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La “presunzione di maternità” presto in vigore in Belgio

Con la legge che entra in vigore il primo gennaio, il Belgio riconoscerà il principio di presunzione di maternità nell’ambito delle coppie di donne sposate. Non sarà più necessario, quindi, ricorrere all’adozione del figlio del partner. Ratio della legge é una più incisiva protezione del minore, visto che il riconoscimento verrà ordinato dal giudice anche contro la volontà della co-madre, ove sia provato che aveva acconsentito alla procreazione assistita.

di Anna Maria Lecis Cocco Ortu*

Il 1° gennaio 2015 entrerà in vigore in Belgio la Loi portant établissement de la filiation de la coparente, promulgata il 5 maggio. La legge, introducendo nell’ordinamento giuridico la nozione di “coparente” (che potremmo tradurre letteralmente come co-genitrice, o meglio seconda madre, dal momento che la legge prende in considerazione esclusivamente il cogenitore di sesso femminile), estende tutte le norme sul riconoscimento del legame di filiazione e sulla presunzione di paternità alla coniuge della madre che dia alla luce un figlio in costanza di matrimonio. Inoltre, la legge prevede anche la possibilità di riconoscimento da parte della compagna non sposata della madre, alle stesse condizioni previste fino ad ora per il riconoscimento della paternità all’interno di coppie di fatto eterosessuali che abbiano condiviso un progetto genitoriale.

È importante sottolineare che la legislazione tiene a distinguere lo statuto di “madre” (principale, originaria), riservato alla madre biologica, da quello del secondo genitore di sesso femminile, evitando così di riconoscere la legale esistenza di due madri. La stessa scelta è stata fatta da altri ordinamenti: così ad esempio la legge del Regno Unito sulla fecondazione assistita, lo Human Fertilisation and Embryology Act del 2008, prevede che il figlio nato da una pratica di PMA nell’ambito del progetto genitoriale di una coppia di donne possa vedere stabilito un doppio legame genitoriale, con la madre biologica e con l’altro “female parent”. Proprio la costruzione delle nozioni legali di paternità e maternità secondo una concezione eteronormativa, fondata sull’imitatio naturae, sembra porre d’altronde i maggiori problemi all’estensione del riconoscimento legale della genitorialità omosessuale, a partire dalle difficoltà terminologiche, al punto che qualcuno ha osservato che «if only we can find the appropriate terms to use the issue will be solved»[1].

La declinazione al femminile della legge, e la conseguente discriminazione delle coppie omosessuali composte da due uomini, si deve invece al fatto che questi possono divenire genitori all’interno di un progetto genitoriale di coppia soltanto mediante la pratica della gestazione per altri, che non è regolamentata in Belgio.

Con l’avvento del nuovo anno, dunque, i bambini nati mediante procreazione assistita all’interno del progetto genitoriale di una coppia di donne[2] potranno vedere riconosciuto un doppio rapporto di filiazione fin dalla registrazione all’anagrafe, senza bisogno che la compagna o la moglie della madre biologica debba ricorrere all’adozione coparentale, come avveniva fino ad ora[3].  Inoltre, l’art. 30 della legge prevede che le disposizioni in essa iscritte possano applicarsi anche ai nati precedentemente all’entrata in vigore delle stesse, ove non sia ancora stato stabilito un legame di filiazione, mediante adozione, con la madre che intende riconoscerli.

È il diritto del bambino ad avere due genitori, più che il diritto della “madre sociale” ad essere riconosciuta in quanto genitore legale (ma senza trascurare quest’ultimo[4]), quello che anima lo spirito della riforma. E lo si evince in particolare dal fatto che il riconoscimento non solo può essere effettuato volontariamente dalla seconda madre, ma può altresì essere stabilito con pronuncia giudiziale, ove sia provato che ella aveva acconsentito alla procreazione assistita da cui il bambino è nato. Una disposizione,questa, che introduce un’importante tutela a favore del minore in quanto, se la genitorialità sociale riposa necessariamente sulla volontà di essere genitore, con la conseguenza che ogni dovere nei confronti del figlio è altresì subordinato a un libero esercizio di volontà che può essere interrotto in qualsiasi momento al venir meno della volontà stessa, il riconoscimento automatico o giudiziale associa l’elemento della responsabilità alla manifestazione originaria della volontà di essere genitori: genitori si diventa, ma una volta che lo si è diventati non si può tornare indietro. Se questo principio è stato affermato, con fatica e in tempi relativamente recenti, in relazione alla filiazione biologica, le legislazioni come quella in questione lo affermano anche in relazione all’impegno a divenire genitori assunto da una coppia, sposata o di fatto, che ricorra alla procreazione assistita. Un passo in più perché i figli nati da PMA non siano figli di serie B, e affinché il dibattito sul riconoscimento legale dei rapporti di filiazione metta davvero al centro i diritti dei figli.

