Strasburgo: è illegittimo negare il mutamento di sesso senza previa sterilizzazione
11 marzo, 2015 | Filled under cedu, identità di genere, NEWS |
La Corte di Strasburgo ravvisa la violazione dell’art.8 della Convenzione europea dei diritti umani nella mancata autorizzazione al mutamento di sesso senza previa sterilizzazione.
Con decisione emessa in data 10 marzo 2015, Affaire Y.Y. C. Turquie, la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che è illegittimo negare l’autorizzazione alle modifiche di sesso in ragione della circostanza che il richiedente non fosse incapace di procreare. La Corte di Strasburgo ha ritenuto difatti l’illegittimità della condotta dello Stato turco, per violazione della vita privata protetta dall’art. 8 della Convenzione, condannandolo a risarcire i danni patiti dal transessuale per aver dovuto attendere per anni l’autorizzazione all’esecuzione dell’intervento chirurgico, comunque rilasciata da una Corte turca già prima dell’intervento della Corte europea.
Nella specie si trattava di un transessuale, nato donna, il quale sentiva fortemente di appartenere al genere maschile e che aveva richiesto sin dal settembre del 2005 l’autorizzazione ad effettuare i necessari trattamenti chirurgici, autorizzazione che, come detto, era stata rilasciata soltanto nel maggio 2013 da parte della Mersin District Court, dopo diversi anni di reiterati dinieghi. Era stata infatti ritenuta ostativa la disposizione di cui all’art. 40 del codice civile turco che prevede la incapacità di procreare fra i requisiti per ottenere l’autorizzazione al cambiamento di sesso.
La decisione, assunta all’unanimità, si basa sulla ravvisata violazione della libertà della persona di scegliere il proprio genere, libertà che è considerata dalla Corte come una parte essenziale del diritto di ogni persona all’autodeterminazione (§ 102: «la Cour observe que la procédure qui s’est déroulée devant les juridictions nationales mettait directement en jeu la liberté pour le requérant de définir son appartenance sexuelle, liberté qui s’analyse comme l’un des éléments les plus essentiels du droit à l’autodétermination»).
Interessante la notazione dei giudici di Strasburgo per cui, pur non essendovi ancora l’evidenza di un comune consenso fra paesi aderenti alla Convenzione sul punto, vi è tuttavia la prova evidente di una continua tendenza internazionale a favore di una sempre maggiore accettazione delle persone transessuali e del loro riconoscimento giuridico (§ 108: «la Cour rappelle avoir déjà considéré qu’il convenait d’attacher moins d’importance à l’absence d’éléments indiquant un consensus européen relativement à la manière de résoudre les problèmes juridiques et pratiques qu’à l’existence d’éléments clairs et incontestés montrant une tendance internationale continue non seulement vers une acceptation sociale accrue des transsexuels mais aussi vers la reconnaissance juridique de la nouvelle identité sexuelle des transsexuels opérés»). A tale proposito la Corte rammenta la Risoluzione n. 1728 del 2010 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che ha richiesto agli Stati membri di introdurre normative apposite sul cambiamento di sesso anagrafico evitando di sottoporre le relative richieste alla condizione del trattamento medico o dell’operazione chirurgica, osservando come numerosi paesi abbiamo già legiferato in tal senso (una dettagliata ricognizione delle diverse e spesso discordanti normative in materia di identità di genere è contenuta nei § 35-43 della decisione).
La Corte ha peraltro osservato come risulti poco comprensibile la disposizione turca nella parte in cui richiede la incapacità di procreare quale presupposto per poter accedere agli interventi chirurgici, posto che non si comprende come possa ottenersi tale incapacità di procreare se non attraverso un intervento diretto alla sterilizzazione della persona (§ 118).
In conclusione, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che la mancata autorizzazione alle modifiche di sesso configuri una violazione della vita privata della persona transessuale, la quale non risulta giustificata in quanto non può essere considerata “necessaria” in una società democratica.
La decisione dei giudici Strasburgo è certamente destinata ad influenzare anche le prossime decisioni della nostra Corte di Cassazione, che deve decidere già nei prossimi mesi su un ricorso averso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna che aveva negato il diritto alla rettificazione anagrafica senza previo intervento diretto alla sterilizzazione, quanto la Corte costituzionale, investita di analoga questione di illegittimità costituzionale dal Tribunale di Trento.
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