Strasburgo: no alla step-adoption per una coppia lesbica pacsata
25 marzo, 2012 | Filled under cedu, genitorialità, NEWS |
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Visto il clamore della decisione della nostra Suprema Corte, rischia di passare inosservata in Italia la sentenza della Corte di Strasburgo, Gas e Dubois c. Francia, depositata lo stesso giorno della sentenza della Corte di Cassazione n. 3184 del 15 marzo 2012.
La Corte europea ha stabilito che non costituisce violazione dell’art. 14 (divieto di discriminazioni) in combinato disposto con l’articolo 8 (vita privata e familiare) l’esclusione di una donna francese dall’adozione della figlia della compagna alla quale era unita da un Pacs. La disparità di trattamento non è discriminatoria poiché lo status giuridico di una coppia (omosessuale o eterosessuale) unita in un pacs non è comparabile a quella di una coppia unita in matrimonio.
Come noto, la step-adoption consente nell’ambito di una coppia l’adozione del figlio naturale del partner, ed è prevista in Francia (come in Italia) soltanto all’interno d’una coppia sposata (mentre in altri Paesi, ad es. la Germania, è prevista anche nell’ambito di un’unione omosessuale registrata). Nella disciplina francese, in ipotesi di adozione i genitori biologici perdono la potestà genitoriale, salvo che adottante e genitore biologico siano coniugati; dunque l’ammissione della ricorrente all’adozione avrebbe comportato nell’attuale quadro normativo, la perdita della podestà da parte della madre biologica, effetto questionato dalle ricorrenti in ragione della ritenuta discriminazione (indiretta) nell’esercizio del loro diritto alla vita familiare sulla base del loro orientamento sessuale: mentre una coppia pacsata eterosessuale in tale situazione avrebbe potuto sposarsi, alle due ricorrenti ed alla loro bambina mancava difatti ogni tutela giuridica. Le ricorrenti avevano fatto leva sul consolidato legame tra la partner pacsata, la madre naturale e la bambina, chiedendo dunque il riconoscimento della rilevanza anche giuridica di tale genitorialità sociale, con conseguente autorizzazione alla gestione condivisa della potestà genitoriale (autorité parentale).
La Corte già una decina d’anni fa si era pronunciata rispetto all’illegittimità del diniego di autorizzazione all’adozione per una donna francese in ragione del suo orientamento sessuale (E.B. c. Francia n. 43546/02), ma nella specie ha ritenuto che la differenza di trattamento tra coppia omosessuale e coppia coniugata eterosessuale rientri nel margine di discrezionale apprezzamento del singolo Paese aderente alla Convenzione.
Nonostante il rigetto, la Corte ha compiuto nondimeno qualche interessante apertura in quanto, per la prima volta, ha chiarito che non solo la relazione fra le due donne rientra nella nozione di vita familiare (come già ritenuto nel 2010 in Schalk e Kopf c. Austria) ma anche la relazione tra queste e la loro figlia è protetta dalla nozione di vita familiare di cui all’art. 8.
Resta da comprendere come mai, nell’intenzione della Corte, possa ritenersi protetta la relazione tra la bambina e la madre sociale in carenza d’ogni presidio giuridico e perché non si sia tenuto conto dell’interesse superiore del minore a ricevere educazione, mantenimento e protezione giuridica anche dalla propria madre sociale.
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