di Giulia Barbato*
Pubblichiamo la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Sassari n. 1 del 2022 (per il cui invio ringraziamo l’avvocato Michele Giarratano) che ha disposto l’adozione in casi particolari da parte del genitore intenzionale della minore nata attraverso il ricorso alla gestazione per altri, ha ordinato la posposizione del cognome dell’adottante a quello della minore e, infine. ha riconosciuto il legame parentale tra la bambina e i parenti dell’adottante.
In primis il Tribunale sassarese accoglie la domanda di adozione in casi particolari proposta dal genitore sociale della minore, figlia del proprio compagno di vita – con cui ha condiviso fin dall’inizio il progetto genitoriale realizzatosi grazie ad un procedimento di gestazione per altri effettuato all’estero -, ed insieme ai quali convive, contribuendo affettivamente e finanziariamente al soddisfacimento delle esigenze della bambina al pari del padre biologico.
Nella pronuncia de qua, invero, viene ricordato come – sia ex lege (art. 44 lett. D l. 184/83), sia secondo giurisprudenza consolidata (Cass. 12962/2016) – “è l’adozione in casi particolari a rispondere a specifiche esigenze di riconoscimento legale di rapporti affettivi così intensi dal confinare con la genitorialità strettamente intesi [….] anche qualora l’adottante sia partner del genitore dell’adottando nell’ambito di una relazione omoaffettiva, la quale (come diffusi studi scientifici chiariscono) sotto il profilo del sentimento verso i figli in nulla differisce rispetto alle famiglie basate su unioni eterosessuali” (così, p. 2).
In secundis il Tribunale ritiene meritevole di accoglimento anche l’istanza di posposizione del cognome dell’adottante a quello già proprio della minore. Al riguardo viene considerata superata l’interpretazione giurisprudenziale tradizionale degli artt. 55 L. n. 184/83 e 299 c. c., secondo cui nelle fattispecie di adozione in casi particolari – così come avviene nelle ipotesi di adozione dei maggiorenni – il cognome dell’adottato è composto dal cognome dell’adottante e, a seguire, dal cognome della famiglia d’origine dell’adottato (Cass. Civ., Sez. I, 19/08/1996, n. 7618).
Nella decisione in esame, infatti, viene evidenziato come tale lettura, che equipara rispetto agli effetti sul cognome adottato maggiorenne e adottato ex art. 44 L. n. 184/83, è volta a soddisfare “l’esigenza di tutelare una famiglia d’origine diversa da quella adottiva o il senso di appartenenza a due famiglie”, non ravvisabile nelle fattispecie – come quella in oggetto – in cui l’unica famiglia del minore è quella composta dal genitore biologico e dall’adottante.
Infine, relativamente al richiesto accertamento, con consequenziale dichiarazione, del legame familiare tra l’adottanda e i parenti ed ascendenti dell’adottante, il giudice sassarese innanzitutto si esprime sul profilo della competenza del Tribunale per i Minorenni ad esprimersi su siffatta materia, asserendo che “il riconoscimento del legame parentale tra adottando e famiglia dell’adottante equivale a una mera conseguenza della pronuncia di adozione […]. Ne discende che l’organo giurisdizionale competente a conoscere della domanda di adozione (pacificamente il Tribunale per i Minorenni) è, in astratto, anche competente a pronunciarsi in senso dichiarativo relativamente a ogni effetto ad essa correlato, considerati da un verso l’intima connessione dell’accertamento richiesto rispetto alla domanda principale, dall’altro i basilari principi di concentrazione delle tutele ed economia processuale” (così, p. 3).
Poste queste premesse, nel merito il Tribunale dichiara che “l’adozione in casi particolari di cui all’art. 44 lettera D della L. 184/1983 allo stato attuale comporta, quale suo effetto naturale, l’estensione dei legami familiari dell’adottante anche al soggetto adottato” (così, p. 3). A sostegno di tale assunto, il giudice sassarese rammenta come l’art. 74 c. c., a seguito delle modifiche apportate dalla L. 219/2012, recita che “la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”, essendo, quindi, qualificata l’adozione di maggiorenni come unica ipotesi eccezionale. (così, p. 4)
Di conseguenza, a detta del Tribunale de quo, il nuovo art. 74 c. c. ha abrogato tacitamente l’art. 55 della L. 184/1983 nella parte in cui stabilisce l’applicabilità all’adozione in casi particolari dell’art. 300 c. c., che disciplina l’adozione di maggiorenni, statuendo, al suo secondo comma, l’insussistenza di alcun rapporto civile sia tra l’adottante e la famiglia dell’adottato sia tra l’adottato e i parenti dell’adottante, salve le eccezioni previste ex lege.
Nella pronuncia tale interpretazione è, altresì, corroborata da considerazioni teleologiche e storico-sistematiche. Al riguardo, infatti, viene sottolineato che il rinnovato art. 74 c. c. “risponde alla storica esigenza di eguagliare legami familiari di genesi differente (intra o extra matrimoniale, oppure adottiva), rispetto ai quali non si ravvisano tuttavia differenze di intensità sentimentale, assistenziale e valoriale quanto al rapporto adulto-soggetto minorenne, realizzando così appieno, in ambito familiare, il concetto di eguaglianza dello status di figlio direttamente discendente dall’art. 3 della Costituzione”, rappresentando, pertanto, “una regola generale volta alla tutela del soggetto minore indipendentemente dalla forma del proprio contesto di riferimento, a condizione che si tratti, appunto, di un contesto familiare” (così, p. 4).
