Corte di cassazione, sez. 4, Sentenza n. 36565 del 31 agosto 2012
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Ciro – Presidente –
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria – Consigliere –
Dott. FIALE Aldo – Consigliere –
Dott. FRANCO Amedeo – Consigliere –
Dott. SAVINO Mariapia – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.G. , nato a (omesso) ;
avverso la sentenza emessa il 22 dicembre 2011 dalla corte d’appello di Palermo;
udita nella pubblica udienza del 28 giugno 2012 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. MONTAGNA Alfredo che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Palermo confermò la sentenza emessa il 27 maggio 2010 dal tribunale di Palermo, che aveva dichiarato P.G. colpevole dei reati di cui: A)
all’art. 609 quater c.p., comma 1, n. 1, (per avere compiuto atti sessuali con il minore B.C. , già da quando questi aveva meno di 14 anni, con la minaccia di indicarlo pubblicamente quale omosessuale) – in esso assorbito il reato di cui: B) all’art. 600 bis cod. pen., per avere compiuto col detto minore atti sessuali in cambio di denaro e di un paio di pantaloni – ; C) al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 82, commi 1 e 2, per avere indotto il medesimo minore a fare uso di sostanze stupefacenti, e lo aveva condannato alla pena di anni 5 e mesi 6 di reclusione, oltre pene accessorie, mentre lo aveva assolto dai contestati reati di cui all’art. 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., comma 1, n. 1, perché il fatto non sussiste. L’avv. Pietro Incandela, per conto dell’imputato, propone ricorso per cassazione deducendo:
1) mancata acquisizione di una prova decisiva e mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Lamenta che non risulta dimostrato che l’imputato abbia conosciuto il B. quando questi non aveva ancora 14 anni. Il racconto del ragazzo è inverosimile e le sue dichiarazioni accusatorie non sono attendibili. Lo stesso tribunale ha ritenuto infondate le accuse del ragazzo di avere ricevuto minacce. La relazione tra i due è stata spontanea e consensuale. Il fatto che il minore non si sia costituito parte civile è irrilevante perché in realtà egli aveva denunciato il P. per giustificare i fatti che avevano spinto la madre a denunciarlo per l’abuso sulle sorelline. Il CT del PM non ha confermato l’ipotesi accusatoria. La motivazione è pretestuosa, palesemente illogica ed apodittica. Non c’è nessuna prova o riscontro che l’imputato avesse in una occasione offerto cocaina al ragazzo, il quale peraltro già faceva uso di sostanze stupefacenti. La corte d’appello ha errato nel non assumere prove decisive (come sentire il minore R.C. , che era andato insieme al B. al primo incontro con l’imputato) sull’epoca in cui era iniziata la relazione. In difetto, non si poteva presumere che il ragazzo avesse meno di 14 anni. Esattamente il tribunale ha escluso l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 82, comma 3, proprio perché non vi era la prova che il B. avesse meno di 14 anni, sicché è manifestamente illogico che si sia ritenuta questa età in relazione ai rapporti sessuali. Osserva poi che non vi è nessuna prova che l’imputato avesse dato denaro o regali al ragazzo in cambio di prestazioni sessuali. 2) violazione di legge e mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va innanzitutto rilevato che il primo motivo, per la gran parte (e precisamente da pag. 2 a pag. 5, tranne una dozzina di righe, da metà di pag. 6 a metà di pag. 7, da pag. 8 a metà di pag. 11) costituisce la pedissequa testuale trascrizione del relativo motivo di appello, e quindi è inammissibile per genericità ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), in quanto, ovviamente, non tiene alcun conto delle motivazioni contenute nella sentenza impugnata e quindi non può contenere ne’ contiene, come imposto dall’art. 585 cod. proc. pen., la indicazione specifica delle censure che si rivolgono ai singoli capi e punti del provvedimento impugnato con la indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono le censure stesse. È infatti giurisprudenza costante che è inammissibile per genericità il ricorso per cassazione, i cui motivi si limitino a enunciare ragioni ed argomenti già illustrati in atti o memorie presentate al giudice a quo, in modo disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato (Sez. 6, 8.5.2009, n. 22445, Candita, m. 244181); e che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, 11.3.2009, n. 20377, Arnone, m. 243838; Sez. 5, 27.1.2005, n. 11933, Giagnorio, m. 231708;
cfr. anche Sez. 6, 29 ottobre 1996, Del Vecchio, m. 206507; Sez. 2, 26 giugno 1992, Petrosillo, m. 192556; Sez. 3, 7 dicembre 1990, Badiali, m. 186143; Sez. 4, 2 dicembre 1988, Calzolaio, m. 180769;
Sez. 6, 7 aprile 1988, D’Alterio,m. 179874).
In ogni modo, anche a prescindere dalla suddetta considerazione, il motivo si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed è comunque manifestamente infondato perché il giudice del merito ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha ritenuto provata la responsabilità dell’imputato per i reati per i quali è intervenuta condanna.
La corte d’appello ha infatti ricavato tale prova dalle dichiarazioni del minore B.C. , ascoltato in sede di incidente probatorio quando aveva ormai 16 anni, e motivatamente considerato particolarmente credibile, nonché dai riscontri a dette dichiarazioni costituiti dall’esito della consulenza psicologica, dalle dichiarazioni degli assistenti sociali della comunità in cui il ragazzo era stato internato, dal contenuto di alcune intercettazioni ambientali disposte nei confronti di altri ragazzi che frequentavano abitualmente lo stesso ambiente, ed anche dalle parziali ma sintomatiche ammissioni del prevenuto. La corte ha specificato che il racconto era da considerarsi credibile ed attendibile nella sua totalità, ed in particolare anche nelle parti relative all’epoca in cui erano iniziati i rapporti sessuali prima che il ragazzo compisse i 14 anni ed alla offerta al giovane di cocaina, quanto meno in una occasione.
Il secondo motivo è anch’esso manifestamente infondato in quanto i giudici hanno fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione anche sull’esercizio del loro potere discrezionale in ordine alla determinazione della pena, ivi compreso il diniego delle attenuanti generiche, in considerazione dei gravi precedenti penali del prevenuto, della estrema gravità dei fatti e della assenza di elementi favorevoli di valutazione.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 28 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2012