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Il Comune di Milano annota l’unione inglese nei suoi registri

Con decisione in data 7 maggio 2013 il Comune di Milano, Settore servizio al cittadino, ha ammesso l’annotazione dell’atto di Civil Partnership, contratto nel 2010 da due cittadini italiani, nel registro delle Unioni Civili istituito dal capoluogo lombardo nel 2012.

Come si rileva dalla motivazione dell’atto amministrativo, il provvedimento fa esplicita applicazione dei principi enunciati nella sentenza della Corte di cassazione n. 4184/2012 nella quale la Suprema Corte aveva affermato che i componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto, pur non potendo contrarre matrimonio in Italia né potendolo trascrivere ove contratto all’estero, sono comunque titolari del diritto alla “vita familiare” e possono accedere ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata.

Di interesse, inoltre, la precisazione da parte dell’autorità amministrativa della non contrarietà all’ordine pubblico della trascrizione nel pubblico registro comunale dell’atto discendente dal Civil Partnership Act, con la corretta affermazione da parte del Direttore di settore che per “ordine pubblico” in materia di diritto internazionale privato si deve intendere non l’ordine pubblico interno ma le regole dell’ordine pubblico internazionale il quale, come affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza 10215/2007, «si identifica in norme di tutela dei diritti fondamentali». Come osservato dalla Cassazione, identificando l’ordine pubblico internazionale con l’ordine interno, infatti, «le norme di conflitto sarebbero operanti solo ove conducessero all’applicazione di norme materiali aventi contenuto simile a quelle italiane, cancellando la diversità tra sistemi giuridici e rendendo inutili le regole del diritto internazionale privato». Appare  evidente, allora, che la trascrizione dell’atto britannico nei registri del Comune lombardo in alcun modo può ritenersi lesivo dei diritti fondamentali di alcuno.

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