Che cosa dice veramente la legge sull’omofobia: ovvero, il bambino e l’acqua sporca
22 ottobre, 2013 | Filled under italia, NEWS, OPINIONI, penale |
Mentre è iniziata l’8 ottobre la discussione nella Commissione giustizia del Senato, pubblichiamo la relazione tenuta al Convegno «Omofobia, cos’è, come si manifesta, come agisce e… cosa sta succedendo», Milano 7 ottobre 2013, rivista dall’Autore e corredata da note (la relazione è intenzionalmente assai semplificata non essendo rivolta ad un pubblico di tecnici, che potranno rinvenire ulteriori elementi nelle note).
di Marco Gattuso
1.PERCHÉ UNA LEGGE CONTRO L’OMOFOBIA?
Molti, anche alcuni giuristi, hanno detto in questi mesi che una legge contro l’omofobia e la transfobia sarebbe inutile e, anzi, incostituzionale. Si è detto che non vi sarebbe alcun motivo per punire più severamente un reato commesso nei confronti di un omosessuale rispetto ad un reato contro un eterosessuale; si è detto che il bene giuridico tutelato, in caso, ad esempio, di lesioni personali, sarebbe pur sempre l’integrità fisica della vittima, o al più la sua dignità personale, per cui non si giustificherebbe un trattamento diverso[1].
Queste argomentazioni – che possono essere mosse allo stesso modo nei confronti di tutti i cd. delitti d’odio, sia per razza, religione[2] o lingua[3] che per omofobia o transfobia – non mi persuadono. Chiunque capisce che dare un ceffone ad una persona nell’ambito di una lite non è la stessa cosa che picchiare una persona perché è ebrea. Chiunque comprende che in questi casi il delitto è molto più grave, sia perché i motivi sono più spregevoli, sia perché tali delitti incutono terrore in un’intera fascia della popolazione. Non sarebbe sufficiente l’applicazione dell’aggravante dei motivi abietti e futili, già prevista nel nostro codice penale, perché nel caso dei delitti d’odio non vi è solo una motivazione più riprovevole, ma vi è anche un diverso ed ulteriore bene giuridico tutelato. Picchiandone o violentandone od uccidendone uno, il reo ottiene l’effetto che tutte le persone appartenenti alla minoranza (le persone di colore, oppure gli ebrei, gli omosessuali o i transessuali) si sentano minacciati ed abbiano paura. Entra dunque in discussione il diritto alla tranquillità, alla sicurezza, alla libertà di circolazione di una più ampia platea di soggetti e si giustifica pertanto una reazione rafforzata dello Stato[4]. È per questo motivo che i cd. hate crimes con movente omo transfobico sono puniti più severamente in paesi di cultura certamente liberale come il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America, la Francia, la Germania, la Spagna, il Belgio (e da qualche mese persino l’Albania, che, come noto, è un paese a maggioranza musulmana)[5].
Mi pare dunque un bene che il Parlamento, superando tante obiezioni ed in particolare alcune assurde pregiudiziali di incostituzionalità accolte in passato[6], proceda adesso all’approvazione di una legge contro l’omo transfobia.
3.QUALE LEGGE CONTRO L’OMOFOBIA?
Si è discusso per anni se fosse più opportuno introdurre una nuova disciplina o estendere la legge già esistente per i delitti d’odio[7]. Con il disegno di legge approvato alla Camera (vedi qui per il testo approvatoalla Camera con il testo precedente a fronte) [8] si è deciso infine di estendere la legge Reale-Mancino all’omofobia ed alla transfobia. In particolare, rispetto al testo che era stato licenziato dalla Commissione Giustizia[9], il testo approvato alla Camera evita qualsiasi disparità di trattamento trattando i motivi fondati su omofobia e transfobia esattamente allo stesso modo dei delitti fondati sull’odio razziale, etnico, religioso ecc.. Tale scelta è senz’altro condivisibile, atteso che sulla base dei Trattati e delle direttive europee, l’orientamento sessuale è richiamato in più occasioni nell’elenco dei gruppi protetti per cui è vietata ogni forma di discriminazione[10].
Da questo punto di vista è fondamentale l’estensione, che era stata esclusa nel testo approvato in Commissione, dell’aggravante speciale anche ai delitti commessi per motivi fondati su omofobia e transfobia[11].
In realtà, vi è un’eccezione nell’estensione della legge Reale-Mancino ai delitti per omofobia e transfobia, che riguarda la «propaganda della superiorità razziale», ma questa particolare fattispecie criminale riguarda tradizionalmente la sola questione razziale e non è stata estesa neppure alla religione[12]. Sembra infatti evidente che chi propugna la superiorità delle proprie convinzioni politiche, religiose o filosofiche stia esercitando un proprio diritto e non debba essere esposto al rischio di alcuna sanzione. Le opinioni per cui il cattolicesimo o l’eterosessualità sono religioni o condizioni superiori rispetto all’ebraismo o all’omosessualità, sono convinzioni che chi vorrà dovrà contrastare sul piano dell’argomentazione, ma non possono comportare la sanzione del carcere per chi le ha espresse. E questo ci porta al prossimo punto, che è poi la questione centrale nel dibattito di questi giorni.
4.LIBERTA’ D’OPINIONE E DISCORSI D’ODIO
Nell’estendere tutta la legge Reale-Mancino, senza eccezione, anche ai delitti motivati da omofobia o transfobia, si è modificata l’intera legge, introducendo alcune limitazioni all’area dell’illecito penale. A parte le ragioni strettamente politiche di cui non intendo occuparmi in questa sede, il motivo di questa scelta, da un punto di vista giuridico, è da ravvisarsi in una evidente diffidenza del legislatore del 2013 nei confronti dei cosiddetti delitti di opinione.
