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Il matrimonio tra persone dello stesso sesso è costituzionale

di Marco Gattuso

Qualcuno si dice molto sicuro/a che la Corte costituzionale (nella sentenza n. 138 del 2010) abbia affermato che i matrimoni tra persone dello stesso sesso siano vietati dalla nostra Costituzione; sostiene che la Corte si sarebbe pronunciata espressamente per un divieto e che la cosa sarebbe pacifica; a questo punto il parlamento italiano non sarebbe libero di ammettere i matrimoni tra persone dello stesso sesso (come sta accadendo nel resto del mondo occidentale) perché sarebbe necessario cambiare la Costituzione.
È forse il caso di riassumere in parole semplici i termini della questione (sotto il profilo strettamente giuridico):
1) Nel 2010 la Corte costituzionale ha stabilito che non vi è l’obbligo di introdurre il matrimonio gay. Sin dall’inizio la sentenza è apparsa tutt’altro che univoca e la sua interpretazione è stata oggetto di un dibattito piuttosto vivace, tant’è che sono state pubblicate decine e decine di commenti con letture anche opposte della sentenza.
2) Va detto che secondo non pochi autorevoli giuristi la corte costituzionale avrebbe ritenuto che il parlamento è libero di aprire il matrimonio alle coppie gay (VEDI CITAZIONI).
3) La Costituzione, in effetti, non definisce in alcuna norma né la famiglia né il matrimonio e non parla mai di “uomo e donna”. Le parole “società naturale” non rimandano ad una nozione immobile di famiglia. Tutta la dottrina, oltre che la giurisprudenza della Cassazione e della Corte costituzionale, riconoscono l’evoluzione della nozione sociale di famiglia. Com’è noto, la Cassazione ha concluso di recente che anche la stabile coppia gay rientra nella nozione di famiglia.
4) La Costituzione italiana non ha nulla di diverso dalle altre costituzioni occidentali. Non v’è la benché minima ragione per sostenere che la Costituzione italiana vieti ciò che è consentito nel resto del mondo occidentale. Le nostre tradizioni giuridiche e culturali sono molto simili a quelle spagnole o portoghesi, dove il matrimonio c’è ormai da anni.
5) D’altra parte, alla Corte costituzionale non è stato chiesto se la Costituzione vieti il matrimonio gay. Non si capisce allora perché avrebbe dovuto rispondere ad una domanda non posta. Ogni eventuale indicazione sul punto non sarebbe dunque oggetto della decisione. La 138, inoltre, è una sentenza di rigetto e quindi, com’è noto, non ha alcuna efficacia vincolante per il parlamento.
6) In questo dibattito è intervenuta da ultimo la Corte di cassazione (sent. 4184 del 2012) che dopo una “attenta lettura” della sentenza 138 della Corte costituzionale, ne ha tratto finalmente ed espressamente la conclusione che il parlamento “è libero di scegliere“.
7) In ogni caso, anche a seguire l’orientamento più conservatore (oggi disatteso dalla Cassazione), va detto che la Corte costituzionale ha cambiato spesso opinione in materia di famiglia – anche nel giro di due/tre anni! – seguendo l’evoluzione della società. Ad es., negli anni 60 si era pronunciata a favore della punizione dell’infedeltà della sola moglie e non del marito e negli anni 70 contro il diritto dei transessuali a cambiare sesso…. cambiando subito dopo opinione su impulso della parte più avanzata del Paese. Le forze progressiste si sarebbero dovute sedere allora sulle prime decisioni della corte a fare il tifo per la discriminazione delle donne o dei transessuali?
8) Chi sostiene che bisognerebbe cambiare la Costituzione, avrebbe quantomeno l’onere di suggerire quale parola della Costituzione dovremmo cambiare.

Per saperne di più vedi il capitolo sul matrimonio tra persone dello stesso sesso nel Trattato di diritto di famiglia diretto da P. Zatti, edizione 2011.

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