Archivi mensili: marzo 2020

In dubio, pro matrimonio. A proposito di due decisioni fra matrimonio, unione civile e rettificazione di sesso.

di Denise Amram*

A quasi cinque anni dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma che prevedeva l’obbligo di sciogliere il vincolo coniugale in caso di rettificazione anagrafica del sesso di uno dei due coniugi (Corte Cost. n. 170/2014, da cui artt. 2 e 4 l. 164/1982)[1], due decisioni di merito, pubblicate a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, sollecitano una rinnovata riflessione circa i rapporti intercorrenti tra identità di genere, matrimonio e unione civile.

I casi e le questioni.

Il caso deciso da Tribunale di Brescia, terza sezione civile, decreto del 17 ottobre 2019 n. 11990 concerne un matrimonio tra due persone dello stesso sesso contratto all’estero e trascritto quale unione civile in Italia, cui segue dichiarazione di rettificazione anagrafica del sesso di uno dei due partner e il contestuale sopravvenire del motivo di scioglimento dell’unione ai sensi dell’art. 1, comma 26, l.n. 76/2016[2].

L’ufficiale di stato civile rifiuta la richiesta della coppia che, costretta allo scioglimento del vincolo, chiede la conversione dell’unione civile in matrimonio sulla base del dato letterale dell’art. 70 octies del d.lgs. n. 396/2000 che dispone l’iscrizione nel registro delle unioni civili del vincolo tra persone unite in matrimonio in caso di passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione anagrafica del sesso di uno dei due coniugi, ma non il viceversa. Il Tribunale di Brescia ordina l’iscrizione del vincolo nel registro del matrimonio sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata della norma alla luce del principio di uguaglianza.

Sulla stessa scia, si inserisce la sentenza  del Tribunale di Grosseto del 3 ottobre 2019, n. 740 che, nell’ambito di un giudizio volto ad autorizzare con sentenza non definitiva uno dei coniugi a sottoporsi a trattamento medico-chirurgico per l’adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili, affronta la questione relativa al mantenimento del vincolo matrimoniale laddove entrambi i coniugi, con tempi diversificati, stiano procedendo alla rettificazione anagrafica del sesso. Il Tribunale di Grosseto dispone che, nell’attesa di (more…)

Due importanti decisioni in materia di status dei figli nati con gpa

Pubblichiamo due rilevanti decisioni del Tribunale di Roma, in composizione collegiale (entrambe pubblicate l’11.2.2020, una n. 2991/2020 e l’altra n. 3017/2020) in materia di status del minore nato in seguito a gestazione per altre o altri (maternità surrogata, da ora, per brevità, gpa) legittimamente effettuata all’estero, in conformità alle leggi ivi vigenti (le due decisioni si distinguono per il diverso parere espresso dal curatore, in un caso contrario costringendo il tribunale a una motivazione particolarmente articolata, n. 3017, e in uno favorevole, n. 2991).
Come noto, sulla questione debbono segnalarsi, fra le molte decisioni, i due recenti arresti della Corte costituzionale e delle Sezioni unite della Corte di cassazione, le quali in estrema sintesi hanno stabilito, per un verso, la legittimità costituzionale dell’art. 263 c.c. sulla impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, assumendo che la norma consente comunque al giudice di valutare nel caso concreto se la rimozione dello status già acquisito sia conforme o meno all’interesse superiore del minore, bilanciato con gli altri interessi e diritti fondamentali protetti dall’ordinamento (Corte costituzionale, sentenza n. 272/2017) e, per altro verso, che la trascrizione di un atto di nascita redatto all’estero in seguito a gpa è da ritenersi contrario all’ordine pubblico internazionale, in quanto l’interesse superiore del minore è da assumersi sempre affievolito in ragione degli altri interessi e diritti fondamentali in gioco (Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza n. 12193/19).
In tale quadro, dovendo decidere in una ipotesi di azione promossa dal curatore nominato dal tribunale, di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità effettuato da entrambi i genitori (padre e madre, nel frattempo assolti nel procedimento penale, che tuttavia ha dato luogo alla nomina del curatore per la promozione del giudizio civile ex art. 263 c.c.) nei confronti di minori nati in seguito a gpa, il tribunale di Roma (accertato che il padre è genitore biologico, sicché nulla quaestio in suo riguardo) ha ritenuto prevalente l’interesse degli stessi al mantenimento della relazione genitoriale con la madre intenzionale, posto che le rassicuranti relazioni dei servizi sociali riferiscono le ottime condizioni dei minori, l’assenza di criticità e il “pieno e positivo inserimento dei minori nella famiglia dei convenuti,  dai quali sono accuditi con cura ed attenzione”.
A tale riguardo il Collegio opera un importante distinguo fra la situazione vagliata dalla Corte costituzionale e quella sottoposta all’attenzione della Corte di cassazione, sicché a fronte della «assoluta affermazione” delle sezioni unite, “dalla quale il Collegio non intende discostarsi, applicabile nel caso in cui oggetto del giudizio sia il riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento straniero, che sottrae al giudice del merito ogni margine di valutazione, nella diversa ipotesi in cui oggetto del giudizio sia la domanda di rimozione di  uno status già acquisito dal minore attraverso la formazione di atto di nascita nello stato di nascita e la trascrizione in Italia dell’atto di nascita estero, la Consulta chiamata a vagliare la legittimità costituzionale,  proprio dell’art.  263  c.c., non ha fornito conclusioni ugualmente assolute, ma ha al contrario rilevato la  necessità che venga compiuto un bilanciamento di interessi. Partendo dal rilievo che pur prevedendo l’ordinamento “un accentuato favore …per la conformità dello status alla realtà della procreazione, va  escluso che quello dell’accertamento della verità biologica e genetica dell’individuo costituisca un valore di  rilevanza costituzionale assoluta, tale da sottrarsi a qualsiasi bilanciamento”.  E ciò in quanto il favor veritatis deve essere bilanciato con il diritto del figlio alla stabilità della relazione, pur se costituita in mancanza di legame genetico con i genitori, con valutazione da operare caso per caso».
Si tratta di una importante sottolineatura, che, pur nel formale ossequio alla decisione delle sezioni unite, rivela la sofferenza dei giudici di merito, oltre che l’aperto dissenso di buona parte della dottrina, innanzi alla decisione della nostra Cassazione che – con indirizzo opposto a quello seguito dalle corti supreme tedesca e francese e con assai dubbia consonanza con la Corte di Strasburgo- pur richiamando il precedente della Consulta, se ne discosta in modo netto e sorprendente, imponendo sempre e comunque l’affievolimento dello status e degli interessi dei bambini in ragione di un giudizio astratto, per nulla imposto dal legislatore (che degli status in seguito a gpa non si occupa affatto), di contrarietà all’ordine pubblico per pretese esigenze di prevenzione generale. [M.G.]