Devo dire al riguardo che fa particolarmente impressione e, devo dire, dà anche un certo fastidio, che da più parti si sia cominciato a parlare di tutela della libertà di opinione e di contrasto ai delitti di opinione soltanto ora, quando si parla di discorsi d’odio nei confronti degli omosessuali e dei transessuali. Abbiamo visto in queste settimane diversi politici e forze politiche, ed anche giuristi, che non si erano mai spesi particolarmente a tutela della libertà d’opinione, scoprire improvvisamente il valore e la bellezza della libertà d’opinione. Solo poco tempo fa qualcuno invocava censure contro mostre d’arte, opere cinematografiche o rappresentazioni teatrali ritenute offensive, ad esempio, per la religione e qualcuno si spinse addirittura ad esprimere solidarietà agli integralisti islamici quando in difesa della loro religione lanciarono la fatwa contro Salman Rushdie[13]. Diciamo che costoro sembrano avere avuto bisogno che vi fosse il pericolo che venissero incriminate le loro opinioni omofobe per rendersi conto della necessità di difendere sempre e comunque la libertà di manifestazione del pensiero.
Pur premettendo, dunque, un senso di fastidio e pur premettendo il fondato sospetto di strumentalità (che qualcuno, cioè, si faccia schermo della libertà d’opinione per nascondere una propria personale avversione per qualsiasi forma di protezione delle persone omosessuali), io credo tuttavia che la questione della protezione della libertà d’opinione debba essere esaminata con grande scrupolo e non possa essere presa sottogamba.
Vorrei ricordare che la limitazione dei reati di opinione è, diciamo così, una battaglia storica dei giuristi progressisti; pensate che già nel 1971 una organizzazione come Magistratura Democratica, cui mi onoro d’essere iscritto, propose un referendum per l’abrogazione dei reati di opinione; la loro abrogazione è una classica istanza della sinistra liberale ed in particolare è stata sempre una bandiera di una forza politica come il partito radicale che certamente non è lontana dalle istanze del movimento lgbt; negli Stati Uniti d’America, che pure hanno una storia leggendaria di lotta al razzismo dal “discorso del sogno” di Martin Luther King sino all’elezione di Obama, i delitti di opinione sono esclusi senza eccezione e persino gli indegni proclami del Ku Klux Klan sono protetti dalla Freedom of speech garantita dal Primo emendamento. La libertà d’opinione, insieme all’uguaglianza formale, è alla base della nostra civiltà giuridica, della nostra libertà e, persino del nostro benessere, perché non avremmo avuto progresso tecnologico senza libertà di pensiero e di ricerca scientifica. L’Occidente non sarebbe quel che è se non fondasse le proprie radici culturali, prima che giuridiche, nella libertà di manifestazione del pensiero, che si spinge sino al diritto di dire il falso. Nessun giudice, nessuna Autorità, ha diritto di censurare un’opinione perché la ritiene sbagliata.
Ovviamente, questo non vuol dire che le opinioni possano spingersi sino a diffamare, offendere, calunniare, istigare o concorrere in un reato: ma i giudici sono chiamati a delineare rigidamente i limiti delle fattispecie penali tenendo nella massima considerazione la libertà d’opinione.
Il punto di equilibrio fra libertà di opinione e delitti d’odio non è necessariamente quello individuato negli Stati Uniti, con la tutela assoluta della Freedom of speech. La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, ad esempio, ha una posizione meno restrittiva e consente che gli Stati europei limitino maggiormente la libertà di manifestare il proprio pensiero quando vi è la necessità di proteggere valori fondamentali[14].
Vorrei sottolineare, in conclusione, che da un punto di vista giuridico non è uno scandalo che si voglia tutelare la libertà di opinione. Ed infatti vi sono insigni giuristi assai sensibili rispetto alla richiesta di piena uguaglianza che viene dalla comunità lgbt, che esprimono oggi perplessità rispetto all’introduzione di nuovi reati d’opinione in questa materia[15]. Il punto su cui non si può transigere, tuttavia, è che ogni modifica della legge Reale-Mancino deve essere operata necessariamente su tutto il testo della legge e non nei confronti della sola parte che riguarda l’orientamento sessuale e l’identità di genere, perché in caso contrario la stessa legge assumerebbe un sapore evidentemente discriminatorio.
Da questo punto di vista, il testo che è stato approvato alla Camera appare coerente, perché la modifica introdotta interessa in modo indifferenziato tutta la legge Reale-Mancino e non vi è alcuna deroga particolare per l’orientamento sessuale e l’identità di genere.
5. E’ UNA LEGGE PENALE
Prima di passare all’esame dei famosi emendamenti e subemendamenti, occorre una premessa (e mi scuso con gli avvocati presenti che la troveranno assai banale, ma è necessario chiarire per i non addetti ai lavori).
La legislazione di cui stiamo parlando è una legislazione di natura penale[16]. Stiamo parlando della possibilità di introdurre la sanzione del carcere per chi commette determinati fatti.
Ogni fenomeno sociale negativo, come l’omofobia e la transfobia, può essere affrontato con diversi strumenti: si possono predisporre interventi di natura culturale, ad esempio nelle scuole, oppure proponendo modelli positivi nei mass-media; si possono contrastare le discriminazioni attraverso specifiche disposizioni di natura civilistica, vietando ad esempio il licenziamento o la disparità di trattamento di un lavoratore a causa del suo orientamento sessuale o della sua identità di genere, com’è già previsto dalla disciplina che applica la Direttiva europea n. 78 del 2000; si possono applicare sanzioni civili quali il risarcimento dei danni, com’è accaduto ad un giovane siciliano cui era stata revocata la patente di guida perché gay e a cui la Corte d’Appello di Catania ha riconosciuto un risarcimento di 20.000 euro (e il Tar ha restituito la patente)[17]; si possono comminare, ancora, sanzioni amministrative, com’è accaduto, ad esempio, con l’espulsione dall’Università decisa dal Consiglio accademico dell’Università di Milano di uno studente che aveva imbrattato e riempito di insulti i manifesti dell’Arcigay (con decisione confermata dal Tar della Lombardia)[18]; si può stabilire, finalmente, la rimozione delle norme discriminatorie ancora presenti nel nostro ordinamento, ad esempio in materia familiare, penso all’indispensabile apertura del matrimonio alle coppie dello stesso sesso, come sta avvenendo nel resto d’Europa, ed alla ormai urgentissima legislazione a tutela dei figli delle coppie gay e lesbiche. Oppure, infine, si possono prevedere sanzioni penali, dunque mandando in carcere l’autore di un comportamento illegittimo.
