Adozioni gay e omofobia tra i temi ricordati nella Relazione del primo presidente della Cassazione
24 gennaio, 2014 | Filled under identità di genere, italia, orientamento sessuale |
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Nel solco delle relazioni sull’amministrazione della giustizia di Ernesto Lupo, dense di riferimenti ai diritti fondamentali ed al diritto europeo, nella sua prima relazione da presidente della Corte di Cassazione, Giorgio Santacroce sottolinea con forza il ruolo del giudice a garanzia dei diritti fondamentali, soprattutto in un’epoca caratterizzata da una forte sfiducia nella capacità decisionale della politica, che il primo presidente sembra fare propria, evidenziando ancora una volta la centralità delle fonti internazionali e, in special modo, della Convenzione europea dei diritti umani nell’interpretazione della regola giuridica.
Elemento di novità, oltre alle numerose suggestioni su vari temi (riforma della giustizia, crisi del sistema penitenziario ecc..), i diversi e significativi passaggi sulle questioni giuridiche aperte in materia di orientamento sessuale e identità di genere.
Le questioni aperte: adozione all’interno delle coppie omosessuali, omofobia
Nella relazione si sottolinea come nell’inerzia della politica spetti alla giurisdizione assicurare concreta protezione ai diritti fondamentali e fra i temi di cui si devono occupare i giudici, nazionale ed europei, il Presidente segnala fra gli altri il contrasto all’omofobia; l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita; l’adozione all’interno delle coppie omosessuali.
«La tutela dei diritti fondamentali, e cioè dei diritti essenziali e inalienabili della persona umana, è uno di quei temi che involge opzioni etiche e ideologiche differenziate, che rischiano di alimentare passioni destinate a dividere la società. In una stagione in cui le diverse forze politiche in competizione stentano a conquistare consensi, è forte la tentazione di metterli in sordina e di non farli figurare quasi mai nelle agende politiche nazionali ed europee.
La giurisdizione, però, non può declinare la domanda di giustizia e ai giudici nazionali e sovranazionali spetta, comunque, di occuparsi di questi temi nella loro concretezza vissuta che, come bene è stato detto, non vengono mai nominati, ma che tutti conoscono, offrendone la relativa soluzione pratica, salvo le inevitabili polemiche successive. Basti citare, per fare qualche esempio, il fine vita e il valore delle direttive anticipate; il contrasto all’omofobia; l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita; l’adozione all’interno delle coppie omosessuali; il riconoscimento della cittadinanza ai figli di migranti nati e cresciuti in Italia (c.d. jus soli); il divieto del velo islamico nelle scuole pubbliche. Per non parlare del sovraffollamento delle carceri e dell’attribuzione del cognome ai figli, che in seguito esamineremo.
Per molto tempo i diritti fondamentali – come ha fatto notare Stefano Rodotà – sono stati trattati in maniera indiretta, nel bozzolo di una pervasiva dimensione economica e sono apparsi perciò come una semplice variabile dipendente dell’economia. Ma una volta entrati a far parte del patrimonio giuridico europeo, era inevitabile che il procedere di ciascun Stato membro verso una vera unione politica dovesse far emergere che non può esistere solo un’efficiente “Europa dei mercati”, ma a essa deve accompagnarsi anche una forte “Europa dei diritti” e che solo l’esplicita acquisizione e proclamazione di questi diritti poteva e può dare all’Unione europea la sua piena legittimazione democratica e la sua supremazia istituzionale».
Le questione affrontate dalla Corte di Cassazione nel 2013: il divorzio imposto, l’affidamento di minore in caso di relazione omosessuale del genitore
Il presidente ricorda inoltre le questioni affrontate dalla Suprema Corte nel corso del 2013 e fra di esse la questione del “divorzio imposto”, oggetto di eccezione di illegittimità costituzionale su cui la Corte costituzionale sarà chiamata a decidere nel corso di quest’anno.
«All’attenzione della Corte si è poi posta, per la prima volta, la questione degli effetti della pronuncia di rettificazione di attribuzione di sesso su un matrimonio preesistente, regolarmente contratto dal soggetto che ha inteso esercitare il diritto a cambiare identità di genere in corso del vincolo, nell’ipotesi in cui né il medesimo, né il coniuge abbiano manifestato l’intenzione di sciogliere il rapporto coniugale. L’ufficiale di stato civile, richiamando l’atto presupposto (la pronuncia di rettificazione di attribuzione di sesso) aveva provveduto ad annotare a margine dell’atto di matrimonio che la pronuncia aveva “prodotto ai sensi della legge n. 164 del 1982, art. 4, la cessazione degli effetti civili del matrimonio”.
L’ordinanza n. 14329 ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma ora citata perché lesiva degli artt. 2, 3, 24 e 29 della Costituzione, nella parte in cui dispone che la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso provoca l’automatico scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio senza la necessità di una domanda o di una pronuncia giudiziale, nonché sotto il profilo dell’ingiustificata disparità di regime giuridico tra tale ipotesi di scioglimento automatico e le altre ipotesi indicate nell’art. 3, n. 1 lettere a), b), c) e n. 2 lett. b), della legge n. 898 del 1970 e successive modificazioni. L’ordinanza individua i diritti assicurati dal sistema costituzionale, integrato dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo come interpretata dalla Corte di Strasburgo, quali il diritto ad autodeterminarsi nelle scelte relative all’identità personale e sessuale, alla conservazione del preesistente vincolo matrimoniale, a non essere arbitrariamente discriminati rispetto alle altre coppie coniugate e alla libera scelta dell’altro coniuge».
Viene menzionata, inoltre, la nota decisione della Corte di Cassazione per cui «l’eventuale rapporto di fatto del genitore con persona dello stesso sesso non può essere considerato di per sé fattore ostativo al regime di affidamento del minore (sentenza n. 601del 2013)», che è stata più volte menzionata dai giudici minorili anche con riguardo all’affido di minori a coppie gay.
[whohit]Relazione Cassazione 2013[/whohit]