Ministero dell’Interno, Massimario per l’ufficiale di stato civile

Il Regolamento dello Stato Civile: Guida all’Applicazione – Edizione 2011

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9.1. Cittadini italiani che si sposano all’estero

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9.1.1. Trascrizione dell’atto di matrimonio in Italia

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Allo stato attuale della normativa, è contraria all’ordine pubblico e va rifiutata la richiesta di trascrizione presentata dal cittadino italiano di un matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all’estero. In caso di richiesta di trascrizione mediante utilizzo dei modelli di cui alla Convenzione di Vienna firmata l’8 settembre 1976, relativa al rilascio di estratti plurilingue di atti dello stato civile, l’ufficiale dello stato civile, al momento della trascrizione, dovrà porre cura nel verificare che i due sposi siano di sesso diverso (in quanto i predetti modelli non riportano l’indicazione del sesso di questi), richiedendo, in caso di dubbio, agli interessati o al competente consolato idonea documentazione relativa alla loro identità (Circ. n. 55 del 18 ottobre 2007).
In mancanza di una legge in materia, non è neanche possibile trascrivere in Italia gli atti stranieri relativi alla esistenza o allo scioglimento di una convivenza registrata.

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11.5. Scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio a seguito di sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso

L’art. 3, punto 2, lett. “g” della legge 898/1970, come modificata dalla legge 6 marzo 1987, n. 74, richiama la legge 14 aprile 1982, n. 164, stabilendo che la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso, pronunciata ai sensi di detta legge, quando sia passata in giudicato, costituisce presupposto per la proposizione di una domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Poiché la sentenza emessa a norma della legge del 1982 determina già di per se stessa, ipso jure, il venir meno del vincolo matrimoniale (art. 4), il citato art. 3 della legge sul divorzio non può che essere interpretato nel senso che la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso, ha carattere integrativo di quella originaria pronuncia, al fine di regolamentare, quando occorra, il regime di affidamento dei figli e il regime patrimoniale fra gli ex coniugi. Lo scioglimento del vincolo in ogni caso va fatto risalire alla data della pronuncia di rettificazione, quando sia passata in giudicato, con il conseguente riacquisto, da tale data, da parte di entrambi i coniugi, dello stato libero. A ragionare diversamente e ritenere, come una parte minoritaria della dottrina sostiene, che la legge del 1987 abbia abrogato (sia pure in parte) quella del 1982, facendo coincidere la data dello scioglimento con quella della sentenza di divorzio, si avrebbe la contraddizione che per un certo periodo di tempo (quello intercorrente tra la sentenza di rettificazione e quella di divorzio) continuerebbe a sussistere il coniugio fra persone dello stesso sesso. Pertanto deve ritenersi che, pur in mancanza di una sentenza di scioglimento del matrimonio, la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determini la obiettiva dissoluzione del vincolo, stante l’accertata giuridica impossibilità del suo permanere. Peraltro, la domanda di divorzio ai sensi della citata lett. “g” del punto 2 della legge 898/1970, non può essere proposta in assenza del necessario presupposto di una sentenza di rettificazione.

In conclusione, la sentenza di rettificazione, in quanto determina ipso jure lo scioglimento, come è espressamente detto nell’art. 4 della legge 14 aprile 1982, n. 164, senza necessità di una ulteriore pronuncia giudiziaria, deve essere annotata nell’atto di nascita dell’interessato (art. 49, lett. ”g”, del D.P.R. 396/2000), in quello di matrimonio (art. 69, lett. ”d”) ed in quello di nascita dell’altro coniuge; la sentenza di divorzio segue, al riguardo, la disciplina di cui all’art. 5, primo comma, della legge n. 898/1970, ed all’art. 49, lett. “g”, del D.P.R. 396/2000.

Detta interpretazione è stata recentemente ribadita da una sentenza della Corte di Appello di Bologna del 18 maggio 2011 la quale ha ricordato che la sentenza che dispone la rettificazione di attribuzione di sesso di persona coniugata determina, quale automatico effetto ex art. 4 della L. 164/82, lo scioglimento del vincolo matrimoniale, confermando la legittimità dell’operato dell’ufficiale di stato civile che aveva provveduto ad apporre, a margine dell’atto di matrimonio l’apposita formula di scioglimento automatico.

Si evidenzia inoltre, che il Decreto Legislativo del 1 settembre 2011, n. 150, entrato in vigore il successivo 6 ottobre, all’art. 31 c. 6 ribadisce espressamente che la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso “determina lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso”.

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