Affermare che un comportamento non viene punito con la sanzione del carcere non significa affermare che sia legittimo: per fare un esempio, un licenziamento motivato da ragioni di discriminazione nei confronti di un omosessuale è e resta illegittimo anche se non è prevista alcuna sanzione penale; il lavoratore ingiustamente licenziato ha diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro e ad essere risarcito per il danno subito anche se il comportamento illegittimo del datore di lavoro non è previsto come reato.
Quando il testo di legge approvato alla Camera stabilisce la portata del termine discriminazione «ai sensi della presente legge» non modifica in alcun modo il significato del termine “discriminazione” in tutte le altre leggi dello Stato; si limita a definire i limiti delle fattispecie penali previste dalla legge Reale e nulla più[19].
La legge di cui stiamo parlando stabilisce per quali condotte si va in galera e nulla dice o aggiunge sulla nozione di discriminazione, né su ciò che è giusto o sbagliato fuori dall’ambito penale.
6.EMENDAMENTI E SUBEMENDAMENTI
Fatte queste premesse, arriviamo infine a questi emendamenti e subemendamenti di cui tanto si è parlato.
Innanzitutto, va detto che dopo gli emendamenti il testo così com’è adesso appare scritto davvero male, il testo contiene diversi punti oscuri o addirittura enigmatici. Questo non ne rende facile l’interpretazione ed è comprensibile che ad una prima lettura molti abbiano dato interpretazioni dissimili (io stesso, a settimane di distanza, non posso garantirvi che tutto sia chiaro).
Dunque, dopo l’approvazione dei vari emendamenti e subemendamenti, il testo prevede adesso che «ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione»: A) le opinioni che siano espressione del pluralismo delle idee purché non istighino all’odio o alla violenza; B) i comportamenti conformi al diritto; C) i comportamenti posti in essere all’interno di organizzazioni politiche, sociali, sindacali, religiose, in materia di sanità eccetera.
Cominciamo col sottolineare che gli emendamenti ed i subemendamenti non riguardano né la violenza, né l’istigazione alla violenza.
Gli emendamenti non riguardano neppure l’applicazione dell’aggravante per i delitti motivati dall’odio e dalla discriminazione. Le limitazioni alla nozione di discriminazione «ai sensi della presente legge» sono inserite, infatti, nella Legge Reale del 1975, e non nel decreto Mancino del 1993 e quindi la nozione di discriminazione di cui all’aggravante prevista dal decreto Mancino rimane integra[20].
Con questi emendamenti si sono limitati soltanto i casi in cui le condotte discriminatorie o la manifestazione di opinioni devono essere punite come reato ai sensi della Legge Reale.
Cerchiamo, allora, di analizzare queste tre limitazioni dell’area della discriminazione come condotta penalmente illecita ai sensi di questa Legge.
A)«Le opinioni che siano espressione del pluralismo delle idee purché non istighino all’odio o alla violenza»
Il punto di equilibrio trovato alla Camera tra esigenze repressive e libertà d’opinione è nel senso di incriminare soltanto la istigazione all’odio o alla violenza non considerando reato ogni altra manifestazione dl pensiero.
Non voglio entrare troppo in dettaglio e sicuramente la norma poteva essere scritta meglio, ma credo che prevedere come reati solo la istigazione all’odio o alla violenza rispetti i canoni indicati anche dalla Corte europea dei diritti umani che, come detto, in materia di repressione degli hate speeches ha una posizione più possibilista di altre Corti[21].
B)«Le condotte conformi al diritto»
Per quanto riguarda la previsione per cui «le condotte conformi al diritto» non possono essere considerate reati, ritengo che si tratti di una precisazione tutto sommato condivisibile, persino banale, essendo evidente che nessuno può andare in galera se sta applicando una legge. Come ho già avuto modo di dire in altra sede, ho qualche perplessità rispetto all’utilizzo del termine “diritto” in quanto sarebbe stato probabilmente più opportuno usare il termine “legge ordinaria” anziché diritto, che mi pare troppo ampio. È, cioè, probabilmente eccessivo che non vi sia reato ogni qualvolta vi sia una generica conformità ad una qualsiasi norma giuridica, dettata magari con una semplice ordinanza di un sindaco che dia disposizioni palesemente razziste, com’è accaduto purtroppo più d’una volta in questo Paese.
C)«Le condotte assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto»
La questione su cui si è scatenato, diciamo così, un vero putiferio riguarda le organizzazioni politiche, religiose ecc…
Questa parte della legge che deriva da un subemendamento (proposto dal deputato Gitti) inserito all’ultimo minuto prima dell’approvazione del testo legislativo, è scritto veramente ma veramente molto male. Basti dire che è introdotto dall’espressione «ovvero anche se» e, sinceramente, che cosa significhi in italiano “ovvero anche se” credo che sia di difficile comprensione.
In ogni caso, a me pare che nonostante la difficoltà di leggere questa norma alcune cose possano essere dette.
Questa delimitazione del reato, innanzitutto, pare fare riferimento a comportamenti e non alla manifestazione del pensiero o ad opinioni. La norma dice, infatti, che non sono discriminazione «le condotte conformi al diritto vigente, ovvero anche se assunte all’interno di organizzazioni..». Mi pare che mentre la prima parte del comma («ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza») riguardi la manifestazione di opinioni, la seconda parte («né le condotte conformi al diritto vigente ovvero anche se assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni») concerna comportamenti materiali diversi dalla manifestazione di opinioni. Si deve sottolineare, inoltre, che la istigazione alla violenza o all’odio è e rimane reato sia quando avvenga fuori che quando avvenga dentro le organizzazioni di cui sopra; non v’è alcuna patente di legittimità per le istigazioni all’odio o alla violenza da parte di chi appartenga a tali organizzazioni; da questo punto di vista non mi pare pertanto che vi sia alcuna lesione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost..
Va detto, in secondo luogo, che tra le dette organizzazioni non rientrano le imprese o gli enti pubblici: ai sensi di questa legge ogni condotta discriminatoria in una azienda privata o presso un ente pubblico, ad esempio il licenziamento o la disparità di trattamento sul luogo di lavoro nei confronti di un omosessuale od un transessuale, resterebbe punita con una sanzione penale.
