Tribunale di Busto Arsizio, Ufficio giudice per le indagini preliminari, ordinanza del 24 febbraio 2015
TRIBUNALE DI BUSTO ARSIZIO
UFFICIO GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
ORDINANZA DI ARCHIVIAZIONE (ARTT 409, 410, CO. 2 C.P.P.)
Il Giudice dott. Patrizia Nobile
A scioglimento della riserva assunta all’udienza del 19.2.15
v.to l’atto di opposizione presentato dalla persona offesa XXXXXXXX, assistito dall’avv. Vincenzo Colaiacovo del foro di Sulmona
Esaminata la richiesta del P.M. di archiviazione presentata nei confronti di:
YYYYYYYYY, nato a ZZZZZZZZZ (MI) in data 12.2.1988
Sentiti all’udienza camerale i difensori dell’opponente e della parte opposta
OSSERVA
Preliminarmente la eccezione dì tardività dell’opposizione formulata dalla difesa dell’indagato appare superata dal provvedimento del 16110/14 di remissione in termini, di cui ha beneficiato l’opponente ed alla cui parte motiva integralmente si rinvia.
Ciò posto e proseguendosi nella disamina del merito, reputa questo giudicante I’infondatezza delle doglianze espresse nell’atto di opposizione, dovendosi invece condividere le argomentazioni poste dal Pubblico Ministero a sostegno della sua richiesta di archiviazione.
Con atto di querela del 29.6.11 XXXXXXXX chiedeva procedersi penalmente nei riguardi di coloro che avevano postato alcuni commenti nel canale “BigStudiosMovie” del sito internet youtube, ove era stato pubblicato un suo video, dal titolo “I gay e Federico – versione integrale”. Tra i commentatori l’odierno indagato, cui si ascrive la pubblicazione che di seguito si riporta nella parte di interesse: “Fai la femminuccia fai il maschietto come se fosse una scelta! Ma brutta testa di cazzo … ti meriti di essere su youtube perché questo è come sei per davvero dentro … II problema alla società è la tua ignoranza e il fatto che tu sia sindaco! … omissis “.
Pacifica è l’attribuzione di tale commento all’indagato ed il contenuto oggettivamente offensivo di una delle espressioni utilizzate, tanto che la stessa difesa ha incentrato la discussione sulla sussistenza della scriminante della provocazione, invocando pertanto l’applicazione dell’art. 599 c.p.
La valutazione della condotta astrattamente diffamatoria dell’indagato non può in effetti prescindere dal contenuto del video che ha scatenato tale commento. Esso riprende l’opponente nel mentre, in risposta ad una lettera di un telespettatore, esprime la propria contraria opinione alla legittimazione dei “PACS” e delle adozioni da parte di coppie omossessuali. Ciò che rileva sono le argomentazioni poste a sostegno delle sue conclusioni. che riposano sull’espressa convinzione che l’omosessualità, ritenuta un’aberrazione genetica contro natura ed in quanto tale da curare, trovi la sua spiegazione scientifica in un’anomalia cromosomica. sostenendo che gli omossessuali sarebbero portatori di tre cromosomi sessuali, anziché due (xxy)
La gravità di tali affermazioni non è revocabile in dubbio e ciò non solo perché quanto sostenuto dall’opponente è destituito di qualsiasi fondamento scientifico, ma perché trattasi di affermazioni gravemente discriminatorie, che esorbitano da qualsiasi tutelabile manifestazione del diritto di opinione o di critica, giacché riconducibili a convinzioni, peraltro mutuate da famigerate teorie eugenetiche, incitanti all’omofobia, alla transfobia ed alla discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.
Il delineato antefatto fa pertanto ritenere la reazione offensiva dell’indagato animata da un giustificato turbamento, in quanto le dichiarazioni del XXXXXXXXX furono ragionevolmente percepite dall’indagato come fatto ingiusto e provocatorio.
