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Affido a coppia gay: le motivazioni dei giudici palermitani

Ad appena poche settimane dalla decisione del Tribunale per i minorenni di Bologna, di cui Articolo29 ha pubblicato le motivazioni in novembre, anche i giudici del Tribunale per i minorenni di Palermo, con il decreto del 4 dicembre 2013, confermano l’orientamento favorevole all’affidamento di un minore ad una coppia dello stesso sesso. Appare di rilievo l’esplicita affermazione dei giudici siciliani che «la circostanza che tali adulti abbiano il medesimo sesso» non «può per ciò solo considerarsi ostativa all’affidamento eterofamiliare, tenuto conto, per un verso, dell’assenza nella normativa nazionale di una precisa disposizione al riguardo specificamente riferibile all’affido del minore che non versi in stato di abbandono, e, per altro verso, dell’ampio concetto di legame familiare quale elaborato – con esplicito richiamo alle unioni omosessuali – anche dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (24.6.2010, Schalk e Kopf c/ Austria), in aderenza ai dettami della Carta di Nizza, che impedisce le discriminazioni fondate sul sesso e sull’orientamento sessuale». Dunque, l’evoluzione della nozione di “famiglia” ai sensi della Convenzione europea dei diritti umani, annunciata dalla Corte di Strasburgo nel caso Schalk e Kopf c. Austria (decisione del 24 giugno 2010) incide direttamente sulle valutazioni del giudice italiano, affermando i giudici palermitani che «se a livello sovranazionale la nozione di famiglia ha una portata più ampia di quella unione tra due individui cui il legislatore italiano riconosce effetti giuridici, e se la L.184/83, come sopra interpretata, si iscrive in tale contesto, non v’è alcun ostacolo in linea di principio all’affidamento di un minore ad una stabile coppia costituita da persone dello stesso sesso». Va forse precisato, a maggiore chiarimento, che la nozione “europea” di famiglia, derivata dalla nozione di “vita familiare” di cui all’art. 8 della Convenzione, non si contrappone ad una nozione “meno ampia” di famiglia per il diritto italiano, ma entra direttamente nell’ordinamento con efficacia vincolante per l’interprete e per il legislatore italiano, trattandosi di norme direttamente vincolanti che si iscrivono nell’ordinamento giuridico a livello sovraordinato rispetto alla legge ordinaria. Dunque, come rilevato dalla Corte di Cassazione nella nota  sentenza del 15 marzo 2012 n. 4184, per effetto della interpretazione data all’art. 8 Cedu dai giudici di Strasburgo (interpretazione vincolante per il nostro Paese) la nozione di famiglia è già mutata anche nell’ordinamento italiano, includendo già le famiglie formate da persone dello stesso sesso (MG).

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