Cosa significa, allora, che non sono reato «le condotte» discriminatorie assunte «all’interno» di alcune organizzazioni?
Come ho già avuto occasione di osservare, questo subemendamento sembrerebbe essere stato pensato, per quel che posso capire, per evitare che venga considerato reato il licenziamento di una persona ad esempio omosessuale da parte di un’organizzazione cattolica. Come ho già avuto modo di sottolineare in altra sede, si tratta di una preoccupazione che, vedete bene, non è venuta fuori per la prima volta in questa occasione, poiché già in sede europea quando è stata dettata la direttiva in materia di lotta alla discriminazione sul lavoro si è previsto espressamente che non siano discriminatori alcuni comportamenti assunti all’interno di organizzazioni religiose, seppure con limiti molto specifici[22].
Per intenderci, se licenziare un medico perché è ateo o ebreo è sicuramente discriminatorio, tutti voi capite che licenziare un prete perché dichiara d’essere diventato ateo o ebreo non può essere considerato discriminatorio perché sembra legittimo che la Chiesa cattolica possa ritenere che i propri associati debbano essere sottoposti ai dettami, anche ideologici, della Chiesa cattolica. E la questione viene posta anche per il caso di un prete che dichiari d’essere fidanzato con una persona dell’altro o del proprio sesso. D’altra parte, probabilmente anche Arcigay vorrebbe riconosciuto il proprio diritto di licenziare un proprio dipendente se questi andasse in giro a dire che gli omosessuali sono malati o pervertiti. Queste esigenze sono tenute in debito conto nelle direttive europee che combattono la discriminazione[23].
Il diritto antidiscriminatorio è molto complesso. Ad esempio, è sicuramente discriminatorio non assumere un disabile perché disabile, ma ci sono lavori che richiedono particolari abilità fisiche: è chiaro che non assumere un disabile per insegnare matematica è sicuramente discriminatorio, ma non assumere un disabile per fare il vigile del fuoco non lo è. Il principio di non discriminazione dev’essere contemperato ed articolato tenendo conto di una serie di esigenze che richiedono una raffinata strumentazione giuridica e, soprattutto, una ampia discrezionalità del giudice. Non abbiamo qui il tempo per fare un’analisi di che cos’è la discriminazione diretta e la discriminazione indiretta, dei principi europei in materia di inversione dell’onere della prova e dell’uso della prova statistica; della nozione di giustificazione oggettiva della disparità di trattamento ecc… si tratta di questioni abbastanza complesse, sulle quali non entro in questa sede, le accenno soltanto per capire che ha un fondo di ragionevolezza che in questa materia l’intervento penale sia particolarmente oculato: mentre la verifica in concreto se vi è stata discriminazione da parte del giudice del lavoro può consentire un certo margine di discrezionalità, tale discrezionalità non può essere ammessa in sede penale perché il cittadino ha il diritto di sapere sempre in anticipo se i propri comportamenti sono penalmente sanzionati o meno.
Non è un caso che soltanto due Paesi europei abbiano intrapreso la strada della sanzione penale in materia di discriminazione, la Spagna e la Francia, e lo hanno fatto prevedendo una disciplina assai minuziosa che definisce in dettaglio le singole condotte che sono considerate reato[24].
Fatta questa premessa, con la quale ho provato a chiarire quale tipo di preoccupazione sottende a questo subemendamento, come ho già avuto modo di dire mi pare che lo stesso, così com’è stato delineato, vada oltre le stesse intenzioni di chi lo ha proposto. Quando si afferma che tutti i comportamenti, anche illegittimi, assunti all’interno di certe organizzazioni sono penalmente leciti, si finisce con l’evitare la sanzione penale anche per comportamenti sul cui disvalore credo che non possano esserci dubbi. Se, per esempio, un’organizzazione sanitaria decidesse di non somministrare specifici trattamenti sanitari alle persone di colore oppure agli ebrei o una scuola privata rifiutasse di iscrivere un bambino perché nomade, con la norma venuta fuori dalla Camera tale condotta, se non erro, non sarebbe più reato. È questo un obiettivo che il legislatore si era prefissato? Non lo so e non lo credo[25].
Per altro verso va anche sottolineato che, come visto, ciò non esclude che contro tali comportamenti discriminatori, che resterebbero illegittimi anche in caso di approvazione di questa norma, possa essere utilizzata tutta una serie di reazioni, dal ricorso antidiscriminatorio all’Autorità giudiziaria per il ripristino di una situazione conforme al diritto, al risarcimento dei danni subito dalla vittima della discriminazione, alla revoca da parte dell’Amministrazione del provvedimento che dispone il convenzionamento della Clinica o la parificazione della Scuola ecc…
7. CONCLUSIONI
Come detto, gli emendamenti di cui abbiamo parlato riguardano la manifestazione del pensiero e la discriminazione o la istigazione alla discriminazione (art. 3, lettera a Legge Reale) mentre non riguardano la violenza e la istigazione alla violenza e all’odio per ragioni di omofobia o transfobia, che restano reato sempre e comunque (art. 3, lettera b Legge Reale), né l’aggravante (art. 3 Decreto Mancino). Ciò vuol dire che chiunque insulti, diffami, picchi, minacci ecc.. per ragioni di omofobia o transfobia sarà punito assai severamente e le associazioni che hanno questi fini saranno vietate. Inoltre, ogni reato motivato da omofobia o transfobia sarà procedibile d’ufficio e non più solo a querela di parte. Infine, sarà reato ogni discriminazione di omosessuali o transessuali sul luogo di lavoro in aziende private o enti pubblici[26].
Va aggiunto che, poiché ciò che conta è la finalità d’odio e la offensività oggettiva della condotta, le norme penali si applicheranno sia nel caso in cui il reo abbia creduto erroneamente di avere a che fare con un appartenente alla categoria protetta (per attribuzione), sia nel caso in cui il reo abbia posto in essere la condotta contro persona che, pur non essendone personalmente parte, è associata alla categoria, come nel caso di atto compiuto, per omofobia, contro il genitore di un omossessuale o contro il figlio di un omosessuale (per associazione).
