “doppia svolta” della Corte europea dei diritti dell’uomo”, in Famiglia e diritto, Ipsoa, n. 7, p. 678.

7A proposito di trascrizione del matrimonio same sex contratto all’estero, si segnala peraltro, che, con decreto del 3/4/2014, il Tribunale di Grosseto ha ordinato la trascrizione nei registri dello stato civile del matrimonio di due italiani sposatisi a New York, rilevando che il matrimonio tra persone dello stesso sesso è efficace, visto che produce effetti nell’ordinamento in cui è stato celebrato, nonché che la diversità di sesso non è requisito espressamente previsto nel Codice Civile per contrarre matrimonio. Sul punto si veda F. Bilotta, Questo matrimonio ha da trascriversi! Il same-sex marriage celebrato all’estero non è contrario all’ordine pubblico e va trascritto, in www.diritticomparati.it.

8Cassazione civile, sez. lav., 6 giugno 2012 n. 9150.

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*Avvocata giuslavorista

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