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[1] A. Diduck, “If Only We Can Find the Appropriate Terms to Use the Issue Will Be Solved”: Law, Identity and Parenthood, in Child and Family Law Quarterly, 19, 2007, p. 458. Tuttavia, come altri hanno fatto notare, l’argomento della filiazione biologica non dovrebbe costituire una valida obiezione in quanto la legislazione civile sulla filiazione, per quanto fondata sull’imitatio naturae, si trova ad essere indipendente e non necessariamente coincidente con la realtà biologica, così che la “retorica del buon senso biologico” nel dibattito contro l’omogenitorialità appare infondata e pretestuosa: così D. Borrillo, La vérité biologique contre l’homoparentalité : le statut du beau-parent ou le « PaCS de la filiation », in Droit et Société, n. 72, 2009, p. 261 ss., spec. 267-268.

[2] L’accesso alla PMA da parte di due donne sposate o unite in un legame di fatto è consentito e regolamentato dalla legge del 6 luglio 2007 sulla procreazione medicalmente assistita, la quale adotta la definizione gender neutral e marital status neutral di “autori del progetto genitoriale” e specifica che “qualora si tratti di una coppia, la convenzione [con il centro di fecondazione] è firmata dai due autori del progetto genitoriale”.

[3] E come avviene tuttora in altri ordinamenti, come ad esempio quello francese, dove l’art. 13 della legge sul “mariage pour tous” esclude espressamente l’applicazione alle coppie sposate dello stesso sesso del titolo del codice civile dedicato alla presunzione di paternità. Nell’ordinamento francese, peraltro, l’adozione coparentale è limitata alle sole coppie sposate, così come l’accesso alla PMA, benché quest’ultimo sia invece consentito anche alle coppie eterosessuali non sposate che possano dimostrare la stabilità dell’unione da almeno due anni. Inoltre, anche con riferimento alle coppie sposate all’interno delle quali, quindi, la madre non biologica può richiedere l’adozione, alcuni ostacoli si sono manifestati nella pratica, poiché, benché la lettera della legge fosse chiara sul punto, qualche tribunale aveva provato a opporsi alla pratica, considerandola “in frode alla legge” che non consente appunto l’accesso alla PMA alle coppie di persone dello stesso sesso. Tuttavia quest’interpretazione è stata smentita dalla Cassazione che, in due pareri del 22 settembre (nn. 15010 e 15011) emessi su richiesta dei tribunali di Poitiers e di Avignone, ha affermato che «il ricorso alla procreazione assistita, nella forma dell’inseminazione artificiale con donatore anonimo, all’estero non costituisce un ostacolo alla pronuncia dell’adozione, da parte della coniuge della madre, del figlio nato da tale procreazione».

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[4] In quanto il diritto inviolabile alla tutela della vita familiare deve ricomprendere sia il diritto del figlio al riconoscimento legale dei suoi genitori, sia anche il diritto della madre sociale al riconoscimento legale del suo ruolo, che non dovrebbe essere ignorato dall’ordinamento: sul punto, in prospettiva comparata, Nancy D. Polikoff, A Mother Should not Have to Adopt her Own Child: Parentage Laws for Children of Lesbian Couples in the Twenty-First Century, in Stanford Journal of Civil Rights and Civil Liberties, n. 5, 2009, p. 201, spec. p. 207

*Dottore di ricerca in Diritto pubblico comparato nelle Università di Siena e Aix-Marseille, ATER (Attachée temporaire d’enseignement et recherche) all’Institut d’études politiques (IEP) d’Aix-en-Provence.