La criminalizzazione di queste condotte e, in particolare, della istigazione alla violenza e all’odio rappresenta una difesa penale assai avanzata[27] e la rilevanza di questa disciplina, da un punto di vista giuridico, non può essere sottovalutata. Non si tratta di un mero riconoscimento di facciata, diciamo, simbolico. Questa legge non è soltanto la prima grande riforma nazionale che riconosce la stessa esistenza delle persone omosessuali e transessuali. Questa legge introduce una difesa rafforzata che comporterà sicuramente una maggiore attivazione delle forze dell’ordine sul territorio ed un più intenso impegno di noi magistrati a protezione delle persone omosessuali e transessuali.
Se confrontato con le leggi degli altri Paesi occidentali, il testo uscito dalla Camera rappresenta senza dubbio uno dei modelli in cui il ricorso alla legge penale è più spinto: da una panoramica delle legislazioni vigenti, nessun altro Paese occidentale ha una legislazione penale contro l’omofobia che ponga una barriera penale così avanzata contro le discriminazioni fondate sull’omofobia o la transfobia[28].
Resta un iter legislativo che è, a dir poco, tormentato. Restano delle ombre e resta un malcontento assai diffuso rispetto agli attuali equilibri politici. L’attuale stagione politica ha lacerato profondamente quella parte del Paese che aveva creduto fermamente nell’intuizione berlingueriana della centralità della questione morale; quella parte di opinione pubblica che si richiamava a quella analisi e a quei valori, ha assistito smarrita ad una nuova fase inaugurata da 101 voti rimasti ancora senza volto; rinviando tatticamente di settimana in settimana l’applicazione della legge Severino, il Paese, già fiaccato dalla minaccia di default, danza pericolosamente su un crinale dove scolorisce ogni differenza fra innocenti e colpevoli, fra onesti e disonesti. In questo clima plumbeo, che mette a dura prova la fiducia di questa parte del Paese finanche nel senso morale dei propri rappresentanti, si è prodotta la clamorosa giravolta sull’omofobia: dopo avere affermato per mesi che anche sulle questioni che vengono definite “eticamente sensibili” non sarebbe stata possibile alcuna maggioranza diversa da quella governativa (com’è accaduto, invece, più volte in passato, quando vi erano, peraltro, maggioranze politiche e non larghe intese), è stata cercata, infine, una maggioranza eccentrica rispetto alla maggioranza governativa; ma, sorprendentemente, anziché coinvolgere chi aveva appoggiato da subito la riforma, si è costruita un’intesa (sull’omofobia!) col partito in cui milita quel leader che fu cacciato dalla Commissione europea per posizioni che il Parlamento europeo ha ritenuto francamente omofobe, e (sui delitti fondati sull’odio razziale!) persino col partito delle invettive sui ministri “orango“. Non stupisce, allora, l’esplosione di spinte emotive ed anche irrazionali (né stupisce il moto di simpatia verso i demagoghi). Questo testo di legge, voglio dire, è stato avversato meno per una consapevole critica dei suoi contenuti tecnici, che ho tentato qui di chiarire, che per la necessità di dare sfogo all’indignazione per lo schema delle alleanze che ne ha consentito l’approvazione in Aula[29].
Ciò detto, posso solo aggiungere che in democrazia è sano che i movimenti facciano i movimenti, restino fuori dai Palazzi e facciano sentire la loro voce; così com’è normale che gli esponenti politici che stanno nei Palazzi cerchino di portare a casa risultati. Questi ultimi non dovrebbero provare fastidio quando le piazze insorgono, anche perché un’opinione pubblica attenta ed attiva non indebolisce ma anzi fortifica la buona politica. D’altra parte, i movimenti non dovrebbero essere ingenui e, mentre gli ambienti più conservatori sperano che la legge venga affossata, dovrebbero comprendere quando è il tempo di incassare un sensibile passo in avanti.
Tornando al dato tecnico, questa legge può diventare definitiva se sarà approvata, nel testo attuale, dal Senato, mentre ogni eventuale modifica comporterà un suo ritorno alla Camera. Ad oggi nessuno può garantire che questa Legislatura duri a sufficienza perché la Camera possa votarla una seconda volta. Il rischio, di cui tutti debbono assumersi la responsabilità, dunque, è di gettare via il bambino con l’acqua sporca.
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POST SCRIPTUM: Pochi giorni dopo la mia relazione del 7 ottobre, è stato pubblicato l’importante documento dal titolo Responding to hate speech against LGBTI people redatto con il supporto di ILGA EUROPE, da Article 19 (un’organizzazione di giuristi con sede a Londra, diversa dal nostro articolo29). Vi ho ritrovato ampio riscontro a molte delle cose che ho detto al convegno milanese: il documento, ad esempio, mentre loda l’uso di aggravanti per i crimini motivati da odio omofobico, sottolinea più e più volte, e con molta forza, che per i discorsi d’odio e la discriminazione le misure di gran lunga preferibili sono quelle civili e amministrative, così come le azioni positive, mentre mette in guardia dal ricorso alle sanzioni penali, ritenuti spesso addirittura «controproducenti»[30].
[1] Si è detto, in particolare, che non essendovi uno specifico bene giuridico tutelato dalla legge, verrebbe leso il principio di necessaria offensività delle fattispecie penali (cfr. ad es. RICCARDI Omofobia e legge penale, possibilità e limiti dell’intervento penale ).
[2] Previsti dalla legge Reale del 1975 così come modificata dal decreto Mancino nel 1993 e dalla Legge 24 febbraio 2006, n. 85, che di seguito chiameremo Reale-Mancino.
[3] L’art. 18-bis della legge 15 dicembre 1999, n. 482 estende la Legge Reale Mancino alle “minoranze linguistiche storiche”
[4] Mi pare dunque che vi sia un bene giuridico ulteriore, oltre alla lesione dell’integrità fisica o della dignità della specifica vittima, senza alcuna deroga al principio di offensività.
[5] Sulle disposizioni nei diversi Paesi vedi note 24 e 28.