Contestualmente il giudice minorile evidenzia come nel tempo sia cambiata la strumentalità giuridica dell’adozione in casi particolari, nonostante il testo dell’art. 44 della L. 184/1983 sia rimasto invariato. Invero, a detta del Tribunale, siffatto istituto ab origine era volto, in via esclusiva, a conferire “dignità giuridica a peculiari rapporti esterni alla famiglia di origine del minore” – condividendo la ratio del riconoscimento dell’adozione del maggiorenne e giustificando, conseguentemente, il rinvio alle norme disciplinanti la stessa -; successivamente ha mutato facies, perseguendo lo scopo di “garantire una tutela legale del minore appartenente ad un nucleo familiare non diversamente riconosciuto dall’ordinamento”. (così, p. 4)
Dunque in codesta sentenza la nuova strumentalità giuridica dell’adozione in casi particolari e la parificazione delle forme di filiazione adottiva minorile – avvenuta tramite la modifica dell’art. 74 c. c. – si reputano accomunate dalla medesima finalità, ossia “riconoscere e salvaguardare senza differenze il nucleo familiare di riferimento del minore” (così, p. 5).
Muovendo da questa prospettiva, il giudice minorile considera che “l’applicazione dell’art. 300 c.c. all’adozione in casi particolari del minore del quale sia legittimato il nucleo familiare di riferimento risulti incompatibile con i principi di pari dignità attualmente garantiti appieno dal sistema giuridico italiano, dovendosene ritenere l’abrogazione, ai sensi dell’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale” (così, p. 5).
In conclusione la soluzione ermeneutica abbracciata dal Tribunale sassarese estende la protezione dell’adottato nelle ipotesi di adozione in casi particolari, garantendogli il riconoscimento giuridico non solo del rapporto di filiazione intercorrente con il genitore intenzionale, ma anche del legame esistente tra i parenti di quest’ultimo e il minore. Tale riconoscimento porta secum importanti risvolti sul piano della piena equiparazione dello status filiationis, basti pensare alle notevoli refluenze apprezzabili in materia successoria.
*dottoranda Università di Palermo
Estensione dei legami di parentela dell’adottante in capo all’adottato nell’adozione in casi particolari: il sì del Tribunale per i Minorenni di Sassari
di Giulia Barbato*
Pubblichiamo la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Sassari n. 1 del 2022 (per il cui invio ringraziamo l’avvocato Michele Giarratano) che ha disposto l’adozione in casi particolari da parte del genitore intenzionale della minore nata attraverso il ricorso alla gestazione per altri, ha ordinato la posposizione del cognome dell’adottante a quello della minore e, infine. ha riconosciuto il legame parentale tra la bambina e i parenti dell’adottante.
In primis il Tribunale sassarese accoglie la domanda di adozione in casi particolari proposta dal genitore sociale della minore, figlia del proprio compagno di vita – con cui ha condiviso fin dall’inizio il progetto genitoriale realizzatosi grazie ad un procedimento di gestazione per altri effettuato all’estero -, ed insieme ai quali convive, contribuendo affettivamente e finanziariamente al soddisfacimento delle esigenze della bambina al pari del padre biologico.
Nella pronuncia de qua, invero, viene ricordato come – sia ex lege (art. 44 lett. D l. 184/83), sia secondo giurisprudenza consolidata (Cass. 12962/2016) – “è l’adozione in casi particolari a rispondere a specifiche esigenze di riconoscimento legale di rapporti affettivi così intensi dal confinare con la genitorialità strettamente intesi [….] anche qualora l’adottante sia partner del genitore dell’adottando nell’ambito di una relazione omoaffettiva, la quale (come diffusi studi scientifici chiariscono) sotto il profilo del sentimento verso i figli in nulla differisce rispetto alle famiglie basate su unioni eterosessuali” (così, p. 2).
In secundis il Tribunale ritiene meritevole di accoglimento anche l’istanza di posposizione del cognome dell’adottante a quello già proprio della minore. Al riguardo viene considerata superata l’interpretazione giurisprudenziale tradizionale degli artt. 55 L. n. 184/83 e 299 c. c., secondo cui nelle fattispecie di adozione in casi particolari – così come avviene nelle ipotesi di adozione dei maggiorenni – il cognome dell’adottato è composto dal cognome dell’adottante e, a seguire, dal cognome della famiglia d’origine dell’adottato (Cass. Civ., Sez. I, 19/08/1996, n. 7618).
Nella decisione in esame, infatti, viene evidenziato come tale lettura, che equipara rispetto agli effetti sul cognome adottato maggiorenne e adottato ex art. 44 L. n. 184/83, è volta a soddisfare “l’esigenza di tutelare una famiglia d’origine diversa da quella adottiva o il senso di appartenenza a due famiglie”, non ravvisabile nelle fattispecie – come quella in oggetto – in cui l’unica famiglia del minore è quella composta dal genitore biologico e dall’adottante.