Secondo gli insegnamenti della Suprema Corte di Cassazione l’altrui fatto ingiusto è idoneo ad integrare l’esimente della provocazione di cui al secondo comma dell’art. 599 c.p. quando “per la sua intrinseca illegittimità ovvero per la sua contrarietà alle norme della civile convivenza, trascendendo i limiti del retto vivere, abbia in sé la potenzialità di suscitare un giustificato turbamento nell’animo dell’agente” (Cass. Pen., sez 1 sent 1667 del 3.1.1966,. rv 100025)”. E, ancora “l’ingiustizia non deve essere valutata con criteri restrittivi, cioè limitatamente ad un fatto che abbia una intrinseca illegittimità, bensì con criteri più ampi che comprendono anche fatti che la coscienza etica della collettività riprova in un certo momento storico” (Cass. Pen. Sez 5 sent. 2017 del 21.2.75 rv 129333; Cass. Pen., Sez. S, Sentenza n. 25421 del 18/03/2014 Ud. (dep.13/06/2014 ) Rv. 259882 ; Sez. 5, Sentenza n. 9907 del 16/12/2011 Ud. (dep. 14/03/2012 ) Rv, 252948; Sez. 5, Sentenza n. 21455 del 11/03/2009 Ud. (dep. 22/05/2009) Rv. 243506)
Attualmente sempre più presente è l’attenzione nella società civile a fenomeni di emarginazione sociale riconducibili all’omofobia e la stessa legislazione dei paesi dell’Unione Europea – ancorché ancora disomogenea sotto il profilo della incriminazione di condotte di incitamento all’odio, alla violenza ed alla discriminazione per l’orientamento sessuale – è ormai sempre più coesa a tutelare, in più ambiti, il diritto di ogni individuo di seguire e manifestare il proprio orientamento sessuale, espressamente contemplato all’art. 21. par 1. della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Anche in considerazione della costante attenzione del Parlamento Europeo a monitorare fenomeni discriminatori e l’adeguatezza delle legislazioni dei paesi membri, nonché a formulare risoluzioni volte a promuovere leggi a tutela dell’omosessualità, già in parte recepite anche dall’Italia nell’ambito della tutela del lavoro, può ritenersi che la società civile nell’ultimo decennio abbia rinunciato a ritenere “innaturale” un fenomeno in realtà esistente in natura e sia dunque ormai approdata alla “depatologizzazione” della omosessualità, interiorizzando piuttosto il valore della tolleranza e della tutela della libertà di orientamento sessuale.
Alla stregua di quanto precede irrilevante appare quanto altro indicato in querela in ordine all’avvenuta pubblicazione in assenza dell’autorizzazione del XXXXXXX ed all’esistenza di una versione contratta del video. Ciò che rileva sotto il profilo in esame è, infatti, quello che l’indagato incolpevolmente si rappresentò e che conseguentemente scatenò la sua reazione (cfr. Cass. Pen. Sez 5, sent. 13942 del 9.12.1986). Del resto il video commentato dall’indagato non evidenzia contrazioni significative rispetto alla versione originale e dallo stesso tenore della videoregistrazione, in cui il XXXXXXX mostra di rivolgersi ad un certo pubblico (tanto che in alcuni frangenti si rivolge ai “telespettatori”‘), si evince un intento comunque divulgativo dell’opponente.
Né può ritenersi, infine, pertinente la richiamata giurisprudenza a sostegno della necessità della immediatezza tra il fatto ingiusto e la reazione, giacché l’evidenziata discrasia di quindici giorni intercorrente tra la pubblicazione del video e quella del commento dell’indagato non considera il momento in cui il YYYYYYY visionò il video ed ebbe dunque la percezione del fatto ingiusto (Cass. Pen. Sez 2, sent. 88 del 23.6.66 rv 101838; Sez F sent 32323 dell’8.8.07 rv 236832; Cass. Pen. Sez 5 del 16.5.2013, n. 30502; Cass. Pen. Sez F del 31.7.2007, n. 32323; cass. Pen. Sez V dell’ 11.1.07, n. 8097).
P.Q.M.
Rigetta l’opposizione e dispone l’archiviazione del procedimento penale indicato in epigrafe. Ordina la restituzione degli atti al P.M..
Autorizza il rilascio di copia agli aventi diritto.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Busto Arsizio, 24.2.15
IL GIUDICE
dott.ssa Patrizia Nobile