[6] Tanto nel 2009 che nel 2011 la Camera dei deputati accolse alcune pregiudiziali di incostituzionalità in relazione agli artt. 3 e 25 Cost, sulla cui palese infondatezza v. DOLCINI Di nuovo affossata una proposta di legge sull’omofobia in Diritto e processo penale 2011, 1393.
[7] Sulle diverse ipotesi, cfr. DOLCINI Omofobia e legge penale, note a margine di alcune recenti proposte di legge in Rivista italiana di diritto e procedura penale 2011, 24.
[8] Sul testo approvato alla Camera v., con ampio approfondimento, MORASSUTTO Omofobia e transfobia: il trucco c’è….e si vede in www.articolo29.it
[9] Sulla proposta licenziata dalla Commissione Giustizia della Camera, con ampi ed approfonditi riferimenti alle questioni più rilevanti in questa materia, v. MORASSUTTO Legge contro l’omofobia e la transfobia: il coraggio mancato e l’occasione perduta? in www.articolo29.it
[10] Articolo 21 (Non discriminazione) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: «1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali». Articolo 1 (Obiettivo) della Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000: «La presente direttiva mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento». Anche i giudici della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo in una recente sentenza hanno riconosciuto per la prima volta, all’unanimità, che la discriminazione basata sull’orientamento sessuale ha la stessa gravità di quella basata sulla razza, l’origine etnica o il colore della pelle (Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, Vejdeland e altri contro Svezia, decisione del 9 febbraio 2012 in articolo29). Partendo da questa equiparazione sotto il profilo del divieto di discriminazione e delle esigenze di protezione, si deve ritenere che in carenza di specifiche ragioni non si giustifichi un trattamento diseguale e, d’altra parte, nel pubblico dibattito che si è svolto in questi mesi non è stata mai indicata una sola ragione per la quale si dovrebbe escludere l’estensione di una qualche parte della normativa prevista dalla legge Reale-Mancino nei confronti dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.
[11] Da più parti se n’era chiesta l’esclusione per i delitti motivati da omofobia e transfobia e così era stato disposto nel testo licenziato dalla Commissione giustizia della Camera; come noto, alcune forze politiche avevano chiesto comunque la limitazione dell’aggravante ad alcuni delitti ad esclusione di altri. Secondo il testo approvato alla Camera, invece, tutti i reati, salvo i soli delitti puniti con l’ergastolo, sono puniti con pena aggravata sino alla metà se vi sono finalità d’odio e discriminazione motivati da omofobia e transfobia.
[12] Nel testo approvato alla Camera la fattispecie di «propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico» di cui all’art. 3 lett. a non viene estesa ad altri motivi di discriminazione (né religiosa, né fondato sul genere, su altre ragioni quali l’orientamento sessuale o l’identità di genere). Senza entrare troppo in dettaglio in questa sede, si è ritenuto che assumere la superiorità di una religione rispetto ad un’altra, o di un opinione rispetto ad un’altra, rientri nella normale dialettica e non possa essere considerato reato.
[13] PUGIOTTO, Le parole sono pietre?, in www.dirittopenalecontemporaneo.it ricorda, ad esempio, come lo stesso Osservatore romano nel 1989 ebbe a giustificare la fatwa formulata dall’ayatollah Khomeini nei confronti di Salman Rushdie, autore dei versetti satanici ritenuti offensivi nei confronti della verità dell’Islam.
[14] Cfr. ad es., proprio in relazione a discorsi omofobi: Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, Vejdeland e altri contro Svezia, cit. nota 10. Anche la nostra Corte di Cassazione, occupandosi della legge Reale-Mancino, ha ritenuto che la libertà d’opinione possa incontrare limiti che sono stati ritenuti compatibili con i principi costituzionali. La Corte di Cassazione ha ritenuto che «la libertà di manifestazione del pensiero e quella di ricerca storica cessano quando travalicano in istigazione alla discriminazione ed alla violenza di tipo razzista» ed in motivazione la Corte ha ulteriormente precisato che la libertà costituzionalmente garantita dall’art. 21 non ha valore assoluto ma deve essere coordinata con altri valori costituzionali di pari rango, quali quelli fissati dall’art. 3 e dall’art. 117, comma primo, Cost., cfr. Sez. 3, Sentenza n. 37581 del 07/05/2008, in Cassazione penale 2009, 3023 con nota MONTAGNA La propaganda di idee fondate sull’odio razziale o etnico. Più di recente, la Corte di Cassazione ha rinvenuto la propaganda di idee razziste e l’incitamento alla discriminazione ed al «vero e proprio odio» in espressioni quali «è giusto dichiararsi antisemiti nei riguardi degli ebrei credenti, né ci si può dolere del fatto che questi siano finiti nelle camere a gas naziste» e «maledetti ebrei credenti…per voi dovrebbero essere usate ancora le camere a gas…non dovrebbe essere un reato giustiziare un ebreo credente», affermando che «non possono essere utilmente invocate le scriminanti dell’esercizio di libertà costituzionali, quali il diritto alla libertà di pensiero e di ricerca storico-scientifica, cui ineriscono il limite del rispetto di valori più alti, pure costituzionalizzati, quale la dignità umana, e che dunque non possono essere riconosciute ove concretamente in contrasto con essi» (Sez. I, Sentenza n. 20508 del 28/05/2012)
[15] Il riferimento è, ad esempio, a PUGIOTTO Le parole sono pietre? cit.
[16] Nel testo legislativo approvato alla Camera, le uniche disposizioni che non hanno natura penale riguardano il divieto di associazioni con finalità razziste od omofobe (con ricaduta penale per chi vi partecipa o le assiste) e la necessità che l’Istat svolga indagini per verificare negli anni l’andamento del fenomeno dell’omofobia e della transfobia.