Infine, relativamente al richiesto accertamento, con consequenziale dichiarazione, del legame familiare tra l’adottanda e i parenti ed ascendenti dell’adottante, il giudice sassarese innanzitutto si esprime sul profilo della competenza del Tribunale per i Minorenni ad esprimersi su siffatta materia, asserendo che “il riconoscimento del legame parentale tra adottando e famiglia dell’adottante equivale a una mera conseguenza della pronuncia di adozione […]. Ne discende che l’organo giurisdizionale competente a conoscere della domanda di adozione (pacificamente il Tribunale per i Minorenni) è, in astratto, anche competente a pronunciarsi in senso dichiarativo relativamente a ogni effetto ad essa correlato, considerati da un verso l’intima connessione dell’accertamento richiesto rispetto alla domanda principale, dall’altro i basilari principi di concentrazione delle tutele ed economia processuale” (così, p. 3).
Poste queste premesse, nel merito il Tribunale dichiara che “l’adozione in casi particolari di cui all’art. 44 lettera D della L. 184/1983 allo stato attuale comporta, quale suo effetto naturale, l’estensione dei legami familiari dell’adottante anche al soggetto adottato” (così, p. 3). A sostegno di tale assunto, il giudice sassarese rammenta come l’art. 74 c. c., a seguito delle modifiche apportate dalla L. 219/2012, recita che “la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”, essendo, quindi, qualificata l’adozione di maggiorenni come unica ipotesi eccezionale. (così, p. 4)
Di conseguenza, a detta del Tribunale de quo, il nuovo art. 74 c. c. ha abrogato tacitamente l’art. 55 della L. 184/1983 nella parte in cui stabilisce l’applicabilità all’adozione in casi particolari dell’art. 300 c. c., che disciplina l’adozione di maggiorenni, statuendo, al suo secondo comma, l’insussistenza di alcun rapporto civile sia tra l’adottante e la famiglia dell’adottato sia tra l’adottato e i parenti dell’adottante, salve le eccezioni previste ex lege.
Nella pronuncia tale interpretazione è, altresì, corroborata da considerazioni teleologiche e storico-sistematiche. Al riguardo, infatti, viene sottolineato che il rinnovato art. 74 c. c. “risponde alla storica esigenza di eguagliare legami familiari di genesi differente (intra o extra matrimoniale, oppure adottiva), rispetto ai quali non si ravvisano tuttavia differenze di intensità sentimentale, assistenziale e valoriale quanto al rapporto adulto-soggetto minorenne, realizzando così appieno, in ambito familiare, il concetto di eguaglianza dello status di figlio direttamente discendente dall’art. 3 della Costituzione”, rappresentando, pertanto, “una regola generale volta alla tutela del soggetto minore indipendentemente dalla forma del proprio contesto di riferimento, a condizione che si tratti, appunto, di un contesto familiare” (così, p. 4).
Contestualmente il giudice minorile evidenzia come nel tempo sia cambiata la strumentalità giuridica dell’adozione in casi particolari, nonostante il testo dell’art. 44 della L. 184/1983 sia rimasto invariato. Invero, a detta del Tribunale, siffatto istituto ab origine era volto, in via esclusiva, a conferire “dignità giuridica a peculiari rapporti esterni alla famiglia di origine del minore” – condividendo la ratio del riconoscimento dell’adozione del maggiorenne e giustificando, conseguentemente, il rinvio alle norme disciplinanti la stessa -; successivamente ha mutato facies, perseguendo lo scopo di “garantire una tutela legale del minore appartenente ad un nucleo familiare non diversamente riconosciuto dall’ordinamento”. (così, p. 4)
Dunque in codesta sentenza la nuova strumentalità giuridica dell’adozione in casi particolari e la parificazione delle forme di filiazione adottiva minorile – avvenuta tramite la modifica dell’art. 74 c. c. – si reputano accomunate dalla medesima finalità, ossia “riconoscere e salvaguardare senza differenze il nucleo familiare di riferimento del minore” (così, p. 5).
Muovendo da questa prospettiva, il giudice minorile considera che “l’applicazione dell’art. 300 c.c. all’adozione in casi particolari del minore del quale sia legittimato il nucleo familiare di riferimento risulti incompatibile con i principi di pari dignità attualmente garantiti appieno dal sistema giuridico italiano, dovendosene ritenere l’abrogazione, ai sensi dell’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale” (così, p. 5).
In conclusione la soluzione ermeneutica abbracciata dal Tribunale sassarese estende la protezione dell’adottato nelle ipotesi di adozione in casi particolari, garantendogli il riconoscimento giuridico non solo del rapporto di filiazione intercorrente con il genitore intenzionale, ma anche del legame esistente tra i parenti di quest’ultimo e il minore. Tale riconoscimento porta secum importanti risvolti sul piano della piena equiparazione dello status filiationis, basti pensare alle notevoli refluenze apprezzabili in materia successoria.
*dottoranda Università di Palermo