[17] Corte di Appello di Catania, prima sezione civile, sentenza del 14 luglio 2010 in articolo29 e Tribunale Amministrativo Regionale di Catania, II sez., sentenza del 28 ottobre – 7 dicembre 2005 su articolo29 , con nota di ROTELLI Il danno da discriminazione fondata sull’orientamento sessuale su articolo29
[18] Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (sezione quarta), sentenza del 20 dicembre 2011- 17 gennaio 2012, n. 181 in articolo29 per cui la lacerazione di un manifesto e la successiva apposizione su di un altro manifesto di una scritta offensiva verso gli omosessuali, inneggiante ad un comportamento analogo a quello che i nazisti riservarono agli ebrei nei campi di sterminio, comporta palese violazione delle regole cui deve attenersi lo studente all’interno dell’ateneo, in particolare dell’obbligo di “rispetto della dignità e personalità individuali e delle reciproche differenze culturali”; tale condotta, in carenza di tipicità e tassatività delle sanzioni disciplinari, è punibile con la sanzione dell’esclusione per un anno da tutte le attività dell’università con perdita delle relative sessioni di esame.
[19] Va detto, ad abundatiam, che la nozione di “discriminazione” è definita dalle direttive europee e le direttive europee non possono essere modificate dal Parlamento italiano; la legge emessa dal Parlamento italiano è sotto-ordinata rispetto alla direttiva europea e se viene approvata una legge contrastante con il diritto europeo la legge è illegittima e deve essere disapplicata dal giudice (senza neppure passare dalla Corte costituzionale).
[20] Si deve rammentare al riguardo come già col testo attualmente vigente, un’isolata giurisprudenza di merito ha ritenuto (con un’interpretazione, a mio avviso, discutibile), che la circostanza aggravante di cui all’art. 3 l. 205 del 1993 possa applicarsi anche nell’ipotesi in cui il reato sia finalizzato a discriminare un’intera categoria di soggetti in ragione dell’orientamento sessuale (Tribunale di Trieste, ordinanza del 2 dicembre 2011) in articolo29 .
[21] S deve aggiungere che non è vero che sia del tutto inutile una disposizione che richiami il limite del pluralismo delle idee in quanto lo stesso è già tutelato dalla Costituzione: le leggi ordinarie, infatti, devono essere scritte in modo da essere espressamente non in contrasto con la Costituzione, non potendosi rimandare, men che meno in materia penale, al vaglio della Corte costituzionale, che avviene ex post (quando, magari, la legge è stata già applicata e qualcuno è già finito in galera).
[22] Pur non essendo questa la sede per un’approfondita disamina, rammento come la Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000 al 23° Considerando preveda che «In casi strettamente limitati una disparità di trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata alla religione o alle convinzioni personali, a un handicap, all’età o all’orientamento sessuale costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, a condizione che la finalità sia legittima e il requisito sia proporzionato. Tali casi devono essere indicati nelle informazioni trasmesse dagli Stati membri alla Commissione» ed al 24° Considerando preveda che «l’Unione europea, nella dichiarazione n. 11 sullo status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali allegata all’atto finale del trattato di Amsterdam, ha riconosciuto espressamente che rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri e inoltre, che rispetta lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali. In tale prospettiva, gli Stati membri possono mantenere o prevedere disposizioni specifiche sui requisiti professionali essenziali, legittimi e giustificati che possono essere imposti per svolgervi un’attività lavorativa».
[23] Il 26° Considerando della Direttiva 2000/78/CE stabilisce che «il divieto di discriminazione non dovrebbe pregiudicare il mantenimento o l’adozione di misure volte a prevenire o compensare gli svantaggi incontrati da un gruppo di persone di religione o convinzioni personali determinate o avente determinati handicap, età o tendenze sessuali e tali misure possono autorizzare l’esistenza di organizzazioni di persone di religione o convinzioni personali determinate o aventi determinati handicap, età o tendenze sessuali se il loro principale obiettivo è la promozione di necessità specifiche delle persone stesse.
[24] Riferisce diffusamente sulle diverse normative europee, GOISIS Omofobia e diritto penale: profili comparatistici in www.dirittopenalecontemporaneo.it; riferisce l’Autrice che l’art. 225 del Codice penale francese specifica in dettaglio in quali condotte possa estrinsecarsi la discriminazione: rifiuto di fornire beni o servizi, ostacolo al normale esercizio dell’attività economica, rifiuto di assumere una persona, sanzione o licenziamento della persona, a cagione del suo orientamento sessuale, subordinare la prestazione di un bene o servizio, l’offerta di un impiego, una domanda di tirocinio o un periodo di formazione a condizioni relative all’orientamento sessuale della persona. Anche DOLCINI, Omofobia e legge penale cit. segnala la norma francese come modello per il Legislatore italiano.
Ancora, GOISIS Omofobia e diritto penale cit riferisce dell’art. 511 del codice penale spagnolo che punisce la discriminazione commessa da un incaricato di pubblico servizio consistente nel rifiuto ad uno o più individui del beneficio di un diritto accordato dalla legge sulla base del loro orientamento sessuale e dell’art. 512 che prevede l’incriminazione del rifiuto da parte di privati nell’esercizio delle loro attività professionali o manageriali di fornire prestazioni a soggetti che ne abbiano diritto per motivi legati, tra l’altro, all’orientamento sessuale.
[25] Si è detto da parte di alcuni commentatori che per evitare queste conseguenze sarebbe sufficiente la precisazione, pure introdotta nella legge, che le organizzazioni debbono perseguire comunque fini costituzionali, il che escluderebbe l’applicabilità di questa esimente ad organizzazioni neo fasciste. Ma a parte l’evidente difficoltà di un rinvio al giudice per definire, addirittura, quali forze siano “democratiche” e quali no, mi pare evidente che resta la questione per eventuali comportamenti palesemente discriminatori assunti da organizzazioni non neo fasciste, cosa che purtroppo accade e può accadere. Il rifiuto da parte di una clinica privata di curare un bambino perché di colore o di curare una donna perché transessuale o da parte di una scuola privata di iscrivere un bambino in una scuola perché di colore o perché gay (o figlio di gay) resterebbe, mi pare, privo di tutela penale. Salvo ad interpretare la locuzione “all’interno delle organizzazioni” nel senso che siano penalmente lecite solo le condotte del tutto prive di rilevanza esterna, aventi dunque effetto nei soli confronti dei membri delle stesse.
[26] Cercando di riassumere. Il testo approvato alla Camera prevede che ogni violenza o istigazione o provocazione alla violenza motivata da omofobia o transfobia è punita con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni (art. 3, comma 1 lett b).
Ogni istigazione all’odio motivato da omofobia o transfobia è punito con la pena fino ad un anno e mezzo (art. 3, comma lett. a).
Inoltre, ogni discriminazione motivata da omofobia o transfobia, se compiuta in aziende private o enti pubblici, è punita con la pena fino ad un anno e mezzo.
Ancora, sono vietate le associazioni che abbiano tra i propri scopi l’incitamento all’odio o alla violenza per motivi fondati sull’omofobia o la transfobia e gli associati o chi le agevola è punito col carcere da sei mesi a quattro anni; i promotori sono puniti fino a sei anni di carcere.
Infine, i reati commessi per ragioni di omofobia e transfobia sono puniti più severamente, con un aumento della pena fino alla metà (sempre prevalente su eventuali attenuanti, anche generiche) ed il reato è procedibile d’ufficio.
[27] Per capirci: a quel che mi risulta nel corso dei lunghi anni di applicazione della Legge Reale-Mancino ai delitti per motivi razziali, non mi pare che siano state mai sanzionate condotte che non rientrerebbero anche in questa nuova formulazione. E ancora, nel Regno Unito vi è una definizione ancora più restrittiva dei discorsi d’odio puniti col carcere (vedi nota 28), ma ciò non ha impedito di punire con sanzione penale alcuni manifestanti che in occasione di un gay pride issavano cartelli con scritto “Dio vi aborre” e “tornate indietro o bruciate” e di un predicatore cristiano che in altra occasione distribuiva un volantino in cui invitava a “rinchiudere” gay e lesbiche, avendo il giudice, in entrambi i casi, rinvenuto in tali condotte una istigazione all’odio.
[28] Negli U.S.A. il Matthew Shepard and James Byrd, Jr. Hate Crimes Prevention Act voluto da Obama nel 2009 estende la severa legislazione contro la violenza razziale ai delitti motivati dall’orientamento sessuale ed identità di genere (oltre che dalla disabilità); non è prevista, invece, alcuna sanzione penale per i discorsi d’odio. Anche l’’Australia non sanziona in alcun modo gli hate speeches.
I Paesi che criminalizzano in varia forma gli hate speeches utilizzano in genere dettati del tutto analoghi alla criminalizzazione della “istigazione alla violenza e all’odio” che verrebbe introdotta in Italia con questa legge: Canada (istigazione all’odio, ma con vari limiti); Germania (istigazione all’odio contro un gruppo sociale con modalità tali da disturbare la pubblica quiete; diffamazioni ed ingiurie contro un gruppo sociale con modalità tali da disturbare la pubblica quiete); Regno Unito (Inghilterra e Galles: utilizzo di parole o comportamenti minacciosi se diretti ad istigare all’odio, per ragioni fondate sull’orientamento sessuale con la precisazione che la discussione o la critica della condotta o delle pratiche sessuali o l’esortazione a modificare la propria condotta sessuale non è reato); Norvegia (pubbliche minacce, insulti o sottoposizione all’odio, persecuzione o disprezzo di una persona o un gruppo per ragioni fondate sull’orientamento sessuale – pena detentiva sino a due anni); Svezia (è sanzionata la “agitazione contro un gruppo sociale”, tra cui per orientamento sessuale se espresso con un messaggio che pubblicamente esponga a minacce o al disprezzo); Austria (è sanzionata la “agitazione contro un gruppo sociale”, tra cui sulla base dell’orientamento sessuale, e le molestie se lesive della dignità umana e dirette alla denigrazione della persona offesa).
Tre Paesi estendono la criminalizzazione anche alla “istigazione alla discriminazione”, ma con qualche precisazione (e in alcuni casi con pene poco severe): Belgio (istigazione all’odio, alla violenza ed alla discriminazione per ragioni fondate sull’orientamento sessuale – pena pecuniaria da 50 a 1000 euro); Olanda (offese, istigazione all’odio, alla violenza ed alla discriminazione per ragioni fondate sull’orientamento sessuale – pena detentiva sino ad un anno); Portogallo (sono vietate le organizzazioni che incitano alla violenza, all’odio o alla discriminazione anche per motivi fondati sull’orientamento sessuale; è punita inoltre la violenza, la diffamazione o le minacce per motivi fondati sull’orientamento sessuale se compiuta in luogo pubblico o a mezzo stampa anche elettronica).
Come già detto nel testo, solo due Paesi (Francia e Spagna) criminalizzano la discriminazione, ma solo in casi tassativamente determinati (vedi nota 24).
[29] Ne ha dato, a mio avviso, una lettura assai critica ma tecnicamente fondata MORASSUTTO Omofobia e transfobia: il trucco c’è….e si vede cit..
[30] Vi si legge infatti che «divieti che censurino senza necessità punti di vista controversi sono spesso controproducenti rispetto allo scopo di promuovere l’uguaglianza delle persone LGBTI e mancano di colpire le sottostanti radici sociali di quei pregiudizi di cui l’omofobia e la transfobia sono sintomo». Article 19 nota che spesso «in assenza di una robusta legislazione anti discriminazione» (civile, amministrativa, con azioni positive) in diversi Paesi «si fa ricorso alla legge penale, anche se le misure penali non sono le più efficaci per risolvere I casi di discriminazione» e, ancora, che «le sanzioni penali dovrebbero essere limitate alle forme più severe di istigazione e come extrema ratio da applicare in situazioni strettamente giustificate ove nessuna altra misura sia in grado di ottenere la auspicata protezione dei diritti individuali».
[whohit] Che cosa dice veramente la legge sull’omofobia: ovvero, il bambino e l’acqua sporca [/whohit]
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[…] Molti, anche alcuni giuristi, hanno detto in questi mesi che una legge contro l’omofobia e la transfobia sarebbe inutile e, anzi, incostituzionale. Si è detto che non vi sarebbe alcun motivo per punire più severamente un reato commesso nei confronti di un omosessuale rispetto ad un reato contro un eterosessuale; si è detto che il bene giuridico tutelato, in caso, ad esempio, di lesioni personali, sarebbe pur sempre l’integrità fisica della vittima, o al più la sua dignità personale, per cui non si giustificherebbe un trattamento diverso […]
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